→ febbraio 20, 2016
Noi metteremo il veto su qualsiasi tentativo che vuole andare a dare un tetto alla presenza di titoli di stato nel portafoglio delle banche e saremo, senza cedimento, di una coerenza e forza esemplare”, ha detto Matteo Renzi in Parlamento in vista del Consiglio europeo di Bruxelles. Il “tentativo” a cui si riferisce Renzi ha avuto luogo nelle discussioni sulla costituzione del Fondo europeo di garanzia dei depositi, la terza gamba mancante dell’Unione bancaria, dopo la Vigilanza, già in funzione, e il Fondo di risoluzione, che si sta lentamente accrescendo e si completerà nel 2024. Inoltre è stata emanata la direttiva Brrd, quella del bail-in. Il fatto che questo preveda che a coprire le perdite di una banca, dopo gli azionisti, gli obbligazionisti subordinati e gli obbligazionisti ordinari possano essere chiamati anche i depositanti con importi maggiori a 100.000 (quelli fino a quel limite godono già di un’assicurazione europea), rende il Fondo di garanzia sui depositi molto importante: in mancanza di che, al primo rumor di difficoltà di una banca, i depositanti correrebbero a ritirare i loro averi, accelerando così il processo verso il fallimento.
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→ febbraio 12, 2016
Intervista di Pietro Vernizzi a Franco Debenedetti
Un’altra giornata di panico sulle Borse quella di ieri, dopo che mercoledì c’era stato un balzo superiore al 5%. Ad andare male non è solo Milano ma tutte le Borse europee, oltre che Wall Street. Male soprattutto le banche, e anche in questo caso non solo quelle italiane, ma anche Societe Generale e altre dl Vecchio continente. Ne abbiamo parlato con Franco Debenedetti, commentatore politico, imprenditore ed ex senatore.
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→ febbraio 5, 2016
Tutto è cominciato con il fallimento delle 4 banche: la bocciatura del piano governativo di salvataggio, applicazione per la prima volta, del meccanismo del bail in, vana ricerca di un colpevole su cui scaricare le proteste dei risparmiatori colpiti, primo scontro sulla “Germania a trazione tedesca” alla pre-riunione del Consiglio d’Europa. E’ quello l’innesco del brusco cambiamento di rotta del Governo Renzi nella politica verso l’Europa; da lì hanno origine i due temi del conflitto, uno sugli aiuti di Stato, l’altro sulla flessibilità di bilancio.
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→ gennaio 31, 2016
articolo collegato di Sergio Bocconi
Si profila un nuovo confronto Italia-Europa. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, intervenendo sabato al Forex di Torino, sollecita una revisione dei meccanismi europei di risoluzione delle crisi bancarie, e in particolare del bail in, entrato in vigore in gennaio. La Commissione Ue fa però subito sapere che «non ci sono piani per cambiare la direttiva, adottata nel 2014 con il consenso di una stragrande maggioranza al Parlamento europeo e con l’accordo unanime degli stati membri. Da un anno e mezzo si sa che il bail in dei creditori avrebbe protetto i contribuenti».
Al Forex Visco ha poi spiegato l’intervento sui quattro istituti in dissesto; ha approvato l’intesa con la Commissione Ue sulla garanzia pubblica per liberare i bilanci del settore dalle sofferenze e ha rinnovato l’appello a una maggiore diffusione della cultura finanziaria. Il Governatore ha quindi dedicato spazio alla congiuntura: in Italia la ripresa procede a ritmi moderati, come nell’area euro, sostenuta dalla domanda interna. Resta l’indicazione che nel 2016 e nel 2017 il prodotto possa crescere dell’1,5%. Sono in aumento i prestiti al settore privato e in particolare alle famiglie per i mutui. Dettagliata è stata la spiegazione relativa ai provvedimenti adottati nel novembre 2015 da governo e Bankitalia per risolvere le crisi di Banca Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti, che nel complesso detenevano l’1% dei depositi italiani. Visco spiega che, dopo lo stop europeo all’utilizzo del Fondo interbancario, assimilato ad aiuto di Stato, sono state applicate le regole introdotte con la direttiva europea sulle crisi bancarie. I costi sono stati sopportati, oltre che dagli azionisti e i detentori di obbligazioni subordinate, dal sistema bancario attraverso il Fondo di risoluzione. L’alternativa? La liquidazione coatta. Da gennaio è entrato invece in vigore il bail in, che prevede il coinvolgimento con perdite anche delle obbligazioni ordinarie e dei depositi sopra i 100 mila euro. Secondo Visco le nuove regole, maturate in sede europea dopo i massicci interventi pubblici per i salvataggi bancari (che non si sono verificati in Italia) hanno comportato un cambiamento «drastico e repentino». Secondo Bankitalia e ministero dell’Economia invece di un’applicazione immediata e retroattiva dei nuovi meccanismi sarebbe stato preferibile un periodo di transizione per consentire a banche e risparmiatori di adattare strumenti e percepire rischi finora remoti. Ecco dunque la richiesta di revisione, possibile entro giugno 2018, precisa Visco, grazie a una clausola. Ma la Commissione Ue ha frenato.
