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Archivio della categoria »Consigliati e recensiti« Segui questo argomento

→  febbraio 28, 2023


Franco Debenedetti a proposito di “Radicalità” di Carlo De Benedetti: sì, c’è bisogno di scelte decise, ma si deve anche rimettere l’istruzione in testa a un programma di riforme. Con la giusta fiducia nell’Italia e negli italiani

Anticipandomi l’invio del suo ultimo libro, mio fratello tenne a premunirsi, avvertendomi che non sarei stato d’accordo con quanto aveva scritto. Ma è lui a ricordare che in famiglia ero noto come un bastian contrario: e quindi proprio qui lo smentisco. Condivido infatti, prima di tutto, il titolo: in quel “radicalità”, rosso al centro della copertina, riconosco il suo carattere e concordo che sia l’approccio necessario per attuare ciò di cui ha bisogno questo paese. Senza dover andare fino a pagina 103 per trovare “non credo, sotto alcuna forma, alle imprese di stato e non possono essere i governi a presidiare l’innovazione”, frase che ovviamente condivido in toto. Non sono d’accordo invece su quello che non ha scritto, cioè mettere la scuola in testa al programma di riforme. Che i risultati del nostro sistema educativo, confrontati a quelli di altri stati, siano imbarazzanti, è noto; noto che la scuola è il più sicuro strumento per favorire la crescita, e con quella abbattere un po’ per volta il nostro 156 per cento di debito in rapporto al pil. e per attivare l’ascensore sociale. Ma la nostra scuola, renitente a giudicare, rifiuta di essere giudicata: hanno messo la parola “merito” nel nome del dicastero della Pubblica istruzione, ma per superare le reazioni degli insegnanti e dei loro sindacati al solo nominare la prospettiva di introdurre criteri di valutazione del merito, sarà necessario mobilitare tutta la radicalità disponibile.

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→  marzo 25, 2019


Mente, comunicazione e algoritmi. Come cambiano norme e valori, su cui si giocano sfide legali ed economiche.
Una “storia critica” delle grandi piattaforme del web e delle relazioni sociali nella cultura della connettività

Sono dei monopoli; sono troppo grossi, guadagnano vendendo i nostri dati; non pagano tasse; minacciano la democrazia; alterano le personalità: i social media sono sotto il tiro incrociato di politici e sociologhi. Eppure i social media, intesi come il gruppo di applicazioni basate su Internet, hanno formato la struttura online sulla quale la gente organizza le proprie vite. Originariamente ad attirare gli utenti fu il desiderio di essere connessi; la crescente richiesta di connettibilità attirò le imprese, interessate a fornire connettività. In pochi anni si passa da una cultura della partecipazione a una “cultura della connettività”: è questo il quadro concettuale in cui José Van Dijck inserisce la sua “storia critica dei social media” (The Culture of Connectivity, Oxford University Press)passaggio ineludibile se si vuol capire le tensioni nell’ecosistema in cui operano le grandi piattaforme e gruppi sterminati di persone. Anzi connective media invece di social media: perché l’essere social è il risultato di un input umano che diventa output digitale e viceversa, in un costrutto sociotecnologico di cui è difficile separare i componenti.

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→  gennaio 16, 2018


Recensione a
“La quarta evoluzione”

di Luciano Floridi
Editore Raffaello Cortina
304 pp.

Non inganni il titolo. Nella sterminata letteratura sulla società digitale, “The 4th Revolution” è un libro diverso, fin da quel 4 nel titolo che sembra fare il verso a tutti i 3 e 4 che ricorrono nelle periodizzazioni storiche. Diverso perché diversa è la storia, perché a scriverla non è uno scienziato o un tecnologo, un micro- o un macroeconomista, un finanziere o un sociologo, un politico o uno scrittore di fantascienza, ma un filosofo. E al filosofo quello che interessa è l’uomo, e quello che l’uomo pensa, di se stesso e del mondo in cui vive.

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→  agosto 1, 2017


Everybody lies.
Big Data, New Data, and What the Internet Can Tell Us About Who We Really Are.

di Seth Stephens-Davidowiz
HarperCollins, 2017
352 pagine

“Non è che Internet ci fa vivere in una bolla cognitiva, con pareti sempre meno porose alle influenze esterne, dove diventiamo sempre più chiusi sulle nostre idee?” In modo dubitativo, me lo sentii chiedere da uno studente, alla fine di una lezione nell’àmbito del programma dell’Istituto Bruno Leoni per le scuole. In modo assertivo, è quello che sostiene Salvatore Bragantini sul Corriere della Sera del 30 Luglio: per lui “Internet mette a rischio la nostra democrazia”. Dubbio o una certezza che sia, il modo per verificare se hanno qualche fondamento nei fatti, era finora l’indagine demoscopica: si seleziona un gruppo di persone in modo che formino plausibilmente un campione della società che si vuole analizzare, gli si fanno delle domande e se ne studiano le risposte. Il metodo è costoso, tanto più quanto più cerca di essere preciso, e soprattutto è esposto a un rischio inevitabile e non misurabile: ciò che l’interrogato risponde (ad esempio sulle proprie intenzioni di voto), è altro da ciò pensa, e questo da ciò che realmente farebbe. Perché mentiamo tutti, mentiamo agli altri perché mentiamo a noi stessi. “Everybody lies” è il titolo del libro di Seth Stephens-Davidowiz, 300 pagine di esempi di come l’analisi dei dati, una disciplina che richiede solide competenze statistiche e matematiche unite a intelligenza sociologica, consenta di rispondere a questo genere di domande: risposte quantitative, mirate per categorie di persone (età, sesso, luogo, religione, educazione), e scevre dal rischio della menzogna. Quando, protetti dall’anonimato della ricerca su un motore di ricerca, invece di rispondere a domande di altri, cerchiamo risposta a domande nostre, noi lasciamo tracce di desideri e di preoccupazioni, di associazioni di idee e di istinti. Big Data è il siero della verità, a volte rivela verità di cui neppure siamo coscienti.

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→  maggio 5, 2017

The Euro and the Battle of Ideas
Brummermeier Markus K., James Harold, Landau Lean-Pierre

Princeton University Press, 2016
440 pagg

Idee e interessi.
“Non le idee, ma gli interessi materiali e morali governano direttamente i comportamenti degli uomini. Molto frequentemente però le ‘immagini del mondo’ che le ‘idee’ hanno prodotte hanno determinato, come se avessero azionato uno scambio, lungo quali binari la dinamica degli interessi avrebbe spinto le azioni degli uomini”. In questa famosa analogia di Max Weber, tutto dipende da dove ci si pone: se a valle dello scambio si parlerà di interessi, se a monte delle “immagini del mondo”, e quindi delle idee che le hanno prodotte.

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→  ottobre 2, 2016


Recensione a
Italia si cambia. Identikit della riforma costituzionale,
di Giovanni Guzzetta,
Rubbettino, Soveria Mannelli,
pagg. 206, € 15

«Fin dalla fondazione della Repubblica, il discorso pubblico sulle istituzioni ha avuto la transizione come chiave fondamentale di narrazione. L’Italia è stata sempre interpretata come una Repubblica transitoria, una democrazia incompiuta a cui mancano (ancora?) le condizioni politiche e istituzionali perché il gioco democratico si possa svolgere all’insegna della normalità». Per Giovanni Guzzetta le scelte di politica legislativa costituzionale vanno collocate nel contesto, storico, politico, istituzionale: e chiude con queste riflessioni Italia si cambia, il denso libro scritto per fare l’«identikit della riforma costituzionale» del governo Renzi. Il momento della normalità, annota, è stato sempre stato spostato in avanti dal susseguirsi delle eccezionalità: il fascismo, la liberazione, il più grosso partito comunista del mondo occidentale, il terrorismo, Mani pulite, Berlusconi, le crisi da Lehman in avanti. E poiché l’essenza della politica è prospettare un futuro e disegnare le azioni per realizzarlo, per settant’anni la partita politica si è giocata su queste idee, transitorietà e incompiutezza. Nel nome della transitorietà si sono giustificate sia la provvisorietà delle soluzioni deboli sia la fragilità di quelle decisioniste. Nel nome dell’incompiutezza si sono giustificati sia il ruolo maieutico di élite che proteggessero la democrazia dalle spinte populiste o eversive, sia la teoria della convergenza di forze politiche che evitasse il gioco competitivo tra loro.

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