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→  luglio 3, 2021


Al direttore.

“C’è speranza?”. Secondo Julian Carron, recensito da Ubaldo Casotto il 30 Giugno, è la domanda “più razionale che ci si possa porre di fronte a una pandemia che ha scardinato tutte le certezze che noi, figli della cultura cosiddetta occidentale, abbiamo irragionevolmente coltivato”. Si ha memoria di un’ottantina di gravi pandemie in 2500 anni, dalla peste di Atene del 429 a.C, alla febbre dengue del 2019. La sola certezza su cui possiamo “ragionevolmente calcolare” è che le pandemie sorgono, uccidono, scompaiono; la sola tecnica, nell’attesa dei vaccini, è ancora quella di isolare i malati, Per i più gravi, la tecnologia dei respiratori: ne avremmo avuto uno per non morire soli e soffocati? Una domanda straziante: ma ho difficoltà a scorgervi “la fine di un’illusione, l’esito paradossale della parabola della modernità”.

ARTICOLI CORRELATI
La ragione d’un imprevisto
di Ubaldo Casotto – Il Foglio, 03 luglio 2021

→  giugno 9, 2021


La controversa vicenda del filosofo e del suo assistente, accusato dalla Procura cli “circonvenzione d’incapace”

«Ogni uomo trova, nella sua vita, una donna che lo vuole salvare: a volte ci riesce». La frase, incorniciata, stava in bella vista nell’ufficio di Libero Gualtieri, repubblicano, romagnolo, scapolo che avevamo eletto capo di «Sinistra Democratica», il gruppo parlamentare del Senato che avevo contribuito a costituire nella XII Legislatura. La frase mi attraversò veloce la mente quando, nell’autunno del 2018, sentii al telefono M., una delle amiche storiche di Gianni Vattimo, che, con voce concitata, mi chiedeva che cosa stesse succedendo da lui, dove a suo dire, regnava «un’atmosfera plumbea»: «Sempre quel Simone tra i piedi!» fu la sua replica alla mia richiesta di chiarimenti. Anch’io, quando invitavo Gianni a pranzo al ristorante, avrei preferito che a chiacchierare fossimo solo noi due, amici da poco meno di mezzo secolo. Ma Gianni non se la sentiva di uscire senza il braccio di Simone; senza l’aiuto di questo ragazzo di origine brasiliana, chi avrebbe risposto alle email, pagato le fatture, rimpiazzato le badanti, cercato i libri nei piani alti della libreria, affittato una casa dove rifugiarsi dall’afa estiva?

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→  dicembre 10, 2020


di Franco Debenedetti, Natale D’Amico e Francesco Vatalaro

Uno studio pubblicato su Nature mette a punto un metodo che prevede i casi reali dei contagi e la loro evoluzione

Per contrastare la pandemia (prima che arrivino i vaccini, e finché non saremo praticamente tutti vaccinati) ci sono sostanzialmente due modi: evitare i contagi e isolare quelli che possono contagiare. I lockdown e i tamponi. I due metodi sono opposti per molti aspetti: per la granularità, nulla nel lockdown totale, massima, fino al singolo individuo, con i tamponi; per la collaborazione richiesta, pura obbedienza nei lockdown, volontaria coi tamponi; per la lesione delle libertà personali, grave nei divieti di movimento inerenti ai lockdown, minima coi tamponi; per l’efficienza attesa dalla pubblica amministrazione, “militare” per i lockdown, elevata per i tamponi, dato che i positivi vanno seguiti e isolati. I costi sono per entrambi notevoli e dipendenti, per il lockdown dalla durata ed estensione, per i tamponi dalla frequenza di ripetizione. Infine dai pericoli per la privacy, nulli nel lockdown, lasciati all’attenzione del personale nei tamponi. Dall’insorgere della pandemia, le pubbliche autorità hanno deliberato su chiusure e aperture, su categorie e su attività consentite; sui tamponi invece, tranne casi isolati, non sono riuscite neppure ad assicurarne la disponibilità in quantità adeguata. In entrambi i casi prendendo decisioni sulla base di valutazioni spesso qualitative o di analisi di parametri e di soglie lasciate all’apprezzamento di esperti, sprovvisti di un feedback georeferenziato e tempestivo sugli effetti delle misure prese. E’ invece noto che si formano dei focolai di contagio ossia luoghi di “super diffusione” del Covid-19 che per di più variano nel tempo in intensità e localizzazione in modo a prima vista imprevedibile; specie quando il numero di casi infetti supera una certa soglia e diviene difficile prevedere dove si verranno a creare. Inoltre sono ben note le disparità nei tassi di infezione entro una popolazione, con impatto sproporzionato del virus sui gruppi socio-economici svantaggiati.

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→  agosto 20, 2020


La marcia dei 40 mila e il referendum. In due occasioni cercò di rendere l’Italia un paese più europeo

Vedevo Romiti una volta al mese per portargli i conti, quando capitava per una proposta o per un problema, a volte, per guadagnare tempo anche in macchina alla fine della giornata. In Fiat era in corso la razionalizzazione in sette settori autonomi della conglomerata che l’azienda era diventata, un po’ per l’eredità dell’autarchica “Fiat, Terra Mare Cielo”, un po’ quando si trattava di sostenere la motorizzazione post bellica degli italiani. Uscito mio fratello dopo i famosi 100 giorni, Umberto Agnelli mi aveva messo a dirigere il settore “Componenti”, una ventina di aziende, dall’Olio Fiat alla Magneti Marelli. Verso Cesare Romiti ho un debito di riconoscenza: se fu il periodo più di soddisfazione della mia vita lavorativa, è anche per merito suo. Non solo per la sua rapidità e acume nel leggere i numeri, nel capire le situazioni: ma anche perché aveva una caratteristica che raramente ho trovato in altri (e che con alterni successi provato a imitare): ti faceva sentire come se quello che gli stavi dicendo fosse per lui la cosa più importante al mondo. Fu per un disaccordo con lui su una questione di principio che lasciai la Fiat. Fu per me un momento di grande emozione: “Signora – chiamò – porti un bicchier d’acqua all’ingegnere”.

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→  giugno 16, 2020


di Franco Debenedetti e Natale D’Amico

L’esempio del Veneto e una traccia per il futuro. Sarebbe stato possibile produrre “più dati” e sottrarre un po’ di spazio all’incertezza? E’ tempo della politica, non delle procure

A Nembro e nella Valseriana bisognava chiudere tutto? Farlo spettava al governo o alla regione Lombardia? Questione delicatissima: in quanto conflitto di attribuzioni tra poteri dello stato, quasi da Corte costituzionale; in quanto prefigura la possibilità di una responsabilità del premier, rasenta le competenze del tribunale dei ministri; ma soprattutto, come scrive Claudio Cerasa sabato, “dice molto su una grande anomalia del paese, l’incapacità da parte dell’opinione pubblica di difendere con gli artigli il principio della separazione dei poteri”.

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→  maggio 15, 2020


Al direttore.

La favola prevede che ci siano la fanciulla, San Giorgio, e il drago. Che San Giorgio invece della spada avesse la bisaccia coi soldi, pazienza. Ma il drago dov’era?, la fanciulla l’ha quasi difeso. Senza drago e con una pessima regia, ad alcuni non è piaciuto.

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