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→  aprile 1, 1995


Il mio amico benpensante lo incontro in libreria, reparto saggi. Passeggiamo tra i titoli: Bobbio l’ha già letto, Napolitano e Occhetto pure. Frodi lo conosce da Micromega. Divertito davanti a Ricossa, si fa serioso per Lunghini. Si porta via Berselli e Salvati. Gli offro Liberai.
Arriva puntuale la domanda: «Quando andremo a votare? Ho letto che lei voleva andarci a giugno prossimo: ma come si fa con questa situazione delle Tv?»
Io: «Già: e il guaio è che più si prova a metterci mano, più il problema sembra ingarbugliarsi».

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→  aprile 1, 1995


Votare a giugno, non votare a giugno: questo il tema che sembra polarizzare, e paralizzare, la politica italiana. A sostegno di chi chiede elezioni subito c’è la tesi del tradimento del mandato elettorale da parte di Bossi, su cui si sono profusi fiumi d’inchiostro. Tesi che ha una sua validità parziale, come par­ziale è la riforma in senso bipolare che hanno le nostre istituzioni a seguito di una riforma affidata, per ora, al solo strumento della legge elettorale.

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→  marzo 9, 1995


Il fatto che Silvio Berlusconi «abbia un monopolio virtuale della televisione privata in Italia e, attraverso coloro che il suo governo, mentre egli ne aveva la guida, ha posto alla testa dei tre canali di Stato, abbia una considerevole influenza sul resto, sembrerebbe fuori luogo in Madagascar; in una moderna democrazia occidentale è bizarre». Chi legge abitualmente l’Economist ne avrà subito riconosciuto la precisione di sintesi e il gusto per l’understatement. Di questa ‘bizzaria’ abbiamo avuto un’altra prova ieri. Il giorno prima Prodi, sul Corriere, chiedeva a Berlusconi di chiarire la posizione per cui bisognerebbe andare subito a votare per evitare i referendum sulla Tv. Ieri, e qui sta la bizzarria, chi, sempre sul Corriere, risponde a Prodi? Non Berlusconi, che Prodi chiamava in causa, ma Fedele Confalonieri, il presidente della Fininvest.

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→  novembre 1, 1994


«Perché Berlusconi non vende le sue televisioni?» si scriveva su queste colonne nel numero di maggio, analizzando le ragioni per cui al Berlusconi imprenditore sa­rebbe convenuto, sul piano economico, mettere in vendita le sue antenne. E si concludeva che Berlusconi non vende, non perché ciò sia in contrasto con i suoi interessi economici, ma nonostante che ciò probabilmente lo sarà.

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→  agosto 3, 1994


La tentazione di considerare la vicenda del decreto sulla carcerazione preventiva come parte di un lucido disegno di puro potere è fortissima: Berlusconi, una volta conquistato il comando, sarebbe ora solo preoccupato di consolidarlo, regolando i conti con gli altri poteri erzi. Con l’informazione, sostituendo il vecchio Consiglio di amministrazione Rai e mettendo sotto tutela il nuovo, di cui ora potrà revocare il mandato a suo piacimento; con i servizi, cambiandone i vertici e mettendo a capo di quello che risponde a Maroni un generale dei Carabinieri, dipendente quindi gerarchicamente dal fido Previti; con Bankitalia, intervenendo nella nomina del direttore generale; ora con la magistratura. Berlusconi starebbe cioè mettendo le basi per la trasformazione in regime del mandato che ha ricevuto dagli elettori. A tanto determinato attivismo su informazione, servizi, banca centrale, giustizia, si contrappone il piccolo cabotaggio legislativo, nella totale assenza di prov-. edimenti di un qualche livello progettuale.

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→  luglio 16, 1994


La politica economica del governo Ciampi era assolutamente corretta, ha avuto successo, e va coerentemente proseguita.
Chi autorevolmente lo afferma non è un’opposizione frustrata e nostalgica, ma il ministro delle Finanze del governo Berlusconi: è infatti quanto si ritrova nel documento di manovra economica varato ieri dal governo.

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