→ Iscriviti
→  giugno 27, 2019


«È per colpa dell’austerità imposta dall’Europa se i nostri conti non sono in ordine»: come Alberto Alesina e Francesco Giavazzi dimostrano in modo inconfutabile, il contenuto di verità della frase è nullo. Ma in bocca a un personaggio come Matteo Salvini è la pietra filosofale che trasforma il piombo delle inevitabili conseguenze negative di una politica basata su quel presupposto nell’oro dei voti alla fine di una campagna per ora solo per i sondaggi in attesa che diventi per i voti veri e propri. Quando, forse neppure Salvini lo sa: ma sembra difficile che egli lasci che a eleggere nel 2022 il successore di Sergio Mattarella al Quirinale siano Camere dove il M5S ha il maggior numero di parlamentari. Con il che per 7 anni non ci saranno più ostacoli all’occupazione con persone allineate delle posizioni chiave nell’amministrazione, nelle autorità di regolazione e di controllo. Nel frattempo questa falsa spiegazione dei nostri mali si sarà diffusa nella popolazione, influenzandone non solo le scelte elettorali, ma le decisioni e le scelte di vita: quanto tempo ci andrà perché quei veleni vengano metabolizzati? Le vicende dell’Argentina dei decenni passati, e quelle del Venezuela di oggi, sono a ricordarci che i tempi e le sofferenze possono essere senza fine.

leggi il resto ›

→  giugno 13, 2019


I DIECI COMANDAMENTI DELL’ECOLOGIA ITALIANA
a cura di Carlo Cottarelli e Alessandro De Nicola
Rubbettino, 2019

INDICE

Prefazione di Lorenzo Infantino

Introduzione di Carlo Cottarelli e Alessandro De Nicola

Carlo Cottarelli
PRIMO COMANDAMENTO
Spendi meno e, soprattutto, spendi meglio

Dario Stevanato
SECONDO COMANDAMENTO
Riforma l’Irpef

Giuliano Cazzola
TERZO COMANDAMENTO
Pensioni: Non santificare troppe feste

Paolo Belardinelli e Alberto Mingardi
QUARTO COMANDAMENTO
(Stato) medico, cura te stesso

Franco Debenedetti
QUINTO COMANDAMENTO
Per un’ecologia dei social media

Alessandro De Nicola
SESTO COMANDAMENTO
Non adorare il Vitello d’oro: la strana idolatria italiana dello Stato imprenditore

Marco Ponti e Francesco Ramella
SETTIMO COMANDAMENTO
Trasporti: tassa e spendi meno. Puoi e devi

Carlo Scarpa
OTTAVO COMANDAMENTO
Rendi l’università più efficiente

Simona Benedettini e Carlo Stagnaro
NONO COMANDAMENTO
Non desiderare la rendita d’altri

Giuseppe Lusignani e Marco Onado
DECIMO COMANDAMENTO
Ricorda di trasformare banche e finanza dopo la crisi

Note

Gli autori

leggi il resto ›

→  maggio 18, 2019

Intervista di Antonio Gnoli

La fuga in Svizzera nel 1943 per salvarsi dal nazifascismo, la laurea in ingegneria e la passione per la musica. Il lavoro in Olivetti con il fratello Carlo e la volta che dissero no a Steve Jobs: “Sbagliammo? Oggi è facile dirlo, ma era un modello non esportabile in Italia”


Le Tappe
La famiglia
Franco Debenedetti nasce nel 1933 a Torino. La famiglia paterna appartiene alla comunità ebraica di Asti e nel 1943 si rifugia in Svizzera.

La politica
Dopo la laurea in ingegneria, lavora nell’azienda paterna, alla Fiat e poi all’Olivetti. Nel 1994 viene eletto al Senato, vi rimarrà dodici anni

I libri
Tra i suoi titoli: Scegliere i vincitori, salvare i perdenti (Marsilio), La guerra dei trent’anni, scritto con Antonio Pilati (Einaudi), Il peccato del professor Monti (Marsilio)

Con quel ciuffo, che pare un’onda bianca che si infrange sullo scoglio, Franco Debenedetti conserva tracce giovanili. È magro, alto, con mani grandi e polsi da catena di montaggio. Franco è il fratello di Carlo De Benedetti, presidente onorario del Gruppo Editoriale Gedi, proprietario di Repubblica:«Abbiamo lavorato a lungo insieme, momenti entusiasmanti, e anche duri. È la vita dell’imprenditore, satura di rischi», dice Franco. Chiedo se lui si senta imprenditore. Mi guarda perplesso poi precisa: «Preferisco definirmi un teorico dell’impresa. Ho scritto libri sulla politica industriale, detestando e criticando il modo con cui spesso è stata gestita».

leggi il resto ›

→  maggio 17, 2019


Al direttore.

Vent’anni fa le grandi banche svizzere accettarono di versare $1,25 miliardi ai sopravvissuti ai campi di sterminio per chiudere la vertenza sui fondi di giacenza di superstiti dell’Olocausto o dei loro discendenti. Le banche erano incolpate di non aver ricercato o di non averlo fatto con adeguati mezzi e impegno, gli aventi diritto, se c’erano, di quei fondi. Fondi dormienti sono anche quelli depositati presso le banche italiane. Ovviamente nessun paragone, ma solo analogia in una questione giuridica.

leggi il resto ›

→  maggio 14, 2019


Quando vincono le priorità della politica

Non aver mantenuto sotto controllo pubblico la rete delle telecomunicazioni è l’argomento principe di coloro che considerano la privatizzazione di Stet (Società finanziaria telefonica s.p.a) un grave errore. Non si è persa nessuna occasione per cercare di porvi rimedio: prima, quella di vendere la rete per ridurre il debito, col piano Rovati; poi, quella di completare una società delle reti, mettendola insieme a Terna e Snam; infine, quella di colmare un ritardo del nostro paese nel dotarsi di una rete a banda ultralarga. L’Europa aveva fatto della connessione veloce a Internet una priorità, ponendo un duplice obbiettivo entro il 2020: dare al 100 per cento della popolazione connessione a 30Mbps e avere il 50 per cento popolazione attivamente connessa a 100Mbps. Una lettura drammatizzata della situazione italiana offre all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi la possibilità di dimostrare che lui risolve problemi che altri hanno lasciato trascinarsi: dopo l’Ilva, in stallo con l’Europa la partita banche, è la volta della banda larga. Inizia così una vicenda controversa: ora che se ne delinea il possibile esito, conviene ripercorrerne le tappe e valutarne i risultati.

leggi il resto ›

→  aprile 19, 2019


Minitel funzionava nel 1981, il primo uso privato di Internet è di dieci anni dopo. La Programma 101 dell’Olivetti è del 1965, il personal IBM di dieci anni dopo, il Mac quasi di venti. Quaero, il motore di ricerca europeo che doveva far concorrenza a Google e a Yahoo! è del 2005; Qwant gli succede otto anni e molti miliardi dopo, e oggi aspira a prendere il 5% del mercato. Perché oggi l’Europa tra i grandi ha solo Spotify (che vale un ventesimo di Facebook) e SAS (che fa un altro mestiere)? Per capire le cause di questa singolarità è utile confrontare l’apparato ideologico alla base dell’articolo di Fabrizio Barca (12.4 su la Voce.info) con l’ambiente culturale in cui si è formata la società delle piattaforme.

leggi il resto ›