L’Enel e la strategia di sviluppo in Russia

dicembre 14, 2010


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Dall’Ufficio relazioni con i media dell’Enel

CARO Direttore, alcune precisazioni sull’articolo di Alessandro Penati di sabato scorso. Enel in Russia non “perde”; al contrario, registra buoni risultati destinati a migliorare. Enel non ha percorso la strada dell’internazionalizzazione per «mania di grandezza». Costretta a ridurre la quota di mercato in Italia per favorire la liberalizzazione, ha dovuto mantenere dimensioni adeguate in un contesto competitivo sempre più globalizzato. Oggi, oltre il 50% del margine operativo lordo (più di 17 miliardi di euro a fine 2010), proviene dalle attività all’estero.

In Russia, Enel non è stata l’unica a partecipare alla privatizzazione del settore termoelettrico. E’ stata la prima, realizzando l’acquisizione di OGK 5 attraverso una Offerta pubblica di acquisto regolarmente svolta sul mercato. Ma non l’unica: anche la tedesca Eon e la finlandese Fortum hanno acquistato società russe di produzione di energia elettrica. In OGK 5, Enel ha fra i soci una istituzione della qualità della Bers. L’interesse dei grandi operatori europei si spiega con i tassi di crescita del Pil (+3,6% all’anno, stima 2010-15) e dei consumi di energia elettrica. La presenza integrata di Enel nel Paese che fa prevedere risultati soddisfacenti. L’acquisizione di una quota di Severenergia, attraverso un’asta pubblica cui hanno partecipato concorrenti europei e russi, ha un significato industriale di lungo periodo: il gas estratto coprirà circa il 50% dei consumi delle centrali di Ogk5. Nel 2007 Enel ha investito 2,6 miliardi di euro per il 60% di OGK 5. Eon e Fortum hanno speso per chilowatt installato tra l’8,4 e il 9,5% più di Enel. Il margine operativo lordo di OGK 5 all’acquisizione era 120 milioni di euro: a fine 2010 supererà i 300 milioni di euro, due volte e mezzo quello del 2007, grazie alle sinergie tecnologiche e manageriali con Enel che hanno generato efficienza e all’aumento dei prezzi e della domanda elettrica, nonostante la crisi del 2008-2009. E’ vero, considerando il total shareholder return (Tsr) – valore dell’azione più i dividendi ricevuti e reinvestiti nel titolo stesso – il valore del titolo Enel è rimasto immutato dalla quotazione. Ma nello stesso periodo di tempo il Tsr dei titoli quotati alla Borsa italiano ha perso il 25%. Enel Green Power (EGP), alla fine del periodo di stabilizzazione, il 3 dicembre scorso, è stabile intorno al prezzo di collocamento. Pur scontando la bonus share, EGP va meglio dei suoi indici di riferimento. In questi 10 anni, Enel ha portato risultati importanti per tutto il Paese, grazie alla solidità dei suoi “fondamentali”: ha investito in Italia 40 miliardi, ha distribuito 32 miliardi di dividendi a una media di 1,8 milioni di azionisti, ha alimentano un indotto di 17.000 fornitori italiani con un giro d’affari di 48 miliardi. Entro il 2014, investirà nella ricerca e sviluppo di nuove tecnologie oltre un miliardo e 5 miliardi nelle fonti rinnovabili; impegni che hanno ben pochi paragoni al mondo.

La risposta di Alessandro Penati
LA CRISI economica ha reso evidenti le crepe del gigantismo fondato sul debito, perseguito da Enel e dalle altre maggiori società elettriche europee: non è un caso se quello elettrico è il settore non finanziario che ha perso maggiormente in Borsa da fine 2007. Enel sembra volerlo dimenticare. A completare una replica tanto approfondita e puntuale, sarebbe forse stato utile offrire ai lettori una spiegazione della partecipazione di Enel, insieme a Eni, alla “spartizione” di Yukos.

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Enel costretta a vendere
di Franco Debenedetti – La Repubblica, 15 dicembre 2010

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