Dinamite sui co.co.co.

giugno 13, 2003


Pubblicato In: Giornali, Panorama

Da rivedere 2,5 milioni di contratti

Sembrava una cosa tutta interna alla sinistra la battaglia politica sul referendum per estendere l’art. 18 alle aziende con meno di 16 dipendenti: voluto da Rifondazione, ma non da Cofferati, che pure in nome del diritto a non essere licenziato aveva portato a Roma milioni di persone, sostenuto invece dalla CGIL, mentre la maggioranza dell’Ulivo si divide tra chi vota no, chi pratica l’astensione attiva e chi quella turandosi il naso.

E sembrava avviarsi ad una tranquilla morte per astensione, sotto lo sguardo distratto della Casa della Libertà. Sembrava, finché al governo non è venuta l’idea di emanare il decreto sulla riforma del mercato del lavoro. Anche lì si parla di art.18, ma per restringerne la portata: in modo modesto, parziale, temporaneo, di dubbia costituzionalità, una riformicchia, come l’avevo chiamata, ma di alto valore simbolico, su cui si era rotta dell’unità sindacale. Prudenza suggeriva di non sfrucugliare su un tema così delicato, e lasciare invece che la domenica 15 giugno sfilasse nella indifferenza della maggioranza degli italiani.
Invece, altro che prudenza! Nel decreto c’è una norma che è dinamite pura: i contratti di collaborazione coordinata continuativa, i famosi CoCoCo, spariscono, devono o essere collegati a un progetto ben delimitato nel tempo,o essere trasformati – e sarà il caso più frequente – in contratti di lavoro subordinato. Il Governo scavalca a sinistra i DS che erano riusciti a non fare arrivare fino in fondo il ddl Smuraglia, di portata assai più moderata; accoglie integralmente quanto richiesto dalla CGIL il 7 maggio 2002: (mentre una mia proposta per estendere le tutele per i CoCoCo in modo equilibrato giace nei cassetti).
I conti sono presto fatti: il decreto del Governo attribuisce alla stragrande maggioranza degli attuali 2 milioni e mezzo di CoCoCo le rigidità dell’art.18, mentre i loro contributi previdenziali passano dal 14% al 36%. Se invece passasse il referendum di Rifondazione Comunista, ci sarebbe solo l’estensione l’art.18 ai 3 milioni di dipendenti di miniaziende, senza aumentare i contributi: per evitare questa, che considera un danno per il paese, il centrosinistra ha affrontato divisioni e lacerazioni, se non passerà sarà largamente merito suo.
Il confronto è presto fatto: questa “partita doppia” tra governo e Rifondazione può chiudersi, quanto a costi per l’economia italiana, con una variante del vecchio proverbio: da Berlusconi mi salvi Iddio, che dai comunisti mi salvo io.

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