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Archivio per il Tag »Panorama«

→  settembre 22, 2011

di Marianna Rizzini

La Rai è in coma, la Rai è morta, la Rai è in pericolo, il canone Rai è la tassa più odiata dagli italiani (sondaggio sul Corriere, qualche giorno fa), la Rai va venduta, la Rai è un carrozzone vuoto, in Rai sono tutti “servi della politica” Simona Ventura a Vanity Fair, dopo il passaggio a Sky), in Rai ci si sente “precari” (Fabio Fazio, prossimamente in onda su Rai e La7), la “Rai ci ha rotto” (Patrizia Mirigliani, patron Miss Italia), “ha senso restare” in questo cda Rai? (Nino Rizzo Nervo, consigliere di centrosinistra dopo il niet del cda a Serena Dandini), “ha senso restare in Rai?” (Lucia Annunziata, dopo il niet a Serena Dandini): dici “Rai” ed è subito disgusto, orrore, presagio di sventura. E’ vero che la settimana scorsa, prima del niet a Serena Dandini, un Giovanni Floris istituzionale si è levato a dire che no, lui non crede “che la Rai sia alla fine”, e però dopo il niet ha un po’ ritrattato, parlando di Rai3 come di una rete “smontata a pezzi”. E insomma sono giorni in cui i difensori della Rai, se ci sono, stanno volentieri zitti.

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→  agosto 13, 2010


Intervista di Sergio Luciano

“Quello che vuole Marchionne per Pomigliano è molto chiaro: certezza delle regole, rispetto degli impegni. Non pensa sia affar suo in che modo queste sue esigenze vengano garantite. Una nuova legge, un nuovo accordo sindacale: come che sia… E io penso che ce la farà”. Ha un atteggiamento positivo, Franco Debenedetti, verso la svolta “texana” di Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat. L’uomo col maglioncino nero nel giro di pochi mesi ha inanellato l’annuncio della chiusura di Termini Imerese, ha fondato una newco per applicare a Pomigliano d’Arco l’accordo firmato con Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl dribblando il veto della Fiom-Cgil, e ha annunciato che investirà in Serbia e non a Mirafiori i soldi necessari per due nuove vetture. Debenedetti, economista liberista, politicamente schierato con i riformisti, ex-top-manager Fiat, fratello dell’editore del Gruppo Espresso, non si scandalizza delle richieste di Marchionne. Diciamo che le capisce. E per molti versi le approva.

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→  aprile 6, 2006


Sull’economia è lui a dettare l’agenda

L’Unione vincerà le prossime elezioni politiche: anche i pochi che avevano ancora qualche dubbio devono arrendersi. La prova? l’Unione ha parlato di tasse, ha violato l’antico pregiudizio: e il suo vantaggio nei sondaggi è rimasto inalterato. Un pregiudizio che risale al New Deal di Roosevelt, alla sinistra centralista anni’30 che aumentava le tasse per finanziare i suoi programmi; o ai laburisti inglesi anni ‘50. che contavano sulle imposte per realizzare un progetto egualitario.

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→  dicembre 22, 2005


Partita Doppia

C’è un denominatore comune in tutte le battaglie bancarie estive, ed ora in quella d’autunno: sono tutti problemi di governance.
Governance di Banca d’Italia: se il problema è l’autoreferenzialità della Banca d’Italia, i poteri che hanno consentito al Governatore di far sì che gli assetti proprietari delle banche corrispondessero al suo personale disegno; l’essenziale dovrebbe essere riformare i poteri piuttosto sostituire un Governatore.

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→  dicembre 8, 2005


Invece di bloccare la riforma, perché non pensare di modificarla?

Un difficile percorso a ostacoli, dall’esito tutt’altro che scontato: parlo del referendum sulla riforma costituzionale che il centrosinistra baldanzosamente si avvia a promuovere. Mettiamo le cose in chiaro: ragioni per bocciare (parte di) questa costituzione ce ne sono eccome (oltre a quella dei duri e puri, per cui la Costituzione nata dalla Resistenza non si cambia, punto: come se non ci fossero state le Commissioni Bozzi, Iotti-De Mita, bicamerale, riforma del Titolo V): è comunicarle in un referendum che può diventare un trabocchetto.

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→  giugno 17, 2005


E’ sbagliato mantenere vincoli al cambiamento di lavoro

“Chi si ricorda ancora dell’articolo 18?” mi diceva poco tempo fa un mio amico. Pensare che sull’abolizione del divieto di licenziamenti individuali il governo ha rischiato di spaccare il Paese, ha provocato scioperi e raduni oceanici: oggi non ne parla più nessuno”. Resta aperta la domanda: l’errore è stato averne parlato allora o è il non parlarne più adesso?

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