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Archivio per il Tag »pubblicità«

→  ottobre 9, 2019


Al direttore.

Rai radio classica, insieme al suo predecessore Fd5 Auditorium, è un prodotto dell’azienda Rai. Il suo valore è quello della sua immagine, costruita anno dopo anno sulle scelte di palinsesto, sulla correttezza con cui sono pronunciati i nomi dei pezzi trasmessi e dei loro esecutori: ma soprattutto sul fatto che “trasmette musica classica 24 ore al giorno senza interruzioni pubblicitarie”, come veniva orgogliosamente vantato. Così, in mezzo secolo, Rai classica è diventato un brand. Veniva: perché da diversi mesi la pubblicità è entrata anche in Radio classica. E, da qualche settimana, in modo sfrontato: il “buona idea, dottor Scotti” è infatti addirittura preceduto da una musichetta, la cui volgarità risalta ancor più al confronto di quelle il cui suono si è appena spento. Novità nella programmazione sono avvertite in un tempo lungo, pronunce scorrette possono essere giustificate come infortuni: l’irrompere della pubblicità è invece immediatamente percepito. E a soffrirne è il valore del brand. E’ come se, aprendo Wikipedia, trovassimo una striscia di pubblicità: il suo valore di fonte autorevole di informazioni sarebbe gravemente compromesso. C’è da chiedersi: i ricavi in conto economico di quei pochi secondi di annuncio sono maggiori della perdita in conto patrimoniale derivante dal danno al valore di un brand costruito in 50 anni? Il fastidio per l’inserimento della pubblicità riguarda un ascoltatore fedele dai tempi della filodiffusione. Ma la Rai è un’azienda pubblica: quindi la perdita di un valore immateriale dell’azienda è questione che riguarda ogni contribuente.

→  settembre 19, 2017


Scritto da brillanti economisti italiani, pubblicato su una delle principali riviste, premiato come il migliore paper di economia applicata dell’anno: è già una notizia. Se poi tratta di Silvio Berlusconi e del conflitto di interessi, la risonanza è assicurata. Ma anche il rischio di strumentalizzazione.

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→  gennaio 10, 2008

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La proposta Sarkozy

Charles de Gaulle deve essersi rivoltato nella tomba, alla notizia che Nicolas Sarkozy prende proprio la BBC ad esempio di ciò che dovrebbe essere la televisione pubblica francese. In realtà la “rupture” sta solo nella fascinazione per un modello, anche in questo caso, straniero; perché invece l’idea di eliminare la pubblicità dalle reti pubbliche e di finanziarle con una tassa applicata a Internet, cellulari, televisioni private, rientra nella più pura logica centralista e costruttivista della République.

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→  novembre 14, 2006

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La nuova legge considera la pubblicità l’unica fonte d’introito. E così taglia il fatturato del gruppo di Cologno

È raro che chi scrive per criticarti, ti offra papale papale le parole per darti ragione. Ma che gli articoli siano due, di due diversi autori, su due punti diversi, è eccezionale.

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→  novembre 9, 2006

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Due i principali provvedimenti disposti dal disegno di legge Gentiloni sul riassetto del sistema televisivo.

  • Una rete Mediaset e una Rai passano al digitale; in caso di inosservanza, la sola Mediaset deve ridurre l’affollamento pubblicitario dal 18 al 16 per cento
  • Mediaset deve ridurre la propria quota dei ricavi pubblicitari di tutto il settore televisivo – analogico, digitale, via satellite o cavo – sotto il 45 per cento.
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    →  ottobre 21, 2006

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    Per ridurre il peso di Mediaset, il progetto di legge Gentiloni pone limiti alle due attività di una TV generalista: trasmettere programmi e vendere pubblicità. La limitazione dei programmi ha ratio politica, il pluralismo come principio, le sentenze della Corte come quadro normativo. La limitazione della pubblicità ha ratio economica, la concorrenza come principio, l’antitrust come riferimento.

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