La scalata di Niel in Telecom ha senso solo se c’è lo zampino dello Stato

novembre 5, 2015


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


Che cosa vuole Xavier Niel e perché sta investendo in Telecom? Che abbia scelto di fare un investimento nell’azienda puntando sul suo potenziale di crescita, è del tutto incredibile. Che voglia prendere il controllo a suon di aumento della sua quota azionaria, meno ancora. Che ci sia concerto con Vivendi è da escludere dopo le pubbliche dichiarazioni di entrambe le parti: raccontare storie all’autorità di controllo può costare molto caro. Che chi mette i soldi in un’azienda ha una sua strategia è naturale; e avrebbe interesse a palesarla per trovare alleati, anche se per ora non l’ha fatto. Comunque, se fosse per una qualsiasi di queste ragioni, non ci sarebbe motivo di agitarsi. Se Niel vuole superare Vivendi quale primo azionista, dato che non abbiamo fatto obiezioni quando Vivendi ha arrotondato la partecipazione che le risultava dagli accordi con Telefònica, non c’è ragione che si discrimini tra un francese e un altro. Che la sua strategia possa comportare anche spezzatini, fusioni, vendite, è normale, come pure che queste possano essere giudicate contrarie all’interesse nazionale: se ne parlerà quando si saprà in che consiste. E il giudizio non dipenderà dalla nazionalità del proponente: anche perché non c’è nessuna ragione per cui un italiano faccia sempre l’interesse del paese.

Escluso tutto il resto resta solo una spiegazione: ha pensato a un modo meno costoso per diventare azionista di riferimento, e per questo ha bisogno di un alleato. Non un alleato interno, che quello si trova sempre non appena si presenti un carro del vincitore su cui salire. Il solo alleato che può servire a Niel è il governo italiano stesso.

Forse qualcuno gli ha ricordato il monito che, in tempi ormai remoti, una persona dell’entourage di Prodi disse a Rossignolo: “Si ricordi che questa è un’azienda privatizzata, ma non privata”. E, a riprova, gli avrà fatto notare una sorta di path dependence nella storia senza pace di Telecom: in tutti i cambiamenti di assetti proprietari che si sono succeduti dopo la privatizzazione, il governo ha avuto un ruolo determinante. Perché non dovrebbe essere così anche questa volta?

La banda larga a tutto il paese è punto saliente dell’agenda di Renzi. Ha fatto progetti, al punto di voler scegliere lui la tecnologia. L’unico concorrente di Telecom nella rete fissa è Metroweb, che è controllata dalla Cassa depositi e prestiti, che è di proprietà pubblica, e di cui Renzi ha cambiato inopinatamente i vertici, si dice proprio per poter realizzare qualcosa nella banda larga. Controllata dal governo è ancora Enel, che pure lei cerca di avere un ruolo in un’iniziativa che sta tanto a cuore al capo del governo. Che l’idea sia venuta a Niel e ai suoi consulenti, oppure se gli sia stata proposta, non si sa. Che lo schema sia uno di quelli di cui si chiacchiera, se sia uscito dalla sua testa o se da quella del Rovati di turno, non si sa. Non che sia irrilevante: discuterne adesso è solo, al momento, inutile. Ma senza avere, o contare di avere una sponda nel governo, l’iniziativa di Niel non sembra aver senso.

Di fronte alla pseudo-scalata di Xavier Niel a Telecom qualcuno si è chiesto come mai Telecom sia sempre preda? Che una nostra azienda sia ambita e desiderata dovrebbe essere motivo di soddisfazione, certo lo è per gli azionisti. In realtà l’interrogativo andrebbe posto non su Telecom, ma sui suoi azionisti, e così riformulato: perché nessun investitore italiano vuole investire tanti soldi da diventare lui il socio di riferimento di Telecom? E la risposta potrebbe essere cercata anche nel ruolo che i governi hanno avuto in tutte e vicende Telecom dalle privatizzazione in avanti. Nel mondo, c’è un frenetico movimento sulle società telefoniche, si rincorrono complicate ipotesi di fusioni acquisizioni scambi. Molti pronosticano che, alla fine del gran movimento in corso, il mercato delle telecomunicazioni si assesterà con quattro megaplayer mondiali. Dopo anni che si discute di banda larga, dei nostri ritardi, dei rischi che corriamo, ora Telecom ha un piano impegnativo di investimenti, e di offerte di connettività sono piene le pagine dei giornali e le fiancate dei mezzi pubblici. Siccome il futuro di Telecom è tutto da scrivere, e ci vogliono idee perché sia un futuro sensato, è importante che l’asta del mercato funzioni al meglio. Senza perturbarlo con disegni di politica industriale.

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