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→  luglio 27, 2000


No, noi siamo contrari alla privatizzazione semplice delle reti televisive: che devono rimanere in mano pubblica». A dirlo non è Fausto Bertinotti, o Nerio Nesi, o un esponente dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai: è l’on. Paolo Romani, responsabile informazione di Forza Italia, intervistato da Milano Finanza. Mentre il centrosinistra dissotterra le improbabili armi riposte ai tempi della Bicamerale, quella cioè di proporre L’ineleggibilità di un candidato che riscuote il consenso – punto più punto meno – del 50% dell’elettorato, o, in alternativa, quella di imporgli la vendita forzata delle sue imprese, l’esponente di Forza Italia ci aiuta a riportare il problema al dato di fondo: conflitto di interesse e questione Rai sono inestricabilmente legati tra loro.

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→  luglio 27, 2000


Dove andrà Piazza Affari? Con Londra e Fran­coforte che stanno lavo­rando a una fusione a cui si aggiungerà il Nasdaq. la borsa americana dei titoli tecnologici e della new economy? Oppure seguirà Euronex, integrazione tra le borse di Parigi e dei Paesi Bassi, con pos­sibile collegamento al Big Board di New York? La scelta tocca nel portafogli i 7 milioni di italiani che investono parte del loro patrimonio in titoli: mercati più grandi vuol dire più scelta, maggio­re possibilità di diversificare il rischio, minori provvigioni agli intermediari. Ma tocca ancora più le imprese: per­ché da quella scel­ta dipende il siste­ma di corporate go­vernance a cui dovranno conformarsi. Ci saranno ancora vicende come Olivetti-Te­lecom, o Generali-lna? Dipende con chi si va. Londra propone che valgano le regole del mercato in cui un’azienda è quotata. Parigi invece vorrebbe che le norme ve­nissero dettate da una Consob europea e all’ultimo Ecofin ha ot­tenuto l’istituzione di un gruppo di 6 saggi per studiare il tema.

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→  luglio 26, 2000


Al Direttore.

Ho letto con dispiacere che il Foglio non condivide l’obiezione americana a Deutsche Telekom in quanto pubblica. Chi critica il veto del Senato degli Stati Uniti contro DT dovrebbe rispondere alla domanda: perché, se non all’occorrenza per perseguire scopi politici, il governo tedesco continua a mantenerne il con­trollo? Esercitando questo diritto sarebbe un padrone cattivo, spogliandosene sarebbe un cattivo padrone. E mantenendolo, anche come semplice possibilità, altera il gioco della concorrenza.

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→  luglio 24, 2000


Il dato più significati­vo che emerge dall’analisi Ocse sul­le riforme dei sistemi di regolazione è la constata­zione che l’affidarsi a meccanismi e incentivi di mercato per raggiunge­re obbiettivi di interesse pubblico è diventato ne­gli ultimi due decenni un fatto consolidato. In tutto il mondo è ormai pacifi­co che anche gli obbietti­vi di servizio universale, di sicurezza e di rispetto ambientale possono esse­re raggiunti all’interno di assetti competitivi.

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→  luglio 21, 2000


Programmare ridu­zioni progressive di im­poste in più anni sarebbe, se­condo il ministro Visco («Meno tasse ma con rigo­re», Il Messaggero di ieri) una proposta «con valenza più propagandistica che reali­stica». Poiché mi riconosco tra gli «esponenti della mag­gioranza» favorevoli a tale proposta, vorrei spiegare le ragioni per cui respingo l’ac­cusa. Per farlo, vorrei prescindere dalla contingenza Dpef e partire invece da un fatto più generale: la spinta a ridurre le tasse non è più so­lo il terreno di caccia del po­pulismo, particolarmente bat­tuto in periodi pre-elettorali, ma è un fenomeno generaliz­zato, un’onda lunga che inve­ste tutti i paesi sviluppati. Lo è perché è conseguenza di cambiamenti strutturali nel rapporto tra cittadini e Stato.

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→  luglio 6, 2000

E’ stata una mossa giusta nella sostanza e astuta nella scelta di tempo quella con cui Giuliano Amato prendendo tutti di sorpresa ha posto un obbiettivo minimo di 25000 miliardi per i ricavi dalle concessioni UMTS. Insistere nel vendere per 500 Miliardi quello che in Inghilterra è stato venduto per 14.000, in Francia per 10.000 e in Germania per cifre forse ancora maggiori sarebbe stato suicida. Ma la soluzione adottata, l’asta dentro il beauty contest, si sta rivelando un pericoloso trabocchetto.

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