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→  novembre 5, 2015


Che cosa vuole Xavier Niel e perché sta investendo in Telecom? Che abbia scelto di fare un investimento nell’azienda puntando sul suo potenziale di crescita, è del tutto incredibile. Che voglia prendere il controllo a suon di aumento della sua quota azionaria, meno ancora. Che ci sia concerto con Vivendi è da escludere dopo le pubbliche dichiarazioni di entrambe le parti: raccontare storie all’autorità di controllo può costare molto caro. Che chi mette i soldi in un’azienda ha una sua strategia è naturale; e avrebbe interesse a palesarla per trovare alleati, anche se per ora non l’ha fatto. Comunque, se fosse per una qualsiasi di queste ragioni, non ci sarebbe motivo di agitarsi. Se Niel vuole superare Vivendi quale primo azionista, dato che non abbiamo fatto obiezioni quando Vivendi ha arrotondato la partecipazione che le risultava dagli accordi con Telefònica, non c’è ragione che si discrimini tra un francese e un altro. Che la sua strategia possa comportare anche spezzatini, fusioni, vendite, è normale, come pure che queste possano essere giudicate contrarie all’interesse nazionale: se ne parlerà quando si saprà in che consiste. E il giudizio non dipenderà dalla nazionalità del proponente: anche perché non c’è nessuna ragione per cui un italiano faccia sempre l’interesse del paese.

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→  febbraio 12, 2014


Privatisieren ist gut für die Wirtschaft: mehr Wettbewerb, mehr Produktivität, schließlich zusätzliche Staatseinnahmen für den Abbau von Schulden. Richtig?

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→  febbraio 5, 2014


Al direttore.

Finmeccanica, Salini, Todini, Ansaldo, Eni (possibilmente), Expo, Alitalia (of course), il credito, le fondazioni. Intercettato il “Letta viaggiatore”: “Abbiamo un’altra Cdp!”.

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→  febbraio 3, 2014


di Gianfilippo Cuneo

Se si chiedesse, in astratto, quale è il dovere di una fondazione la risposta sarebbe semplice: preservare il patrimonio e generare i più elevati ritorni possibili (tenendo conto dei rischi) in modo da poter massimizzare le attività di erogazione, che sono la ragion d’essere delle fondazioni stesse. Le fondazioni grandi o piccole di tutto il mondo, come quella di Bill Gates o quella della famiglia Ford, non hanno mai pensato che il loro compito fosse di restare attaccati alle proprie origini mantenendo il portafoglio concentrato su titoli Microsoft o Ford; hanno sempre cercato di diversificare gli asset e produrre ogni anno un surplus di rendimento in grado di mantenere il valore reale del portafoglio evitando l’impatto negativo dell’inflazione, e contemporaneamente di generare ritorni per finanziare le attività filantropiche o istituzionali.

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→  febbraio 3, 2014


di Alessandra Puato

Un titolo quieto da cassettista, dal quale non aspettarsi grandi perdite, ma nemmeno grandi rendimenti. Un’azienda che sconta l’equivoco di essere una e bina, con due anime, finanziaria e postale; che «genera ricavi in modo quasi inerziale» e macina utili, ma sta riducendo dal 2010 i margini lordi, sui quali il mercato calcola il valore delle imprese quotate. È la radiografia del gruppo Poste Italiane, se andasse in Borsa ora. Lo dice l’analisi dei bilanci dell’Università Bocconi per il CorrierEconomia.

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→  gennaio 29, 2014


di Francesco Giavazzi

La «privatizzazione» delle Poste è l’esempio di ciò che accade quando un governo debole e pressato dai conti pubblici, perché non è capace di tagliare le spese, si trova a dover cedere a interessi particolari anziché operare nell’interesse dei cittadini e dello Stato. L’operazione pare costruita su due principi: far contenti i sindacati concedendo loro un implicito diritto di veto su qualunque modifica del contratto di lavoro. E non contrapporsi a un management che si è abilmente conquistato la benevolenza del governo rischiando 70 milioni della propria cassa per coprire le perdite di Alitalia.

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