Archivio per il Tag »governo«
→ luglio 18, 2020

Dai rapporti con l’Europa allo smartworking, qualsiasi tema viene affrontato per diffondere il verbo populista e strappare l’applauso
È del 2003, per la precisione del 23 Ottobre, il primo articolo che scrissi sul Riformista. Al Governo c’era Berlusconi e noi eravamo all’opposizione. Ma se qualcuno mi avesse chiesto quali riforme avremmo voluto fare, avrei parlato per mezz’ora. Oggi non saprei che dire perché oggi pregiudiziale al parlare di riforme è avere in Parlamento una maggioranza e un’opposizione diverse. Di che cosa parlare con chi ha contagiato Paese e il Parlamento con il reddito di cittadinanza navigatori inclusi, con l’abolizione della prescrizione, con il rifiuto del Mes, con il no-Vax, il no-Tap, il no-Tav, il no-Olimpiadi, con la loro scuola e la loro Roma. E dall’altra parte, con quota 100 per i pensionandi e con quota O per i migranti. E taccio della sinistra, con qualche generosità attribuisco al contagio i suoi scivoloni.
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→ novembre 13, 2019
Il commento di Franco Debenedetti, presidente dell’Istituto Bruno Leoni.
→ settembre 11, 2019

Al direttore.
“L’abbiamo scampata bella”: finito di ascoltare il pacato discorso di Conte ieri alla Camera, mi è tornata in mente l’intervista a Matteo Salvini fatta da David Parenzo e Luca Telese nell’ultima trasmissione di “Fuori Onda”, prima che ieri sera ritornasse Lilli Gruber con il suo “Otto e mezzo”. Chi ha visto Salvini lo ricorda di certo, chi non l’ha visto se la vada a rivedere: la violenza emanante dall’immagine, l’assertività impenetrabile delle frasi, le pervicacia nel non rispondere alle domande. Proprio, evitando che, andando a votare adesso, la coalizione di Salvini potesse modificare a suo piacere la costituzione-più-bella-del mondo, l’abbiamo scampata bella.
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→ ottobre 10, 2018

Ciò che accomuna i populisti al governo agli intellettuali è la diffidenza verso i mercati
“Al MEF, i soldi che servono, devono decidersi a tirarli fuori!” “Se devo scegliere tra lo spread e gli italiani, io scelgo gli italiani.” “Bruxelles deve rendersi conto che milioni di italiani col loro voto hanno scelto una politica economica diversa”.
Per Ernesto Galli della Loggia (Le risorse contese tra i Poteri, Corriere della Sera, 1 Ottobre 2018), “la polemica in corso tra l’osservanza o meno delle regole europee in materia di deficit”, deriva da un cambiamento del rapporto tra politica ed economia, tra democrazia e potere economico. La democrazia ha bisogno di risorse in quantità sempre crescenti, e per procurarsele è spinta fatalmente a cercare di sottomettere ai suoi bisogni l’economia. Mentre fino agli anni 80 del Novecento c’era stata la prevalenza della politica sull’economia, da allora le cose sarebbero cambiate, come conseguenze di due fenomeni: primo, aver reso le Banche centrali indipendenti dal potere politico; secondo, avere liberalizzato il mercato dei capitali, rendendolo “unificato e interconnesso”. Per effetto della prima, la politica ha perso il controllo sui tassi di cambio e di interesse; per effetto della seconda, il mercato ha “accresciuto il proprio raggio d’azione e d’influenza rispetto ai bilanci statali bisognosi di credito”.
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→ febbraio 1, 2017

Ci sono molte cose che il Governo potrebbe fare, ma non c’è modo di farle. È il momento di contendere al populismo lo spazio in cui cresce.
Che si vada a votare quest’anno o l’anno prossimo, non c’è modo per il governo di intestarsi un progetto riformista. Non c’è lo spazio operativo, perché tra retaggi del passato – legge elettorale, interventi su voucher e appalti – , l’eterna incompiuta – pensioni di cui completare i decreti attuativi -, newcomer – le Ape volontaria e sociale, il programma contro la povertà – e (a sognare) la legge sulla concorrenza, l’agenda è già fin troppo fitta. E non c’è lo spazio politico, perché articolare un progetto riformista richiede non la ragion pratica di uno scorcio di legislatura, ma la ragion pura di un programma di governo.
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→ agosto 20, 2016

Da cosa viene il “fascino (non) discreto” di Telecom per i governi? Con le aziende privatizzate, sia completamente – autostrade, aeroporti – sia parzialmente – Enel, Eni – i problemi sono di regolamentazione e di prezzi. Finmeccanica agisce nel quadro delle norme in un settore delicato come la difesa. Di banche e di acciaio, non ci fossero i crediti deteriorati e i problemi ambientali, il governo farebbe volentieri a meno di occuparsi. Anche nella telefonia, sono autorità indipendenti a stabilire tariffe, e a vigilare sulla concorrenza. Solo per Telecom le cose sono diverse: come se i governi, tutti i governi a partire da quello Prodi che ne decise la vendita nel 1998, non sappiano adattarsi all’idea di non controllarla più. Comportandosi come se non fosse mai stata veramente venduta, finiscono per dar ragione a quanti considerano quella di Telecom una pessima privatizzazione.
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