Governi leggeri e regole del gioco

settembre 21, 1994


Pubblicato In: Varie


Rileggere James Buchanan, in questa estate torrida e inquieta, fa l’effetto di una fresca brezza di montagna. La cronaca riporta di un’attività politica il cui scopo precipuo pare essere quello di infiammare i conflitti; Buchanan offre la sua teoria della politica come processo attraverso cui risolvere i conflitti individuali. Rispetto a tanto disordinato vociare, i suoi scritti consentono di comporre un ideale controcanto: di cui ognuno può facilmente scoprire i riferimenti, fin dalla citazione iniziale. Come è noto, è l’individuo il centro del pensiero del premio Nobel 1986 per l’economia: «Le procedure democratiche non sono correlate alla ricerca di un fine della politica astratto ed esistente indipendentemente dagli individui che compongono la comunità».
Gli individui operano nella società prendendo decisioni, facendo scelte: mediante i meccanismi del mercato e del voto. Se gli individui sono razionali e informati, e se operano all’interno di regole, le loro scelte sono per definizione ottimali. Nel senso (tecnicamente si dice paretiano) che ogni scelta differente di qualcuno darebbe luogo a una situazione meno favorevole per qualcun altro.

Per Buchanan, questa situazione ottimale può solo essere peggiorata se gli economisti politici si mettono a perseguire cose quali ‘il bene comune’, o qualche fine astratto esistente indipendentemente dagli individui. Il campo a cui devono applicarsi è quello delle regole sociali od organizzative: senza pretendere di influenzare direttamente le decisioni degli individui, ci si possono aspettare situazioni migliori.
L’arte di governare quindi non sta nell’intervenire con azioni di ‘micro-management’ per correggere i funzionamenti dei mercati: più pericolosi dei fallimenti del mercato sono i fallimenti dei governi. Buchanan fornisce così la base teorica per i cosiddetti governi leggeri: poiché nel mercato gli individui allocano le risorse, scelgono i prodotti e distribuiscono i beni senza alcun bisogno di determinazione politica, un sistema che dia spazio predominate a un’economia di mercato riduce drasticamente il campo delle decisioni politiche.
Il nome di Buchanan è legato alla teoria delle scelte pubbliche: non è che gli individui diventino improvvisamente preoccupati di un astratto bene pubblico una volta che varcano la soglia del potere: è vano sperare «nella selezione di agenti moralmente superiori, che useranno i loro poteri per qualche interesse pubblico».
Per migliorare la politica è necessario migliorare le regole: un gioco è descritto dalle sue regole, e un gioco migliore si fa solo cambiando le regole. Le nuove regole devono essere ottimali per tutti i partecipanti al gioco: per essere sicuri che i meccanismi automatici di mercato non lascino fuori qualcuno, che potrebbe esserne svantaggiato, tutte le decisioni ‘importanti’ dovrebbero essere raggiunte con il consenso unanime. Il consenso sul sistema di mercato, nota Buchanan, deriva proprio dal fatto che è la sola forma di organizzazione su cui gli uomini sembrino capaci di accordarsi.
Se gli individui sono le uniche fonti di valore, i conflitti tra i diversi valori individuali dovrebbero essere ridotti evitando che coloro i cui interessi sono frustrati dalle decisioni collettive debbano necessariamente acconsentire. Sotto questo aspetto i referendum danno di solito risultati sub-ottimali, dato che c’è una minoranza che non li approva: «Nessun individuo deve dettare la scelta senza riguardo ai valori degli altri individui. Dal punto di vista del singolo membro di una minoranza, l’accettazione di una decisione di maggioranza irrevocabile non è differente dall’accettazione di una decisione autoritaria irrevocabile».
Il ricorso alla regola della maggioranza si giustifica solo quando il raggiungimento dell’unanimità è troppo costoso: ma sapendo che lo si paga con una deviazione dall’ottimo per tutti. Pragmaticamente decisioni a maggioranza sono accettabili perché consentono uno spostamento avanti e indietro tra le alternative: ma nella fase di formazione delle regole l’unanimità è necessaria. Perché l’accordo possa emergere, bisogna che coloro che partecipano alle decisioni che riguardano la collettività «siano collocati dietro un velo sufficientemente spesso di ignoranza e/o incertezza, cosicché i loro interessi non possano essere previsti accuratamente».
La politica, si diceva, è un processo attraverso cui si risolvono i conflitti tra individui: ricordando sempre che «coloro che cercano di imporre le soluzioni preferite lo fanno senza pretesa di superiorità morale: un continuo disaccordo con l’opinione della maggioranza non può essere ritenuto in alcun modo indice di irragionevolezza».
Buchanan non è certo tra i livres de chevet di un progressista. Ma nel timore che, dopo aver rivalutato Sillabo e Inquisizione, i nostri liberali-liberisti-libertini riscoprano 1′ Index librorum prohibitorum, approfittiamo per renderne testimonianza.

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