Se il liberista fa il liberista

giugno 7, 2001


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


Il primo test di politica economica per Silvio Berlusconi potrebbe arrivare in anticipo rispetto alla formazione del suo Governo. A far capire di che pasta è fatto il liberismo del centrodestra sarà un europarlamentare di Forza Italia, il cui voto è determinante per l’esito di un braccio di ferro che vede contrapposti il Parlamento Europeo di Strasburgo e la Commissione di Bruxelles, e che ha per posta la legge sulle Opa.

Nel dicembre scorso Klaus-Heiner Lehne, democristiano di Dϋssel­dorf, si trascinava dietro il Ppe – a cui aderisce anche Forza Italia – in una crociata volta a rendere difficili, se non impossibili, le scalate alle società quotate, le Opa, del tipo di quella che da noi ha consentito a un outsider di conquistare il controllo di una società come Telecom. Secondo il testo approvato dal Parlamento di Strasburgo, solo se il gruppo di controllo è d’accordo le società possono cambiare di mano; gli azionisti non hanno il diritto di decidere se la loro società deve continuare a essere gestita dall’attuale management o se è il caso di cambiare, accettando l’offerta dello scalatore. Chi scala un’azienda – devono aver pensato gli eurodeputati popolari – contrae debiti, per pagarli dovrà fare efficienza, quindi ridurre gli organici: quelli gonfiati a scopo di consenso politico nei monopoli pubblici, o quelli lasciati crescere per evitare dissensi sindacali in molte grandi aziende private. Si è aperto un contenzioso con Bruxelles, e ora la decisione è affidata a un comitato diviso a metà, tra favorevoli e contrari, e in cui il voto del deputato di Forza Italia è ago della bilancia.

L’Opa è lo strumento principe per favorire il ricambio nel controllo delle imprese: è per il timore di essere disarcionati da uno scalatore, che gli amministratori delle grandi aziende si sono convertiti al vangelo del «creare valore per gli azionisti». L’Opa ostile è per certi versi il simbolo del modello anglosassone del capitalismo. A esso si contrappone il modello continentale, che privilegia la stabilità della proprietà, e quindi le partecipazioni incrociate, i sindacati di voto, in Italia anche le scatole cinesi: tutti sistemi per rendere meno contendibile il controllo.

Da noi l’Opa è regolata dal Testo Unico della Finanza, meglio noto come legge Draghi: è merito non piccolo del centrosinistra avere introdotto regole moderne che, insieme alle privatizzazioni, hanno cambiato il nostro capitalismo. Che cosa farà Berlusconi? Votare secondo le indicazioni del Ppe a cui Forza Italia appartiene era una non-decisione che poteva andar bene finché era all’opposizione. Berlusconi in campagna elettorale ha alternato espressioni di adesione al capitalismo dinamico, citando con ammirazione i nomi di Reagan e Thatcher, con altre in cui dichiara di voler seguire la pratica dell’economia sociale di mercato, dunque della codeterminazione con i sindacati: due modelli che, se non proprio opposti, sono certo assai distanti. In anticipo rispetto all’analisi del grado di liberismo dei suoi ministri, e con più concretezza rispetto all’esegesi del discorso con cui chiederà la fiducia, sarà il voto di Francesco Fiori, deputato di Voghera, a far capire agli italiani quale modello di capitalismo veramente Berlusconi intende proporci.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: