Lettera aperta ai miei compagni

gennaio 31, 2006


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il_riformista
Cari Ds, ascoltate uno di voi – Subito il partito democratico

di Michele Salvati

Sono iscritto al Pds-Ds sin dall’origine di questo partito, dal congresso di Rimini del 1991. Con Salvatore Veca, ho contribuito a… indovinarne il nome (Partito democratico della sinistra), anche se poi esso fu adottato per motivi contingenti e sbagliati. Se si va a rileggere il nostro appello dell’estate dell’89 (pubblicato su uno degli ultimi numeri della vecchia Rinascita, con un titolo che potrebbe essere riutilizzato ora per il partito democratico: Se non ora, quando?), si vede però che noi non avevamo nulla contro il socialismo – anzi, dicevamo chiaramente che il socialismo democratico aveva vinto la sua sfida contro il comunismo – e non ci interessava molto la polemica contro i socialisti italiani. Quella polemica fu invece determinante nell’adozione del nome che avevamo proposto, che non conteneva, ma per tutt’altre ragioni, gli allora esecrati termini «socialismo» o «socialdemocratico». Gli argomenti principali di quell’appello sono gli stessi che muovono me ora (e credo anche Veca) a sostenere un’ulteriore trasformazione, quella finale, la confluenza entro un grande partito democratico.Nel Pds e poi nei Ds ho militato – il termine mi piace poco, ma è quello che si usa – lealmente sempre e spesso appassionatamente in questi quindici anni. Insieme a un piccolo gruppo di compagni, in esso ho condotto la mia battaglia politica per il partito democratico, testimoniata dagli scritti raccolti nel libro omonimo (Mulino, fine 2003). Ho fatto parte dei suoi organi direttivi e sono stato suo parlamentare durante la legislatura in cui il centro-sinistra ha avuto responsabilità di governo. Ho imparato ad apprezzare l’eredità di passione, impegno e onestà che il nuovo partito riceveva, insieme ad altri lasciti che mi piacevano meno, dal partito comunista. Insomma, anche se per temperamento sono assai poco partigiano, i Ds sono stati sinora la mia casa politica.
Perché questi riferimenti personali, che non mi sono consueti e che qualcuno potrebbe giudicare un poco fastidiosi? Perché vorrei si capisse bene che questo è un appello rivolto ai Ds e che viene dall’interno e da lontano. E’ la proposta di un iscritto al partito, sia pure in attesa di traslocare al partito democratico. Ed esprime la meraviglia che i suoi dirigenti non si rendano conto della necessità e dell’urgenza del compito che sta loro innanzi. Altri, in altri partiti riformisti, conducano la loro battaglia in casa propria: in Margherita c’è un bel gruppo che si impegna nella scia di Nino Andreatta. E altri ancora conducano la battaglia esterna, nei comitati per l’Ulivo, nelle associazioni per il partito democratico che stanno spuntando un po’ ovunque. A me, e ai sostenitori del partito democratico iscritti ai Ds, compete anzitutto cercare di convincere il nostro partito.

Un controfattuale
Necessità e urgenza, dicevo. Urgenza anche elettorale, perché ha perfettamente ragione Ilvo Diamanti (Repubblica, 22/01/06) a sostenere che gli elettori non ci capiscono niente in una lista unitaria alla Camera e liste di partito al Senato: o ci si presenta uniti sempre – e allora il partito democratico è un esito scontato – o ci si presenta sempre divisi, per sfruttare al meglio le caratteristiche della nuova legge elettorale. Uniti sempre non ci si voleva presentare: forse non era neppure conveniente, bisognava prima contarsi, …e poi dov’è questa fretta? Ma divisi, per i partiti, sarebbe stato ancor peggio, perché allora la presentazione di una lista Prodi sarebbe stata inevitabile, e questo era fumo negli occhi per i Ds ma soprattutto per la Margherita. Questo punto, anche se contingente, va un poco sviluppato perché è un esempio «controfattuale» molto efficace per capire le logiche di comportamento dei nostri partiti.
Il momento magico è subito dopo le primarie. Il 17 ottobre, appena noti i risultati, Prodi poteva convocare i partiti e far loro questo ragionamento: «E’ vero, il risultato di ieri dimostra solo che nel nostro popolo c’è una gran voglia di unità, una gran voglia di partecipazione, una gran voglia di defenestrare Berlusconi, e che io gli vado bene come candidato premier. Non è ancora una domanda esplicita di partito democratico. Ma la costruzione di questo partito, per natura sua, è un esercizio di arte politica. E’ profittare delle occasioni per costruire qualcosa che ancora non c’è, per soddisfare una domanda che è ancora latente in gran parte del nostro popolo; è una proposta egemonica che compete a noi, leader del centro-sinistra, se siamo veri leader. E allora facciamo così. Diciamo con chiarezza che subito dopo le elezioni faremo il partito democratico. E che però, per profittare al meglio di questa sciagurata legge elettorale, ci presentiamo divisi, io con la mia lista Prodi, voi con le vostre liste di partito. Tutti d’accordo, però, senza conflitti, e facendo mostra di grande unità». Potete immaginare le reazioni a questo discorso, se fosse stato fatto?

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