Più che per le banche bisogna indignarsi contro i governi

ottobre 26, 2011


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair


dalla rubrica Peccati Capitali

E poi c’è quella della scatola di sardine che al mercato di Tel Aviv passa di mano in mano tra ebrei a prezzi sempre crescenti, finché la compera un arabo e la apre. “Ma sono marce!”, protesta. E l’altro: “Ma chi ti ha detto di aprire la scatola?” Vecchiotta e un po’ razzista: ma spiega quello che è capitato alla Dexia, la grande banca belga.

Solidissima agli stress test, poco dopo insolvente: i debiti sovrani non valgono più il prezzo che la BCE stessa gli attribuiva, le sardine erano marce. Idem per lo sconto sul debito greco: in poche settimane è passato dal 21% al 50% forse al 70%. Certi comportamenti di banche e banchieri sono un insulto, ma il populismo degli indignati è l’eco del populismo dei governi: gli ha fatto comodo dire che la colpa della crisi è delle banche, o dei derivati, o delle agenzie di rating, e che si può risolvere con la Tobin Tax, o pagando i debiti pubblici con il risparmio privato, o mettendo il bavaglio alle agenzie. Ha fatto comodo al governo americano che i suoi cittadini credessero di essere ricchi e potessero indebitarsi, e a quello cinese che così comperassero i suoi prodotti. Ha fatto comodo a noi credere di restare competitivi anche se tra spesa pubblica, pensioni e consorterie varie cresceva il costo dei nostri prodotti. La crisi consiste proprio nel non sapere più quale è il valore delle cose: qual è quello della casa dell’americano e dello stipendio dell’italiano? E del nostro debito? Se dovessimo ripagarlo sull’unghia, dovremmo vendere quello che abbiamo, pubblico e privato, e torneremmo indietro di cent’anni; se invece riprendessimo a crescere, i nostri BOT sarebbero un affare. Perché nessuno ci chiederebbe di aprire la scatola.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: