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→  ottobre 30, 2019


La storia recente di Torino l’ho vissuta con la partecipazione, appassionata, di chi nella sua industria eponima (e dintorni) ha lavorato per più di vent’anni, e con quella, ragionata, su ciò che la politica deve fare: creare le condizioni per cui chi ha un progetto lo realizzi, e chi ha un’impresa la sviluppi. La politica degli anni passati ha avuto indubbi meriti: di fronte alla botta tremenda di perdere oltre 100.000 posti di lavoro, ha avuto idee, ha saputo indicare altri orizzonti di sviluppo. Ma è stata anche autoreferenziale, invece di preparare il ricambio generazionale ha puntato a lungo su personaggi di indubbio carisma; non ha fatto leva sull’autonomia dei centri territoriali che fanno cultura, dal Regio al Museo del Cinema, sedotta ancora dalla mitologia del potere pubblico che tutto governa. Mancanze che impallidiscono di fronte a quelle della maggioranza politica che esprime l’attuale sindacatura. Avere disdegnato le Olimpiadi è stato un danno reale; avere approvato, da parte del Consiglio Comunale, la mozione No-Tav è stato un segnale deleterio a cittadini e imprenditori: anche all’ombra della Mole l’idea dominante è che la crescita è una tentazione demoniaca a cui si deve resistere, e che di quanti hanno esperienza e competenza si deve diffidare. Torino può contare su grandi vantaggi comparati: nei saperi, quelli tradizionali della manifattura e quelli nuovi delle tecnologie digitali; nelle dotazioni culturali, oltre quelle eccezionali dell’Egizio e della Venaria; nel clima e nel paesaggio; nella razionalità della sua topografia; nella cultura, in senso civico e in senso borghese. Basta non cercare di convincere tutti che il suo futuro è la decrescita felice.

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→  luglio 6, 2019


«Il liberalismo è obsoleto», dice Putin: ovvio che è falso, scontato che sia condiviso dai leader sovranisti e dai loro sostenitori. E le opposizioni? Comprensibili certe critiche, controproducenti i rimedi che finiscono per coincidere con quelli sovranisti, non giustificabili le critiche radicali contro l’ultima innovazione che il liberalismo ha regalato al mondo, l’economia digitale. Se dichiara obsoleto il liberalismo chi non lo pratica, fa propaganda. Se lo dice chi nel liberalismo vive e del liberalismo gode i frutti, fa correre il rischio che obsoleto possa diventarlo.

→  giugno 27, 2019


«È per colpa dell’austerità imposta dall’Europa se i nostri conti non sono in ordine»: come Alberto Alesina e Francesco Giavazzi dimostrano in modo inconfutabile, il contenuto di verità della frase è nullo. Ma in bocca a un personaggio come Matteo Salvini è la pietra filosofale che trasforma il piombo delle inevitabili conseguenze negative di una politica basata su quel presupposto nell’oro dei voti alla fine di una campagna per ora solo per i sondaggi in attesa che diventi per i voti veri e propri. Quando, forse neppure Salvini lo sa: ma sembra difficile che egli lasci che a eleggere nel 2022 il successore di Sergio Mattarella al Quirinale siano Camere dove il M5S ha il maggior numero di parlamentari. Con il che per 7 anni non ci saranno più ostacoli all’occupazione con persone allineate delle posizioni chiave nell’amministrazione, nelle autorità di regolazione e di controllo. Nel frattempo questa falsa spiegazione dei nostri mali si sarà diffusa nella popolazione, influenzandone non solo le scelte elettorali, ma le decisioni e le scelte di vita: quanto tempo ci andrà perché quei veleni vengano metabolizzati? Le vicende dell’Argentina dei decenni passati, e quelle del Venezuela di oggi, sono a ricordarci che i tempi e le sofferenze possono essere senza fine.

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→  febbraio 15, 2019


Economia e politica

Caro Direttore,

La decisione del Commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager che ha vietato la fusione delle attività ferroviarie di Alstom e di Siemens, perché così si ridurrebbe la concorrenza nel mercato europeo dei materiali rotabili, è stata, per alcuni, una sanguinosa ferita. Ma la proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze francese, Bruno Le Maire, di dare ai Governi nazionali il potere discrezionale di disattendere le decisioni della Commissione equivarrebbe all’amputazione della principale struttura portante dell’Unione Europea. Infatti consustanziale all’idea stessa di Unione sovranazionale è l’esistenza di uno spazio economico aperto alla concorrenza, dove è vietata la costruzione di posizioni dominanti, men che mai se per consenso o volontà dei governi. Tra l’altro la Commissione aveva già fatto circolare alle Antitrust nazionali la bozza di risoluzione, e pare che anche quella francese l’avesse approvata. Non è quindi esagerato dire che abbandonare questo principio comporterebbe la fine dell’idea stessa di Europa. Si usa il condizionale perché, essendo l’indipendenza dell’Autorità antitrust scritta nei trattati ed essendo questi modificabili solo con l’unanimità dei consensi, la proposta Le Maire ha probabilità nulla di essere accettata. Per lo stesso motivo sarebbe stato quanto meno incauto averla avanzata solo per dimostrare che la Francia di Macron è in prima fila nel promuovere le riforme dell’Unione.

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→  dicembre 11, 2018


di Ferruccio De Bortoli

La nostalgia del pubblico padrone e salvatore (Alitalia, ma anche Enel-Open Fiber)fa il paio con l’incapacità governativa di seguire le catene di valore (taglio degli incentivi 4.0). Ma la piccola industria, unico soggetto di cui i gialloverdi si sentono alfieri, ora si ribella. Teme l’oblio e gli appetiti esteri, che userebbero i nostri guai per comprare a prezzi di saldo

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→  giugno 7, 2018


Intervista di Andrea Ducci a Franco Debenedetti.

L’ennesima uscita di Matteo Salvini sulla fiat tax innesca una disputa sull’evidenza che una misura fiscale del genere favorisca più che altro i ricchi. «Staremo a vedere», dice Franco Debenedetti, presidente dell’Istituto Leoni, certo è che «presenta più di un problema».

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