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→  ottobre 4, 2002


Intervista di Simone Collini

Senatore Franco Debenedet­ti, lei ha votato la mozione presentata dalla Margherita, in dissenso dal gruppo Ds, per­ché?
«L’ho fatto per ragioni di continuità e di discontinuità: continuità con la collocazione internazionale del nostro paese, compresa la no­stra adesione all’alleanza contro il terrorismo e il voto di un anno fa; e considera­zione delle di­scontinuità veri­ficatesi da allo­ra».

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→  settembre 20, 2002


«Capitalia e Unicredito sono in conflitto d’interesse» è il catenaccio alla mia intervista su Mediobanca. Tutto il con­trario di quanto ho detto, e che il testo correttamente riporta: «Io non credo che questa situazione si possa con­notare come conflitto di interessi». Aggiungendo «anche per non inflazionare l’espressione e riservarla al conflitto che ben conosciamo.

→  settembre 19, 2002


Intervista di Laura Matteucci

Senatore Debenedetti, che opinione si è fatto di quanto sta accadendo a piazzetta Cuccia?
«Per orien­tarsi, ci si può ri­ferire ai grandi principi genera­li: quello che le aziende devono creare valore per i loro azioni­sti; oppure il principio per cui, anche se og­gi le banche pos­sono detenere partecipazioni in aziende indu­striali, la situa­zione ottimale è quella in cui so­no gli individui, direttamente o tramite i fondi pensione, a possedere le azioni delle aziende. Tutte cose ovviamente giu­ste e condivisibili, da perseguire in una prospettiva di lungo temine. Nell’immediato, io credo che si deb­ba concentrare l’attenzione su un obiettivo molto rilevante per il no­stro Paese, per ragioni sia economi­che che politiche. Questo obiettivo per me è l’indipendenza di tre sogget­ti. Innanzitutto, quello dell’unica no­stra grande impresa europea, tra l’al­tro l’unica vera public company ita­liana: le Generali».

E di Mediobanca, immagino.
«Esatto, l’indipendenza di Me­diobanca, che è – non dico l’unica per non offendere nessuno – ma cer­to la nostra maggiore merchant bank. E infine l’indipendenza del Corriere della Sera, il nostro maggio­re giornale. Indipendenza nel senso che le loro identità aziendali venga­no preservate, la loro gestione e i loro obiettivi non siano subordinati a quelli dei soggetti controllanti. An­che perché queste sono le condizioni della crescita. Per esempio è impor­tantissimo che Rcs cresca e si raffor­zi, magari con l’ingresso in Borsa: è fondamentale che entri nella partita per privatizzare la Rai, in modo da fare uscire il Paese dal duopolio pub­blico privato, che avvantaggia tanto Berlusconi».

La porta girevole delle Genera­li si è aperta ancora una volta, con l’uscita di Gianfranco Gut­ty e l’arrivo di Antoine Bernheim: adesso che succede?
«Parlavo prima di crescita: è in­dubbio che i risultarti di Generali non sono stati soddisfacenti. Un esempio: l’Ina, un’acquisizione paga­ta cara, non sembra abbia portato ad una sua valorizzazione, che ne abbia utilizzato tutto il potenziale».

Quale sarà l’esito della partita che si è aperta in Mediobanca?
«Non faccio previsioni, come po­litico posso solo indicare quelli che a me sembrano gli interessi generali da perseguire: credo di averli indivi­duati in questa indipendenza, e quin­di penso si debbano giudicare gli esi­ti alla luce di questo obiettivo».

La strada intrapresa le sembra quella più giusta, rispetto al­l’obiettivo che ha indicato?
«È presto per dirlo».

C’è chi all’origine di tutti i pro­blemi vede il conflitto d’inte­ressi tra Mediobanca da un la­to e Unicredit e Capitalia dall’altro. È d’accordo?
«Capitalia e Unicredit sono i due soci bancari di Mediobanca. Hanno proprie ambizioni di mer­chant banking, e partecipano al capi­tale di una merchant bank. Io non credo però che questa situazione si possa connotare come conflitto di interessi. Anche per non inflaziona­re l’espressione e riservarla al conflit­to che ben conosciamo. Io lo chiame­rei un conflitto operativo, tra due opzioni: sviluppare un business al­l’interno, o partecipare ad uno ester­no al perimetro aziendale. I mana­ger devono scegliere tra due opzioni. Con un caveat, nello specifico. Nes­suna grande banca ha avuto succes­so nel merchant banking. Del resto, anche IntesaBci ha acquisito una par­tecipazione in Lazard, ma c’è da rite­nere che le lascerà grande indipen­denza operativa, senza cercare di in­tegrarla».

→  giugno 30, 2002


«Scajola deve dare le dimissioni dopo le sue infamanti dichiarazioni su Marco Biagi rilasciate ieri al Corriere della Sera, è il minimo che possa accadere per uscire dal clima di guerrà che sta sempre più avvelenando il confronto sociale nel nastro Paese»: lo sostiene in una dichiarazione il sen. Franco Debenedetti (Ds).

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→  marzo 22, 2002


C’è una frattura quando i riformisti vengono chiamati traditori, e se ne chiede la proscrizione (è accaduto anche al sottoscritto).

C’è una frattura quando, come fa quotidianamente l’«Unità», a forza di accostare l’oggi a fascismo e nazismo, di vedere in ogni atto di governo un attentato alla Costituzione, di invocare interventi emergenziali del Capo delle Stato, si dà corpo e sostanza al fantasma del regime. AI regime la sola risposta non è quella delle urne, ma delle armi. Sta nell’aver creato questa atmosfera la terribile responsabilità, sia pur tutta politica e nulla penale, di chi ha spinto l’opposizione a toni, giorno dopo giorno, sempre più estremi: perché se le parole sono dette con convinzione, c’è sempre qualcuno che viene convinto.

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→  novembre 8, 2001


Intervista di Franco Garnero

Non è uno che ama stare allineato e coperto, il senatore dei Ds Franco Debenedetti. Per tre legislature è stato eletto nella sinistra. Ma sem­pre mantenendo la propria indipendenza. Sul­la nuova legge sul falso in bilancio, per esem­pio, non ha partecipato al voto, mentre i suoi colleghi votavano contro. E adesso ha annun­ciato che sabato sfilerà nella manifestazione di solidarietà all’America.

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