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→  febbraio 23, 2001


Al Direttore.

Lucio Colletti, nella sua “pre­fazione accantonata” pubblicata dal Foglio mer­coledì scorso, rievoca l’appello contro lo stralcio dalla Finanziaria della riforma pensionistica ela­borata dal governo Berlusconi. Si tratta in effet­ti di una mia iniziativa: dapprima concordai con Franco Modigliani il testo, in cui lo stralcio veni­va definito un “patto miope contro le generazio­ni future”. Raccolsi quindi le firme di Sylos Labi­ni, di Mario Baldassarri e, in extremis, anche di Romano Prodi. Ottenemmo, nei giorni successi­vi, centinaia di adesioni. Data l’autorevolezza di Colletti, è prevedibile che la ricostruzione che egli fa di questi anni diventi un documento, ripreso e citato. Per questo le sarò grato se mi consente di ricordare che l’appello fu mio.

→  ottobre 28, 2000


Al Direttore.

Il dilemma del prigionie­ro di cui parla Francesco Forte sul Foglio del­l’altrieri è fondamentale nella teoria dei giochi utilizzata per progettare le aste. Ma la teoria stessa dimostra che un comportamento collaborativo tra i prigionieri si instaura se il gioco viene ripetuto un numero infinito di volte: e qui i giocatori sanno che i rilanci possono es­sere molto numerosi. E sanno anche che ci so­no meno premi che contendenti: un prigionie­ro alla fine comunque resterà in prigione.

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→  ottobre 14, 2000


Ha ragione Enrico Cisnetto quando scrive (“Tre palle un soldo” di venerdì) che il torto di Tatò è di non aver “posto condizio­ni” al Tesoro per inserire i suoi progetti nei piani di governo e fissare un calendario per la priva­tizzazione. Ma queste sono materie di decisione politica, governo e Parlamento non sono un azio­nista qualsiasi. Se essi non hanno accettato quel­le condizioni, e invece il manager va per la sua strada come lo fossero state, e anzi minaccia li­cenziamenti se lo ostacolano, è azzardato dire che il suo è un comportamento sedizioso? E’ sempre la stessa storia, sono i liberisti che rispettano il po­tere dello Stato: gli altri lo usano.

→  ottobre 11, 2000


Al Direttore.

Per la vittoria sui turchi, sigillata con la pace di Carlowitz, Leopoldo I diede come premio al Principe Eugenio, il grande condottiero sabaudo ai suoi servizi, grandi possedimenti tra la Drava e il Danu­bio. Ma a nessuno verrebbe in mente di chie­dersi quale terra si fosse assegnata in premio Leopoldo I: sfido, controllava già tutto l’im­pero! Spero che il riferimento glorioso e la prospettiva storica mi consentano di sfidare l’impopolarità presso parenti, amici e cono­scenti, e di porre una domanda: è logico pre­vedere una stock option a favore di chi con­trolla un’azienda?

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→  agosto 9, 2000


Al Direttore.

L’accusa che una parte dei sostenitori del centrosinistra rivolgono a Berlu­sconi è che il suo impero televisivo è cresciuto gra­zie alla politica ed è utilizzato per influenzare il risultato politico. Con Telecom-Tmc entra un nuovo player che eroderà i margini di quell’im­pero: perché invece per Repubblica (Federico Rampini) questo sarebbe “un arcaico impasto di affari e politica”? Si avanza l’ipotesi che qui ra­gioni della politica vengano usate per motivi di business: legittimo, ma è un significativo ribalta­mento di una tesi “storica”, quella per cui è il bu­siness televisivo a servire gli scopi della politica.

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→  luglio 26, 2000


Al Direttore.

Ho letto con dispiacere che il Foglio non condivide l’obiezione americana a Deutsche Telekom in quanto pubblica. Chi critica il veto del Senato degli Stati Uniti contro DT dovrebbe rispondere alla domanda: perché, se non all’occorrenza per perseguire scopi politici, il governo tedesco continua a mantenerne il con­trollo? Esercitando questo diritto sarebbe un padrone cattivo, spogliandosene sarebbe un cattivo padrone. E mantenendolo, anche come semplice possibilità, altera il gioco della concorrenza.

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