Il grande vuoto

marzo 9, 1993


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


Il grande vuoto è incominciato sabato pomeriggio. La notizia dei decreti Amato-Conso era arrivata ai giornali venerdì sera, dopo un lunghissimo Consiglio dei ministri: i commenti erano frammentari, a volte incerti: sembrava che nessuno volesse crederci, che la politica aspettasse tempo per capire, prima di reagire. E domenica, con i commenti e gli editoriali dei giornali, è incominciato il tam-tam delle telefonate: e quindi gli inviti a preparare appelli, mandare fax, organizzare proteste. Anche quando si è saputo che il Capo dello Stato aveva deciso di non controfirmare il decreto, la mobilitazione è continuata, come se non si volesse perdere la seriazione di sentirsi partecipi e protagonisti di nuovo.

Anche a causa del parziale black-out televisivo (per uno sciopero, la Rai sabato ha mandato in onda solo un breve sunto delle notizie principali, invece dei suoi telegiornali) si è verificato un vuoto di reazione da parte dei partiti e del mondo politico, che ha dato la misura di quanto profonde siano le ferite prodotte da Tangentopoli. Non è neppure più questione di delegittimazione: di colpo si è avuta la misura di come sia ormai venuta meno la capacità dei partiti di reagire, di capire e di parlare con l’opinione pubblica. La gente sabato s’interrogava, cercava di decifrare la portata dei provvedimenti, d’immaginare le conseguenze. I decreti del governo sono rimasti per un giorno intero come sospesi, esposti, appena protetti dall’ermeticità del linguaggio giuridico che la gente cercava di decifrare. E domenica solo i giornali c’erano, a dare spiegazioni e a interpretare i sentimenti.
Poche cose, come questo vuoto, questa giornata di silenzio, quest’attesa fatta di stupore e d’incredulità, potevano dare la misura della difficoltà dei partiti a intercettare la domanda di politica. Invece di orientare l’opinione pubblica, attendono di essere orientati, se non guidati almeno influenzati dal sistema dei media. E’ un rovesciamento singolare dei ruoli: i partiti cercano più di seguire e di difendersi anziché anticipare e guidare. Gli stessi decreti di venerdì nascono da questa separatezza, prodotti di sapiente alchimia, nati morti nel chiuso di un laboratorio. E a fronte dell’isolamento di una classe dirigente, chiusa nei suoi palazzi con la sua dottrina, e anche – vogliamo crederlo – la sua buona fede e la sua buona volontà, è apparsa ancora più evidente questa sincronia tra il formarsi della reazione del pubblico e quella dei giornali.
Forse l’esito di Tangentopoli potrebbe anche essere questa nuova voglia di contare e di contarsi, di partecipare e di esprimersi. Questa volta, un atto negativo, il rifiuto di Scalfaro a firmare, ha saputo interpretarla, con provvidenziale sensibilità e sensibilità. E buon per noi che da quella parte almeno possiamo stare tranquilli. Ma la lezione è che ormai non bastano più tecnica e neppure buona fede e buona volontà. Quei decreti lasciati per un giorno esposti alla lenta comprensione della gente nel vuoto della politica ci dicono che ormai il re è nudo.

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