→ ottobre 28, 2000

Al Direttore.
Il dilemma del prigioniero di cui parla Francesco Forte sul Foglio dell’altrieri è fondamentale nella teoria dei giochi utilizzata per progettare le aste. Ma la teoria stessa dimostra che un comportamento collaborativo tra i prigionieri si instaura se il gioco viene ripetuto un numero infinito di volte: e qui i giocatori sanno che i rilanci possono essere molto numerosi. E sanno anche che ci sono meno premi che contendenti: un prigioniero alla fine comunque resterà in prigione.
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→ ottobre 14, 2000

Ha ragione Enrico Cisnetto quando scrive (“Tre palle un soldo” di venerdì) che il torto di Tatò è di non aver “posto condizioni” al Tesoro per inserire i suoi progetti nei piani di governo e fissare un calendario per la privatizzazione. Ma queste sono materie di decisione politica, governo e Parlamento non sono un azionista qualsiasi. Se essi non hanno accettato quelle condizioni, e invece il manager va per la sua strada come lo fossero state, e anzi minaccia licenziamenti se lo ostacolano, è azzardato dire che il suo è un comportamento sedizioso? E’ sempre la stessa storia, sono i liberisti che rispettano il potere dello Stato: gli altri lo usano.
→ ottobre 11, 2000

Al Direttore.
Per la vittoria sui turchi, sigillata con la pace di Carlowitz, Leopoldo I diede come premio al Principe Eugenio, il grande condottiero sabaudo ai suoi servizi, grandi possedimenti tra la Drava e il Danubio. Ma a nessuno verrebbe in mente di chiedersi quale terra si fosse assegnata in premio Leopoldo I: sfido, controllava già tutto l’impero! Spero che il riferimento glorioso e la prospettiva storica mi consentano di sfidare l’impopolarità presso parenti, amici e conoscenti, e di porre una domanda: è logico prevedere una stock option a favore di chi controlla un’azienda?
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→ agosto 9, 2000

Al Direttore.
L’accusa che una parte dei sostenitori del centrosinistra rivolgono a Berlusconi è che il suo impero televisivo è cresciuto grazie alla politica ed è utilizzato per influenzare il risultato politico. Con Telecom-Tmc entra un nuovo player che eroderà i margini di quell’impero: perché invece per Repubblica (Federico Rampini) questo sarebbe “un arcaico impasto di affari e politica”? Si avanza l’ipotesi che qui ragioni della politica vengano usate per motivi di business: legittimo, ma è un significativo ribaltamento di una tesi “storica”, quella per cui è il business televisivo a servire gli scopi della politica.
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→ luglio 26, 2000

Al Direttore.
Ho letto con dispiacere che il Foglio non condivide l’obiezione americana a Deutsche Telekom in quanto pubblica. Chi critica il veto del Senato degli Stati Uniti contro DT dovrebbe rispondere alla domanda: perché, se non all’occorrenza per perseguire scopi politici, il governo tedesco continua a mantenerne il controllo? Esercitando questo diritto sarebbe un padrone cattivo, spogliandosene sarebbe un cattivo padrone. E mantenendolo, anche come semplice possibilità, altera il gioco della concorrenza.
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→ febbraio 24, 2000

Al Direttore.
Giovanni Sartori (Corriere della Sera del 2 febbraio) ripropone di sciogliere il conflitto di interesse con questo sillogismo. 1. La lottizzazione della Rai è più efficace quando ad attuarla è una coalizione poco conflittuale al suo interno. 2. Quindi se Berlusconi vince le elezioni, il Polo controllerà il cento per cento del sistema televisivo, mentre la sinistra o scende a zero o risale al massimo al cinquanta per cento. 3. Per evitare ciò si deve applicare a Berlusconi la legge del 1957 sulla incompatibilità parlamentare per chi è titolare di concessioni statali.
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