La cessione? Per Fininvest non cambia nulla

aprile 18, 2005


Pubblicato In: Corriere Della Sera, Giornali

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La vendita di Mediaset – Intervista a Franco Debenedetti

Dice Marina Berlusconi: la sinistra è stata spiazzata dal fatto che abbiamo venduto il 16,68% di Mediaset; ha paura di trovarsi in mano, spuntata, l’arma del conflitto d’interessi che ha usato in modo ossessivo in questi anni. Vero?
Franco Debenedetti, senatore DS, un’idea se l’è fatta: «Detta dal vicepresidente operativo di Fininvest, cioè di fatto al presidente del gruppo – spiega – quella frase induce a pensare che lo spiazzamento della sinistra possa essere non una constatazione ex post, ma un obiettivo ex ante, la qual cosa non farebbe che confermare la consapevolezza del conflitto d’interessi. Detta dalla figlia del Presidente del consiglio, invece, quella stessa frase sembra invitare a mettere la decisione di vendere una quota di Mediaset in relazione alla “debacle” elettorale di Berlusconi alle regionali, quasi fosse la mossa disperata di un leader in affanno».

Presidente di Fininvest o figlia del premier?
«Comunque una frase sorprendente. Nel primo caso, infatti, non farebbe altro che avvalorare quello che vuole negare, cioè il conflitto d’interessi. Nel secondo, ferisce chi vorrebbe difendere».

Il problema del conflitto d’interessi resta immutato?
«Guardi, un anno e mezzo fa ho presentato una proposta perché fosse considerato pubblicità ingannevole definire privatizzazione la vendita di quote di un’azienda in cui il settore pubblico mantiene comunque il controllo in base all’articolo 2359 del codice civile. Sono quindi coerente se dico che nel caso di Mediaset non è cambiato nulla in termini di conflitto d’interessi. Del resto, mi sembra che la stessa considerazione sia stata fatta dai mercati finanziari. Se Mediaset fosse diventata davvero contendibile, i titoli in Borsa sarebbero dovuti salire. Tutto il contrario di quanto è avvenuto, e in misura non trascurabile, all’indomani della vendita.».

Marina Berlusconi dice anche che parte dei proventi della cessione potrebbero essere usati per quella tv digitale terrestre su cui Mediaset punta molto. Un digitale terrestre che viene finanziato dallo Stato attraverso i contributi pubblici all’acquisto dei decoder. Altro conflitto d’interessi?
«E’ vero che lo Stato sovvenziona il digitale terrestre e in questo modo favorisce le aziende che sono già presenti sul mercato televisivo. D’altro canto favorisce anche il pluralismo, dato che la legge Gasparri richiede che il 40% della capacità di trasmissione televisiva degli operatori presenti sia riservata a terzi. Piuttosto, il vero problema è che la data prevista dalla legge per il passaggio definitivo dall’attuale tv analogica a quella digitale, cioè il 31 dicembre 2006, appare ormai del tutto irrealistica. Non ci crede più nessuno. E questo potrebbe far sorgere complicazioni, perfino dal punto di vista giudiziario».

Cosa pensa che farà Fininvest dei 2 miliardi ricavati dalla cessione della quota Mediaset?
«Se saranno investiti, come dice Marina Berlusconi, nel “core business”, cioè nelle comunicazioni, qualsiasi nuova operazione finirà sotto la lente dell’Antitrust, italiano e comunitario. Se invece la liquidità sarà utilizzata in settori diversi, allora è probabile che si riproponga il problema del conflitto di interessi. O magari di altri conflitti. Attenti a un Paese in cui tra due elezioni politiche potremmo trovarci a dover scegliere tra un Casson e un Cacciari a livello nazionale; un Paese in cui la guerra fra banche e imprese è appena scoppiata, con i quotidiani di Caltagirone sparano contro Luca di Montezemolo e “Il Sole 24 Ore”, ed altri giornali che parlano apertamente delle malefatte di Antonio Fazio. Sono molte le partite aperte di cui Berlusconi, con i 2 miliardi di euro appena incassati, più quelli che potrebbe aggiungere vendendo quote di altre sue società, potrebbe spostare gli equilibri».

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