Scala, qual è la strategia vincente

marzo 13, 2019


Pubblicato In: Giornali, La Repubblica


Caro Augias, nei riguardi delle diversità di cultura si possono assumere due atteggiamenti: chiudersi nelle proprie mura, o aprirsi al confronto e intensificare gli scambi, convinti che, per la sua capacità di relativizzarsi e per i vantaggi che ne conseguono, il proprio sistema di valori finirà per imporsi. Nell’ambito di un programma che prevede iniziative culturali verso l’Europa, l’Arabia Saudita ha definito con il sovrintendente Pereira una proposta in base alla quale l’Accademia della Scala riceverebbe l’incarico di creare una scuola di danza per bambini; l’Arabia verserebbe 15 milioni di euro in tre anni, acquisendo così la qualifica di socio fondatore, e potrebbe avere un posto nel CdA della Fondazione. In tema di diritti umani, in Arabia Saudita vigono leggi e costumi inaccettabili. Il teatro del Piermarini è il luogo emblematico della nostra cultura musicale, legato ai valori di libertà e dignità dell’uomo.

Chiudersi per difendere o aprirsi per convincere? Purtroppo, questa sta diventando l’occasione per dividersi sui risultati della gestione del sovrintendente. Col risultato di spostare i tempi e di turbare il clima, rinfocolando anche mai sopite vendette personali. Nella città di Verri e Beccaria ci dovrebbero essere pochi dubbi su quale delle due strategie, chiudersi o aprirsi, sia alla lunga vincente. Sono passati i tempi in cui esultare perché ” l’orgoglio musulmano sepolto è in mar”: meglio dimostrare quanto ” le femmine d’Italia son disinvolte e scaltre”.

La risposta di Corrado Augias
Tra il Verdi dell’Otello e il Rossini dell’Italiana in Algeri Franco Debenedetti sceglie dunque Rossini ovvero, fuori di metafora, un’apertura all’offerta dell’Arabia Saudita, paese di “leggi e costumi inaccettabili” aggravati dal recente barbarico assassinio del giornalista Jamal Khasshoggi considerato “scomodo” dal regime. L’offerta ha suscitato una disputa molto sgarbata che vede per diversi motivi contrapposti il sindaco di Milano Sala, il governatore lombardo Fontana, il ministro della Cultura Bonisoli, il sovrintendente Pereira. Da appassionato melomane e basta, metterei da parte le reciproche accuse di “furbizia” così come l’evidente interesse del sovrintendente ( in scadenza il prossimo anno) alla conclusione del finanziamento. L’Arabia Saudita ha un regime per molti aspetti riprovevole. Tuttavia, è un paese riconosciuto nel mondo, siede in tutti i consessi internazionali, ha rapporti ufficiali con la Repubblica italiana — Roma ospita un’ambasciata, un ufficio consolare, un istituto culturale. Il finanziamento appare cospicuo, l’apertura di una scuola di danza da parte della Scala così come la messa in scena a Riad di opere prodotte a Milano potrebbe aprire in quel paese orizzonti culturali e di costume nuovi a cominciare dai rapporti tra i sessi sempre così complicati nel mondo islamico. La Francia aprendo una sezione del Louvre negli Emirati (Abu Dabi) ha trovato il modo di avere ingenti capitali per la sede parigina del museo e di fare opera di promozione del ” Made in France” non solo in campo culturale — mi pare si chiami ” sistema paese”. Quando portarono all’imperatore Vespasiano i primi proventi delle latrine pubbliche fatte installare per alimentare l’erario, prese un sesterzio, lo portò con lento gesto elegante al naso e pronunciò le famose parole: Non olet. Concedo che questi argomenti possano sembrare un po’ terra terra. Ma se controllassimo da quali committenti e con quali soldi sono state finanziate nei secoli tante opere d’arte, a cominciare dal nostro Rinascimento, ne troveremmo di peggiori.

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