La sorpresa finale di Cofferati

febbraio 28, 2003


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Così, pian piano, l’ex leader della Cgil sta cambiando il volto dell’Ulivo

“Le accuse scatenate contro chi ha votato anche la mozione di Rifondazione sono una polemica priva di ragione, scatenata all’interno dell’Ulivo. Francamente, trovo che i liberal DS abbiano usato parole sgradevoli e offensive”. Così Sergio Cofferati nell’intervista a l’Unità di domenica 23 Febbraio. Che sull’Irak 31 senatori abbiano rotto l’unità dell’Ulivo, non è per lui motivo di preoccupazione. E che l’abbiano fatto votando due documenti, di cui uno dice il contrario dell’altro, è per lui solo “un corollario”.

Modo ben singolare di connotare la propria posizione politica, quello di farlo con una contraddizione. Di solito lo si fa scegliendo tra alternative che si trovano per così dire sullo stesso piano: la aliquota di una tassa, l’entità di una spesa, perfino un tipo di riforma costituzionale. Invece chi vota due documenti in contrasto tra loro, indica che per lui uno dei due si trova su un piano superiore all’altro, riconosce ad uno dei due la potenza di assorbire nella propria superiore generalità anche un particolare contraddittorio: che da quel punto di osservazione appare un “corollario e non l’aspetto centrale”. Inevitabile allora la conseguenza: “le mediazioni tra le varie posizioni sono fisiologiche della politica, dice Cofferati, ma solo il rapporto con il movimento può consentire un [loro] positivo avanzamento”. Abbandonato il piano della contrapposizione – della dialettica, si sarebbe detto un tempo – l’azione politica si svolge sul piano fideistico del “rapporto diretto” con “i cittadini e la loro opinione”. Alla politica come pratica di formazione del consenso, subentra la politica come esperienza di “partecipazione identitaria”. Per trascinare le folle che riempiono Piazza S.Giovanni o il Circo Massimo, ci vogliono parole d’ordine non discutibili e non negoziabili; il consenso va ricercato non convincendo con la convenienza di una mediazione, ma trascinando con l’indiscutibilità dei diritti intoccabili, dei valori assoluti.
Così è stato per il tema dell’art.18, dove Cofferati ha creato un diritto che non sta nel codice, quello al mantenimento del “proprio” posto di lavoro, che si formerebbe all’atto dell’assunzione a tempo indeterminato in un’azienda con più di 15 dipendenti, e che da quel momento diventa un diritto soggettivo. I cambiamenti avvenuti nella società, nella tecnologia, nell’organizzazione industriale, nei modi di finanziamento, sono fenomeni propri del mondo delle mediazioni e dei compromessi. I diritti individuali restano, intangibili, nel mondo degli assoluti.
Così è ora per il tema della guerra: il no “senza se e senza ma” è sul piano dell’assoluto, un piano diverso da quello in cui opera e ragiona chi soppesa torti e diritti, valuta rischi e prospettive, minaccia l’attacco e offre la ritirata. A differenza dell’”ohne mich” di Schroeder, quel “senza di me” che rivela l’egoismo di una rinuncia fatta per convenienza, il “senza se e senza ma” che indica la mistica di un rifiuto compiuto per assolutismo.
L’assolutismo è cosa diversa dal massimalismo, e il dislocamento sul piano dei valori assoluti è cosa diversa dallo spostamento sull’asse destra-sinistra. Ripetute milioni e milioni di volte, le parole dei diritti assoluti, del rifiuti assoluti, dei valori assoluti, modificano l’orizzonte politico di milioni di cittadini, i loro obbiettivi, il loro giudizio sui mezzi per raggiungerli. Non ci si illuda che si tratti solo di un’operazione funzionale a fidelizzare gli elettori, a suscitare voglia di partecipazione, e sostanzialmente a renderli pronti per l’appuntamento del 2006 (o prima). Non si pensi che il fenomeno sia facilmente reversibile. Quando Prodi dovesse arrivare a riunificare l’Ulivo e guidarlo alle prossime elezioni politiche, il suo pullman si troverebbe ad attraversare un mondo assai diverso da quello che riuscì a trascinare nell’ormai lontano 1996. In quel momento ci si accorgerà che, mentre si discute di leadership e di primarie, di ticket e di programmi, Cofferati, senza incarichi e senza investiture, giorno dopo giorno, con i comunicati, gli SMS, le benedizioni e le condanne con cui incalza i DS, ha cambiato la pelle all’Ulivo.

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