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→  giugno 13, 2006


Il ds Debenedetti: “L’Unione non troverebbe l’accordo su un’ampia riforma”

ROMA — Indipendente nei giudizi, l’ex senatore diessino Franco Debenedetti lo è sempre stato. Ma ora che è libero da responsabilità politiche dirette e che è “solo” un intellettuale di cultura riformista, può permettersi il lusso di cantare fuori dal coro su un tema ad alto potenziale politico come quello del referendum.

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→  luglio 24, 2005


Perché si firmano appelli sui giornali? Me lo chiedevo leggendo che quello lanciato dagli economisti italiani sul Sole 24 Ore, per una politica di riequilibrio dei conti pubblici, è stato sottoscritto già da 143 accademici. Uno dei primi atti della mia vita politica, nel 1995, fu proprio scrivere l’appello a favore del progetto della prima riforma Berlusconi sulle pensioni, e riuscire ad avere le firme di Franco Modiglioni, di Sylos Labini, di Mario Baldassarri, e di Romano Prodi.

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→  giugno 21, 2005

il_riformista
Ora inventiamo il «populismo riformista»

“La maggioranza dei votanti razionali si astengono dall’acquisire informazioni politiche di per sé, votano invece sulla base di dati disponibili o acquisiti accidentalmente”. Così, nel 1957, nella sua “An Economic Theory of Democracy”, Anthony Downs poneva le basi teoriche della “ignoranza razionale del votante” e del connesso paradosso del voto. Ogni votante “sconta” il vantaggio che può derivargli da un esito della votazione a lui favorevole, in base alla considerazione che il suo voto influisce in modo infinitesimo sul risultato.

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→  giugno 16, 2003

sole24ore_logo Votare no, ma andare a votare: per salvare l’istituto del referendum. Dissento da questa tesi, sostenuta in questi giorni anche da voci autorevoli. Dissento in generale, e non solo nel caso del quesito sull’art.18, oggi proposto agli italiani. Per molti referendum ho raccolto firme, e fatto campagna; a molti di essi siamo debitori di fondamentali acquisizioni che hanno modernizzato la nostra società e ravvivato la nostra democrazia.

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→  giugno 13, 2003

Da rivedere 2,5 milioni di contratti

Sembrava una cosa tutta interna alla sinistra la battaglia politica sul referendum per estendere l’art. 18 alle aziende con meno di 16 dipendenti: voluto da Rifondazione, ma non da Cofferati, che pure in nome del diritto a non essere licenziato aveva portato a Roma milioni di persone, sostenuto invece dalla CGIL, mentre la maggioranza dell’Ulivo si divide tra chi vota no, chi pratica l’astensione attiva e chi quella turandosi il naso.

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→  maggio 16, 2003


Il non voto? Un sollievo per tutti

Annunciando che non andrà votare per il referendum, Sergio Cofferati ha reso tutti contenti.
Le piccole imprese con meno di quindici addetti. Ha reso contenti i loro proprietari ma anche i loro dipendenti, almeno quelli che avevano capito che invece di tutele reali, il referendum promette norme pensate per le grandi imprese, un diritto astratto, non agibile in ambienti sovente famigliari.

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