Gli inganni nascosti del fondo Salva-Stati

settembre 15, 2012


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di Alessandro Penati

Il fondo Salva-Stati (Esm) viene presentato come un passo fondamentale per superare la crisi dell’ euro. Per questo si è atteso con ansia il sì della Corte Costituzionale tedesca. Ma a guardarlo con attenzione, l’ Esm sembra (per quanto sia incredibile) un veicolo di finanza strutturata, analogo a quello delle cartolarizzazioni che hanno innescato la crisi finanziaria negli Usa. Da qui, i dubbi sulla sua reale efficacia.

Il Fondo viene costituito dai Paesi dell’ Eurozona con un capitale interamente versato di 80 miliardi (l’ esborso effettivo, non le garanzie e impegni), da pagarsi in tre tranche: 32 quest’ anno, 32 nel 2013 e 16 nel 2014. La quota di ogni Paese è proporzionale al suo peso economico: 27% Germania, 21% Francia, 18% Italia, 12% Spagna, 6% Olanda, eccetera. Il capitale versato non finanzia direttamente gli Stati in crisi, ma funge da garanzia per sfruttare la leva finanziaria, come in una Collaterized Debt Obligation (Cdo). Funziona così. Il Fondo interviene a sostegno degli Stati in crisi, e dei loro sistemi bancari, erogandogli risorse attraverso, per esempio, l’ acquisto di debito pubblico in emissione, o di prestiti bancari in sofferenza.E finanzia l’ acquisto di queste attività emettendo proprie obbligazioni sul mercato, che vengono garantite dalle attività comperate, oltre che dal suo capitale. Il rendimento di queste obbligazioni corrisponde al costo dei fondi Esm per gli Stati “salvati”: essenziale quindi che il Fondo abbia un rating elevato, per mantenere il costo basso. Il rating dipende dalla qualità delle attività in bilancio all’ Esm, a garanzia delle sue obbligazioni: minore la qualità, maggiori le garanzie da offrire; minorii prestiti che il Fondo può erogare. Ma la qualità degli attivi sarà necessariamente molto bassa. Nel caso delle banche spagnole, l’ Esm acquisterà la tranche del debito con le minori garanzie (quello che assorbe le perdite) emesso dalla Bad Bank spagnola per ritirarei prestiti in sofferenza: in questo caso i bond dell’ Esm costituiscono dunque una doppia cartolarizzazione, che sfrutta al massimo l’ effetto leva, come un Cdo della peggior specie. Se l’ Esm acquista titoli di stato sul mercato primario, saranno debito rischioso perché il Fondo interviene solo se il paese emittente è in crisi. La bassa qualità dell’ attivo e le garanzie necessarie al rating elevato, limitano di fatto le risorse che il Fondo può erogare. Per ovviare al problema i Paesi, oltre al capitale iniziale, si sono impegnati a fornire all’ Esm fino a 620 miliardi, sempre pro quota, per ripianare eventuali perdite e/o ricostituire le garanzie. Ma l’ impegno di Spagna e Italia è superiore a quello della Germania (30% contro 27%). Il Fondo Salva-Stati non potrebbe funzionare proprio nel caso più rilevante per la sopravvivenza dell’ Euro: che questi due paesi avessero bisogno di aiuto. Proprio per questo, l’ Esm prevedeva, nel caso di inadempienza di un paese, che gli altri (leggi Germania) si sarebbero sobbarcati il suo impegno. Questa clausola chiave però è stata resa inefficace dall’ Alta Corte tedesca, che ha limitato l’ impegno della Germania al 27% iniziale. Inoltre, il mercato, che dovrebbe finanziare l’ Esm, non sembra apprezzare le sue obbligazioni. Qualcuno ha calcolato infatti che la maggioranza delle obbligazioni emesse dell’ attuale Efsf (simile per struttura) siano finite in tasca alla Bce: conferite ai governi di Spagna e Grecia in cambio di IOU (promessa di pagamento), sono state da questi girate alle loro banche, che le hanno usate come garanzia per i prestiti della Bce! E nonostante l’ Efsf abbia emesso bond per appena 130 miliardi, il suo ultimo decennale paga uno spread di quasi 100 punti sul Bund: molto più della Francia. Perché tutta questa ingegneria finanziaria? Forse l’ Esm deve essere solo un segnale della volontà di salvare l’ euro, da brandire come un successo nei paesi in crisi, ma garantendo l’ opinione pubblica tedesca che l’ impegno della Germania sarà comunque limitato. Se così è, per il futuro dell’ euro sarà meglio contare sulla Bce.

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