Intervista di Gianluca Zapponini a Franco Debenedetti
Impossibile per l’ex Telecom rinunciare ad un asset che è insieme core business e garanzia del debito. Se l’esecutivo vuole la società unica faccia entrare Open Fiber in Fibercop ma accettando che la maggioranza resti a Tim, altrimenti lasci competere le due aziende in regime di libero mercato. Qualunque altra strada sarebbe un pessimo segnale all’estero
Che la questione della rete unica fosse complicata era chiaro da tempo. E che le vedute sull’operazione industriale che dovrebbe portare il Paese a dotarsi di una unica realtà infrastrutturale per la banda larga fossero profondamente diverse e varie, anche. Ma oggi lo si è capito una volta di più. Il cammino verso la rete unica è tutto in salita e non tanto perché non si voglia raggiungere il traguardo, sia Tim sia Open Fiber, la fiber company di Stato, sono concordi nella necessità di una società per la rete. Il vero ostacolo è la governance, il comando della futura società. E su questo terreno le differenze tra l’ex monopolista, oggi società privata e buona parte del governo, si confermano abissali.
A CHI LA RETE?
Proprio oggi in un’intervista a Repubblica rilasciata quando mancano pochi giorni al cda di Tim del 31 agosto in cui dovrebbe arrivare la decisione in merito alla proposta del fondo Kkr sulla rete secondaria di Tim, per rilevarne una quota intorno al 40% il ceo di Tim, Luigi Gubitosi ha messo una pietra sopra il discorso rete: Tim farà la società della rete unica, con o senza Open Fiber, ma mai e poi mai ne cederà il controllo a soggetti che non siano la stessa ex Telecom. Ragionamento che nella logica di Tim, ha un suo senso industriale: la rete è per Tim non solo l’asset madre, ma anche la garanzia principale su 23 miliardi di debito. Perdere il grip, sarebbe un colpo mortale alla società.
Peccato che le vedute di Gubitosi (che nella medesima intervsita ha punzecchiato Open Fiber sui ritardi nelle aree di competenza, innescando la reazione stizzita della società guidata da Elisabetta Ripa) non coincidano con quelle dell’esecutivo, sponda grillina. Per Open Fiber l’aggregazione con Tim può anche bastare, ma non per l’ex Telecom che insiste sul controllo della rete, troppo vitale per la società telefonica. E qui entra in gioco il governo. A poche ore dall’uscita dell’intervista di Gubitosi, è intervenuto il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, il quale interpellato dall’Ansa ha chiarito che la “rete unica la fa lo Stato”, rispondendo così semi-direttamente alle pretese di Tim. E allora, come se ne esce?
NEL DUBBIO…CONCORRENZA
Formiche.net ha chiesto un commento a Franco Debenedetti, economista, saggista e grande esperto di telecomunicazioni. Il quale ha le idee molto chiare sulla partita industriale. “Tim sulla rete non ha mai cambiato idea e non solo perchè la rete per Tim è la garanzia del suo debito ma perchè per una società telefonica la rete è tutto. Tutto. Altrimenti è solo una catena di negozi. La rete è di Tim, gliela ha venduta lo Stato e tale è rimasta nei vari passaggi di proprietà”, spiega Debenedetti.
Di qui, una constatazione. “Chi l’ha detto che la rete deve essere unica? Il governo Renzi ha creato Open Fiber perchè facesse concorrenza a Tim è così si accelerasse la copertura in rete del Paese. Adesso qualcuno sostiene che in questo modo spendiamo di più: ma quando mai la concorrenza ha fatto aumentare i prezzi? Voglio dire, Tim ha costituto Fibercop, la società delle rete, separata dalle sue altre attività. Ha come soci Fasteweb e, a quanto pare, Kkr, ed è aperta a chi vuole investire. Il governo decida: è ancora favorevole alla concorrenza, e allora concorrenza sia, tra Fibercop e Open Fiber”.
SI SCRIVE RETE, SI LEGGE ITALIA
E se il governo invece volesse davvero fare a meno della concorrenza e unificare tutto in una società ad hoc? “Preferiscono la rete unica? E allora Open Fiber diventi socio in Fibercop. Ma attenzione, Luigi Gubitosi l’ha detto chiaro e netto, la maggioranza deve restare a Tim perché l’infrastruttura è il nostro cuore. E se così vogliono i soci di Tim, così dev’essere. Non è neppure immaginabile che uno Stato pretenda di avere la maggioranza nell’azienda di un altro: non sarebbe più un Stato di diritto, più nessuno investirebbe da noi, e forse avrebbe anche qualche dubbio a comperare il nostro debito. E anche sul Recovery Fund….Non scherziamo”.
ARTICOLI CORRELATI
La rete unica allo Stato. Ecco i cinguettii di Bassanini (che plaude a Buffagni)
di Gianluca Zapponini – formiche.net, 21 agosto 2020
agosto 21, 2020