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→  agosto 30, 2007

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da Peccati Capitali

Per chi scrive di rischi, il rischio è asimmetrico: é più vantaggioso essere pessimisti che ottimisti. L’errore del pessimista sarà facilmente dimenticato nel generale sollievo per lo scampato pericolo; la reputazione dell’ottimista che, dando poca importanza alle nuvole, aveva previsto sereno, sarà per sempre distrutta da chi si è preso una bagnata.

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→  giugno 3, 2005


di Luca Savarino
L’Occidente è in crisi. Una crisi paradossale, perché dovuta al suo successo: nata con la fine della guerra fredda, silenziosamente covata sotto le ceneri per tutti gli anni Novanta ed esplosa con fragore solo dopo l’11 Settembre, quando, di fronte alla sfida del terrorismo internazionale, le nazioni occidentali si sono divise in modo plateale.

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→  gennaio 9, 2004


Le posizioni di Francia e Germania rendono tutto più difficile

Continuerà la discesa del dollaro, che mette in crisi le esportazioni e le imprese europee? Dalla fine di Gennaio del 2002, il dollaro ha perso il 30% rispetto all’euro, è rimasto invece stabile rispetto alle monete asiatiche. La causa profonda di questi scompensi sta, secondo Peter Garber della Deutsche Bank, nell’enorme offerta di mano d’opera dell’Asia.

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→  maggio 6, 1999


La contingenza pre-contrattuale può giustificare che si alzino i toni; ma se le analisi sono tanto semplificatrici da apparire rozze, il risultato nuoce alla credibilità stessa di chi le enuncia.
Stiamo parlando, come si sarà capito, della recente intervista di Sergio Cofferati “Un capitalismo egoista sta fiaccando l’economia” (La Repubblica, 4 maggio ). Sarebbe fin troppo facile ribattere ricordando quanta responsabilità sindacale ci sia nei vincoli che ostacolano lo sviluppo, dalla flessibilità alla burocrazia centrale e locale, dai trasporti alla scuola. Ma il problema posto da Cofferati é un altro e va affrontato con serietà non fosse altro perché il suo “senza qualità” sembra riecheggiare, sia pure con toni e accenti assai diversi, il “senz’anima” pronunciato pochi giorni fa da Carlo Azeglio Ciampi.

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→  gennaio 24, 1994


Quanti posti di lavoro sarebbero sufficienti per fare i beni che oggi vengono prodotti, applicando il mas­simo livello di tecnologia di­sponibile? Il calcolo, per la Germania, porterebbe ad una disoccupazione del 38%: e per l’Italia non sa­rebbe probabilmente molto diverso. L’assurdità sta nel metodo o nell’impostazione concettuale con cui viene af­frontato il problema della di­soccupazione?

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