Una nuova Authority indipendente da potere politico, banche e imprese

dicembre 24, 2003


Pubblicato In: Giornali, Il Riformista

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Riforme – L’iniziativa di Tremonti è opportuna

La somma dei disastri Bipop, più Cirio, più Parmalat, più Myway, più altre minori, è per l’Italia assai di più, in proporzione al PIL, della somma delle Enron più Worldcom per gli USA. Il crollo di fiducia provocato da Parmalat investe non solo il mondo industriale, ma tutto il Paese: oggi il Financial Times indica un rischio non solo delle obbligazioni delle nostre imprese, ma del debito sovrano della Repubblica.

Ma mentre in USA, dopo la Enron, si è intervenuto con prontezza ed energia, in Italia prevalgono il gioco dello scaricabarile o quello del lancio del barile sull’avversario politico. Ci sono assordanti silenzi: come quello dei massimi rappresentanti del mondo industriale italiano. Trovo quindi in sé opportuna l’iniziativa del Ministro Tremonti di mettere mano a una modifica strutturale del sistema dei controlli, sul modello della FSA inglese, e di farlo subito: Eddie George, Governatore della Bank of England, apprese dai giornali che il governo aveva sollevato l’istituto di emissione dal compito della vigilanza. Tuttavia non si devono dimenticare gli interrogativi suscitati da fatti che giorno dopo giorno diventano noti, e che non possono restare senza risposta: ad esempio, per quanto riguarda la Consob, la nota spedita a Luglio e lasciata dormire fino a Dicembre; o, per quanto riguarda la Vigilanza, l’esposizione globale delle banche italiane verso Parmalat, pare superiore a 1 miliardo di euro, senza che suonasse un allarme. Il ministro Tremonti ha i poteri per indagare, per sanzionare, se del caso anche rimuovendo i responsabili, chiunque siano. George W.Bush non esitò a licenziare il capo della SEC che egli stesso aveva nominato.

Giulio Tremonti propone di riunire gli attuali poteri della Consob e (parte di) quelli di Bankitalia in un’unica Autorità responsabile per la trasparenza e stabilità di tutto il sistema finanziario. Bankitalia, che oggi assomma in sé i poteri di vigilanza e di antitrust bancario, interpreta il suo duplice ruolo nel senso di assicurare la stabilità non solo dei coefficienti patrimoniali, ma della struttura proprietaria delle banche. In nome della stabilità, Antonio Fazio ha teorizzato che lo strumento dell’OPA ostile non si può applicare alle banche. In nome della stabilità acquisizioni anche minori sono sottoposte al parere favorevole di Via Nazionale. Sottratta al controllo del mercato e degli azionisti, l’assicurazione fornita alle banche diventa un’assicurazione fornita ai banchieri che ne sono al vertice, anche quando trasferiscono sui risparmiatori le perdite di crediti inopportunamente erogati. In Italia l’intero sistema finanziario è in mano alle banche: la Borsa, dopo le grandi privatizzazioni, non è più usata come strumento per finanziare le industrie; il mercato dei bond è fermo; sono delle banche pure gli investitori istituzionali. Per questo gli affari di Parmalat, un titolo che era del MIB30, riguardano per forza, e in primo luogo, banche e autorità italiane.
Dopo l’avvento dell’euro é aumentato il ruolo di Bankitalia nel giudicare il Governo e i suoi atti, e nel concorrere a determinare la politica economica, non solo in sede di considerazioni finali, ma in tutti i numerosi interventi pubblici. E’ paradossale che, mentre la Banca d’Italia non ha più il potere di fissare i tassi, quello che Parmalat ha prodotto è l’equivalente, per le imprese italiane, di un aumento del tasso di sconto.

Nel disegnare la struttura che deve garantire i tre valori, concorrenza, stabilità e trasparenza, non conta solo l’efficienza operativa. In un paese bancocentrico come l’Italia, dipende dalle banche il giudizio sul merito di credito, dunque le scelte degli imprenditori, dunque il nostro futuro di paese industriale. Assume quindi un valore preminente l’indipendenza della autorità, sia dai soggetti controllati, sia dal potere politico. Ma sul punto dell’indipendenza i precedenti del Governo Berlusconi sono preoccupanti: e gravano con un’ipoteca pesantissima sulla proposta Tremonti. Questo Governo ha varato un progetto di legge che riduce alcune Autorità indipendenti a semplici agenzie dei Ministeri competenti; con la legge Gasparri riporta al Parlamento (per il CdA) e al Governo ( per il Presidente) il diritto di nomina dei vertici RAI; in sede europea non perde occasione per spostare poteri dalla Commissione agli organi intergovernativi. Soprattutto eleva a teoria la prevalenza assoluta dell’investitura politica ottenuta con il voto, su qualsiasi questione, che riguardi il rapporto con la giustizia o che tocchi i conflitto di interessi.

A sinistra, dopo l’iniziale riflesso pavloviano per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”, c’è chi bolla l’iniziativa di Tremonti come un regolamento di conti con Fazio, anziché pretendere che gli interventi a livello strutturale non risultino assolutori verso le responsabilità individuali; c’è chi dà la colpa alla derubricazione a illecito amministrativo della infedele rappresentazione dovuta a errori materiali o di modesto impatto sui conti consolidati, come se anche la casalinga di Voghera non sapesse la differenza tra un falso in bilancio e un bilancio falso. Ma aumentano anche prese di posizione dettate da saggezza politica, equilibrio e statemanship: dei Fassino, dei Bersani, dei Letta. Sono queste che fanno sperare che dalla vicenda Parlamat sorga, a sinistra, un senso di urgenza perché l’Italia operi la transizione verso un sistema in cui ci sia concorrenza vera tra banche, in cui il loro management sia giudicato dagli azionisti, in cui il merito di credito sia assegnato non sulla base delle conoscenze individuali, ma del valore delle idee.

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