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→  febbraio 25, 1999


«Mercato sì, ma prima le regole»: alcuni commenti all’Opa lan­ciata da Olivetti su Telecom giustificano la diffidenza per questa pia giaculatoria. Perché, quando si viene al dunque, e si tratta finalmente di lasciar funzionare il mercato, e c’è qualcosa che non piace, c’è sempre qualche regolina nuova da aggiungere.

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→  febbraio 4, 1999


Silvio Berlusconi ha perso un primato: non è più lui la be­stia nera, il nemico pubblico numero uno ora ha il nome e l’in­quietante sorriso di Rupert Murdo­ch. Che il padrone di Fininvest condivida stabilmente con la Rai il mercato della televisione genera-lista (e con il centro-sinistra la scena politica) è ormai acquisito: ma che nessuno pensi di ripetere quella storia nella televisione satel­litare. Non ci devono essere sor­prese. Non ci saranno sorprese: parola di Salvatore Cardinale.

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→  gennaio 28, 1999


Sinedocche è la figu­ra retorica con cui «si usa figuratamente una parola di significato più ampio o meno ampio di quella propria, ad esempio una parte per il tutto, il contenente per il contenu­to».

E nominalismo è «negare agli oggetti della realtà ogni valore che vada oltre quello rappresentato dai relativi segni verbali». Così il Devoto-Oli.

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→  gennaio 28, 1999


Con ogni probabilità anche a Massimo D’Alema, come alla maggior parte dei commentatori, è sfuggito il rapporto sulle business school pubblicato dal «Finan­cial Times» il 25 gennaio: in cui la scuola di management della Bocconi è presente con un inserto pubblicitario ma non nella classifica dei primi 50 istituti europei e americani. Se l’avesse visto, c’è da scommettere che marte­dì, parlando proprio nel tempio milanese degli studi economici, alla tentazione della battuta caustica non avrebbe resistito.

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→  dicembre 30, 1998


Fondazioni Bancarie.
Gradualismo o Tempestività nelle dismissioni?
Proposte per il legislatore.

Associazione borsisti Marco Fanno, N. 5, 1998
Interventi di Mauro Agostini, Franco Debenedetti, Mario Draghi, Gianfranco Imperatori, Marcello Messori, Roberto Pinza, Pasquale I. Scandizzo.


Mi ha colpito il fatto che, nel giro di pochi giorni, il te­ma, — annoso ed assai frequentato, ma sempre attuale con la sua irrisolta incombenza — di quella specie di condanna per cui sono così poche le imprese italiane che da piccole diven­tano grandi, abbia ricevuto attenzioni sia pure provenienti da parti così diverse tra loro per collocazione politica e per ruoli istituzionali.

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→  dicembre 17, 1998


Torino è la sede dell’unica grande industria rimasta nel nostro Paese. Può sembrare paradossale, invece partire da questa considerazione non lo è affatto. In Italia c’è una grande industria di servizi, Telecom, ci sono grandi banche e assicurazioni, c’è una grande industria nel settore petrolifero, l’Eni, ma se intendiamo industria nella sua accezione originaria di impresa manifatturiera, alla fine del nostro secolo – e al compimento dei suoi cent’anni, l’anno prossimo – resta solo la Fiat e Torino ha il privilegio di essere la sede di questa singolarità.

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