→ novembre 4, 1994

Caro ingegner Presutti,
ricorda quando lei fu nominato presidente di Semea, l’azienda Ibm responsabile per tutta l’area centro-sud europea? Eravamo concorrenti, allora, ma c’era nei miei rallegramenti la soddisfazione sincera nel vedere che i suoi successi erano valsi a portare in Italia un importante centro decisionale. Poi nella sua nomina ad Assolombarda vidi il riconoscimento che, a un certo livello di responsabilità, le energie personali investite da un manager non sono diverse dalla totale identificazione di un imprenditore con il suo buiness. Sicché sfuma la differenza tra manager e imprenditore.
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→ novembre 1, 1994

Col maggioritario il voto è diventato mobile; ridottosi il potere delle segreterie dei partiti, è diminuito il valore dell’appartenenza; diventa determinante la figura del leader, che riverbera su tutta la formazione politica la luce della sua notorietà. Viviamo una situazione di transizione: accanto a Forza Italia, tutta identificata con il suo leader, convivono le forze ancora organizzate come partiti che ritengono di essere meno toccate dal processo di mobilizzazione dell’elettorato. Per i popolari. la loro anomala collocazione, rinvia ad una probabile instabilità. Paradossalmente, è proprio l’area di sinistra-centro, da cui più forte è venuta la spinta al cambiamento verso il maggioritario, quella che meno ha saputo darsi un’organizzazione coerente con il nuovo sistema: né partito tradizionale, né movimento illuminato da un leader. E la strategia di tutta l’opposizione dipende dal problema di dare unità e peso a quest’area.
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→ novembre 1, 1994

La nazionalizzazione dell’energia elettrica fu il punto d’arrivo di un lungo e approfondito dibattito. Oggi, la privatizzazione dell’Enel rischia invece di risolversi in una colossale occasione mancata, attuata senza i necessari approfondimenti e unicamente per soddisfare le esigenze di cassa del Tesoro, dietro le quali management, sindacati e partiti indossano le vesti di conservatori che trent’anni fa ammantavano gli industriali elettrici. Allora produrre energia e renderla disponibile su tutto il territorio era una necessità posta dall’accelerata industrializzazione del Paese.
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→ novembre 1, 1994

«Perché Berlusconi non vende le sue televisioni?» si scriveva su queste colonne nel numero di maggio, analizzando le ragioni per cui al Berlusconi imprenditore sarebbe convenuto, sul piano economico, mettere in vendita le sue antenne. E si concludeva che Berlusconi non vende, non perché ciò sia in contrasto con i suoi interessi economici, ma nonostante che ciò probabilmente lo sarà.
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→ ottobre 19, 1994

Siamo probabilmente l’unico paese industrializzato a non disporre di servizi via cavo: quindi rischiamo di precluderci l’accesso agli sviluppi del multimediale. Il termine ha una sua allusiva indeterminatezza. Schematizzando, la multimedialità nasce dalla connessione tra il mondo dei dati (banche dati, voci, musica, immagini, film, cataloghi di prodotti) con il mondo di chi a questi dati vuole accedere con un’interazione individuale, scegliendo e rispondendo. L’interazione è essenziale al multimediale: consente l’emergere di nuovi modi di istruirsi, di acquistare, di lavorare, di scegliere i propri divertimenti, di comunicare con immagini e dati anziché solo con la voce. La multimedialità unisce l’interattività ‘naturale’ propria del mondo della telecomunicazione, con la ricchezza di informazione che oggi ci è offerta solo dalla televisione (un segnale video contiene mille volte più informazioni che il normale segnale audio telefonico).
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→ ottobre 11, 1994

Il ritorno a temperature incandescenti di nodi istituzionali di fondo di questo governo non deve far distogliere l’attenzione dai problemi economici, e quindi dalla legge finanziaria. Altri problemi incombono: conflitto di interessi, Rai, inchieste giudiziarie; ma intanto questa finanziaria appare di importo adeguatamente severo da meritarsi il plauso del Fmi, e da levare vento dalle vele di chi aveva predicato il rigore; ponendo mano a un insostenibile modello previdenziale, provoca ‘l’errore dovuto’ dello sciopero generale, induce il sindacato a scoprire il fianco di alcune pratiche consociative e a intaccare il patrimonio di anni di moderazione; formalmente mantiene la promessa di non introdurre nuove imposte, limitandosi a prorogarne di vecchie; ricorre largamente al condono.
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