E sempre sulle crisi Bankitalia precisa di aver chiesto alla Etruria a fine 2013 misure correttive e un’aggregazione. Ma il board dell’istituto nel 2014 ha rifiutato l’unica offerta «autonomamente avanzata dalla Popolare di Vicenza» (quindi non sponsorizzata dalla Vigilanza). Infine il Governatore invita le banche a predisporre meccanismi volontari di intervento, aggiuntivi rispetto ai sistemi obbligatori di garanzia dei depositanti, per contenere i costi di una crisi per i risparmiatori. Così come l’accordo sulle sofferenze (il cui flusso si sta riducendo) deve essere accompagnato da una migliore capacità di intervento da parte degli istituti. «Sarà utile lo schema di garanzia concordato con la Commissione Ue per facilitarne lo smobilizzo. Il mercato potrà attivarsi. Ma nessun provvedimento può cancellare la massa di sofferenze del passato: vanno aggredite con determinazione». L’Italia, viene sottolineato, sta uscendo da un periodo più grave della depressione degli anni Trenta: la crisi ha messo a dura prova imprese, famiglie e banche. Gli istituti però oggi hanno un patrimonio «molto più elevato rispetto al passato» e il rafforzamento, a differenza di altri Paesi, «è stato conseguito senza pesare sulle finanze pubbliche». E anche la redditività comincia a migliorare.
→ gennaio 27, 2016
articolo collegato di Martin Sandbu
Arigged market price
Almost everything about Italy’s agreement with Brussels over the country’s so-called “bad bank” policy to rid Italian banks of its problem loans should set off alarm bells. It illustrates how halfhearted is Europe’s commitment to reform the way it does banking.
The agreement, as the Financial Times reports today, involves a scheme by which the Italian state will issue financial guarantees for packages of non-performing loans that are burdening the banks’ finances. The guarantees are supposed to help the banks sell off the loans to other types of investors such as hedge funds.
To be clear, getting bad loans off Italian banks’ backs is a good idea. At about €350bn or 17 per cent of the banking system’s total loan book (three times the European average, according to the European Banking Authority’s last transparency exercise), they constitute a large patch of rot on the banking system’s balance sheet. The uncertainty over the eventual size of the losses is bound to restrain both the banks’ willingness to issue loans and their ability to raise capital as and when that becomes necessary. That fact that Italian bank lending is growing again, which is very welcome news, is nevertheless no reason not to shift this uncertainty to investors willing to bear it and whose risk exposure does not damage the wider Italian economy.
It’s such a good idea, in fact, that it’s useful to ask why banks haven’t sold off these loans to foreign hedge funds already. The Italian government’s plan has been to issue guarantees on the bad loans to facilitate their sale. The sticking point with the European Commission has been how to price the guarantees so they don’t constitute a subsidy. The agreement supposedly ensures that the insurance against losses will be sold at the market price for similar loss insurance on equally risky products.
But if it’s the market price, why does the government need to be involved at all? There are plenty of investment banks in the world that will issue loss insurance at a price. And there is little reason to think that the Italian government’s risk assessment is more reliable than a third-party investor’s: on the contrary. The very notion that the government must provide the insurance because the market doesn’t should make us suspicious of the risk it attributes (or rather not) to the loans in question.
If banks are not already selling off loans to private investors, it’s because the price at which they are willing to sell is higher than the price buyers are willing to pay. The reason for that is most probably not that the banks know the loans are better than they look. Instead, it is that a price at which buyers would be interested would expose losses that the banks would rather be without — or pretend to be without.
The only way a state guarantee can get around this problem is by making the bad loans look more attractive to investors, and thereby raise the price they would consider paying to a level that flatters the selling banks. But don’t let Rome and Brussels fool the rest of us into thinking that this is a market price: if the government needs to make it happen, it’s a price at which there is no market.
The alternative policy is, of course, to write down the value of the trouble loans to their real market value, which could be done, for example, by forcing banks to auction them off to the highest bidder with no state-sponsored insurance (banks could buy the insurance privately if they thought it would sufficiently raise the market price). That this has not happened simply illustrates that Rome remains unwilling to apply the spirit of the EU’s new bail-in rules, which requires bank shareholders and creditors to share in any losses. Yet again, a proper restructuring is too much to stomach for a national government.
As Free Lunch has complained during a previous public bout of Italian bank rescues, this unreconstructed attitude illustrates that European governments are still not comfortable with the banking reforms they signed up to in 2012. That is dispiriting but not surprising. That Brussels is willing to play along, however, is both.
Other readables
- An idea developed to address the job displacement due to trade and globalisation may well have a new lease of life in an era of job loss through automation: Lori Kletzler argues for wage insurance, which would compensate displaced workers for the lower salary in whatever job they managed to find.
- New research documents the long-term effect of migrating from a poor to a rich country by comparing winners and losers of New Zealand’s immigration lottery for citizens of Tonga.
- Harvard economist Gita Gopinath chills the optimism about India that many — including Free Lunch — had allowed themselves to feel. about India’s economy. Investment is falling, not just because reform promises have not been kept, but because of growing rot in the banking system. Seventeen per cent of Indian bank loans are in bad shape, and the cost of borrowing has soared.
→ gennaio 21, 2016
di Carlo Alberto Carnevale Maffè e Franco Debenedetti
La bad bank da tempo tiene il campo, da qualche giorno occupa le prime pagine dei giornali. Ma non è il solo strumento per affrontare la crisi delle sofferenze bancarie italiane. Qui vogliamo presentare un contributo complementare al dibattito: una soluzione nuova, perché possibile solo dal 1 gennaio 2016, con l’introduzione della Brrd (Direttiva bancaria di rimedi e risoluzione); di mercato, perché non ha bisogno di aiuti di Stato; equa, perché rispetta i diritti degli investitori. Ma che va a toccare la governance, cioè la questione che attraversa il nostro sistema bancario dalla sua privatizzazione: e questo farà discutere.
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