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Archivio per il Tag »crisi«

→  ottobre 22, 2018


La crisi politica che attraversiamo potrebbe risultare la peggiore che abbiano visto gli italiani viventi. E sì che di drammatiche ce ne sono state. Andando a ritroso: nel 2011, quando sull’Europa si abbatté lo tsunami originato dal terremoto dei subprime; nel 1990-92, quando la crisi, politica, economica, morale, fece crollare il sistema che aveva governato l’Italia per più di mezzo secolo; la guerra civile negli anni di piombo. Perfino nel 1943, quando l’Italia fu teatro di guerra guerreggiata.

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→  ottobre 5, 2018


“Com’è possibile che nessuno si sia accorto che ci stava arrivando addosso questa crisi spaventosa?” La battuta rivolta da Elisabetta agli economisti della LSE resterà forse la più famosa del suo lungo regno: perché la domanda della Regina è la domanda regina. Quanti libri letti, quante pagine scritte, alla ricerca delle cause della più grave crisi del mondo occidentale dalla fine della seconda Guerra mondiale! Il proposito di governi repubblicani e democratici di dare una casa a tutti; la spinta a fare prestiti a tutti, anche ai NINJA (No Income No Job nor Asset); l’innovazione tecnologica per finanziarli, “impacchettando ed affettando” i debiti; i “nasi di Cleopatra” (se Jimmy Cayne non fosse restato a giocare a bridge, se Dick Fuld avesse dato retta a chi gli suggeriva di cambiare modello di business, se Alan Greenspan avesse ascoltato Raghuram Rajan e alzato i tassi nel 2005). Rajan, uno dei pochi che la crisi l’aveva prevista, perché aveva visto le “Fault lines”, le fratture nascoste che minacciano l’economia globale. (Terremoti finanziari, Einaudi 2012).

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→  maggio 6, 2015


Al direttore

Chissà se nella riunione straordinaria del 23 aprile del Consiglio d’Europa per la “drammatica situazione nel Mediterraneo” si è parlato anche della sua straordinarietà. Sarebbe bastato guardare i numeri: nel periodo 2010-2014, mentre gli stranieri registrati nelle anagrafi comunali sono aumentati in misura modesta (20 per cento circa) e gli ospitati nei centri di accoglienza sono poco più che raddoppiati, coloro che sono sbarcati sulle coste italiane sono quasi 40 volte tanto. Per il 2015, l’aumento del 40 per cento registrato a tutto febbraio rispetto all’anno precedente, tenuto conto della stagionalità, lascia prevedere cifre inquietanti. La cifra del milione di persone che attendono di partire non è ancora una proiezione, ma non è più un’esagerazione. La drammatica differenza nei tassi di crescita indica che ci sono due tipologie di immigrazione, cioè che ai migranti “economici” si vanno progressivamente sostituendo i fuggitivi da guerre e sconvolgimenti politici. Dei 170 mila sbarcati nel 2014, 42.323 venivano dalla Siria, 34.329 dall’Eritrea, 9.908 dal Mali, 9 mila dalla Nigeria: l’aumento del flusso è tutto composto da persone che provengono da paesi devastati da crisi sanguinose.

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→  aprile 15, 2015


Sir,
No doubt, “if Greece does fall out of the euro, it will also fall out of Europe”, as Philip Stephens writes (“Europe faces more than a Greek tragedy”, April 10). No doubt, “the failure of the euro would mark the failure of Europe”. But there is no link between the two statements, namely that Greece falling out of the euro marks the failure of the euro. This would be the case should it happen for economic reasons: too high the cost, too vague the reforms, too big the risk. As a consequence the euro would not be perceived any more as a monetary union, but as a fixed exchange rate area, the markets would soon attack the weakest countries, the spread would rise, sooner or later there would be a second Greece.

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→  novembre 5, 2014


La vittoria simbolica di Renzi a Bruxelles, l’idea di alternative radicali e i limiti di tutto ciò

È tutta colpa della Germania, si sente dire: non fosse per loro avremmo la crescita al 3 per cento, l’euro a 1,10 sul dollaro e la disoccupazione al 5 per cento. Basterebbe poco, si sente dire, basterebbe che invece di vendere macchine ai cinesi facessero ponti e ferrovie per sé, oppure se continuassero a esportare ma usassero il loro surplus per comperare il nostro debito.

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→  maggio 12, 2014


Stephen D. King
Quando i soldi finiscono
La fine dell’abbondanza in Occidente
Fazi editore, 2014


Quando i soldi finiscono è solo un gioco di parole, scrive Stephen D. King a proposito del titolo che ha dato a questo suo libro: ovvio, finché c’è una banca centrale disposta a stamparli i soldi non finiscono mai. Ma può finire la fiducia, e senza di essa la società finisce per disintegrarsi.

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