→ agosto 20, 2016
Da cosa viene il “fascino (non) discreto” di Telecom per i governi? Con le aziende privatizzate, sia completamente – autostrade, aeroporti – sia parzialmente – Enel, Eni – i problemi sono di regolamentazione e di prezzi. Finmeccanica agisce nel quadro delle norme in un settore delicato come la difesa. Di banche e di acciaio, non ci fossero i crediti deteriorati e i problemi ambientali, il governo farebbe volentieri a meno di occuparsi. Anche nella telefonia, sono autorità indipendenti a stabilire tariffe, e a vigilare sulla concorrenza. Solo per Telecom le cose sono diverse: come se i governi, tutti i governi a partire da quello Prodi che ne decise la vendita nel 1998, non sappiano adattarsi all’idea di non controllarla più. Comportandosi come se non fosse mai stata veramente venduta, finiscono per dar ragione a quanti considerano quella di Telecom una pessima privatizzazione.
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→ marzo 3, 2015
Caro Direttore,
oggi si tiene il Cdm nel quale il governo dovrebbe chiarire i contenuti del suo piano sulla banda larga, che molte perplessità ha destato, e nel merito delle voci che sono circolate, e sul metodo. Ci sono punti di contatto tra questa vicenda e quella RaiWays-EiTowers di cui il Ministro Padoan ha scelto di parlare nella sua intervista di domenica col Corriere. “Rientra nelle logiche del Governo – ha detto- verificare quali partecipate possano creare valore che serva ad abbattere il debito ed aumentare l’efficienza”. A dire il vero proprio la risposta che il mercato ha dato all’offerta su RaiWay, con l’immediato aumento dei valori delle aziende, sia quella soggetto sia quella oggetto dell’offerta, sta a dimostrare che la creazione di valore è possibile, non in astratto, ma proprio nel caso in esame. Questa risposta dovrebbe lusingarlo: nonostante fossero ben noti, sia il vincolo del 51%, sia, come dire?, le sensibilità politiche che vengono eccitate alla sola ipotesi di una trattativa tra un’azienda di Silvio Berlusconi e il Governo ( e non solo), il mercato evidentemente condivide gli obbiettivi di fondo del Governo, e crede che li raggiungerà, superando sia paletti posti in fase di quotazione di RaiWays, sia ostracismi pregiudiziali.
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→ agosto 6, 2014
Quante volte abbiamo sbagliato! Sbagliato a credere che il “sorpasso” ci avrebbe liberato dalla razza padrona; a non credere in Craxi; a credere nell’alleanza dei progressisti; a credere nella Bicamerale di D’Alema; a caricare a testa bassa la riforma costituzionale di Berlusconi; a pensare che Monti fosse la svolta. Sbagliamo, adesso, a credere in Renzi?
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→ luglio 25, 2013
Sono molti quelli che, pur professandosi estimatori di Matteo Renzi per le doti di comunicatore, per la franchezza, per il coraggio di attaccare i castelli (e i castellani) ideologici della sinistra, gli rimproverano di essere una pagina bianca e gli chiedono di riempirla: vuoi andare al Governo, per che fare? Renzi non risponde, e fa bene, non per prudenza, ma per chiarezza. Chi fa questa domanda si aspetta una risposta in termini di programmi, cioè di policy, mentre la domanda ha senso solo se viene posta in termini di visione, cioè di politics.
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→ maggio 9, 2013
Articolo di Marco Valerio Lo Prete
Per Franco Debenedetti, il governo Letta non si valuta dalle riforme ma dal ritorno di una dialettica normale
Ce la farà il governo Letta? Ce la faremo noi a tirarci fuori dalla crisi economica realizzando qualcosa di serio nei prossimi tre anni? Sì ce la faremo, risponde Franco Debenedetti, manager e già senatore dei Democratici di sinistra, a patto di non concentrarci freneticamente sul “che fare”, ma sul “come”. “Se il problema rimanesse la cosiddetta ‘agenda’ delle riforme, allora la priorità diventerebbe la sospensione della dialettica tra i partiti della maggioranza, Pd, Pdl e Scelta civica. Al contrario, quello che conta davvero per far invertire rotta al paese è riportare la dialettica tra le parti a una normalità europea e occidentale”.
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→ maggio 8, 2013
di Gad Lerner
Fra i compiti attribuiti dai sostenitori della “pacificazione nazionale” al governo Letta-Alfano primeggia l`archiviazione di quella che deprecano come la peggior malattia della sinistra: l`antiberlusconismo.
Per uscire dalla paralisi che attanaglia il paese, i “pacificatori” si augurano che venga dato a Berlusconi il riconoscimento politico negatogli fin qui da cattivi maestri che per loro convenienza, e accanimento personalistico, sarebbero giunti a snaturare le finalità storiche della sinistra. In effetti Berlusconi merita di essere riconosciuto per quello che è, tanto più oggi che la sua forza lo rende indispensabile al governo del paese. Ma se anche potessimo mettere tra parentesi la questione giudiziaria che lo attanaglia e le sue pretese di immunità, dare il giusto riconoscimento politico a Berlusconi può davvero limitarsi a una presa d`atto del suo consenso elettorale?Davvero l`antiberlusconismo può essere liquidato come uno stato d`animo immaturo, esacerbato, settario?
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