Fondazioni: riforma sia, ma per l’efficienza

febbraio 28, 1997


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


Sono passati sette anni dalla legge Amato, tre anni dalla direttiva Dini: ma per la privatizzazione del sistema bancario italiano, non è successo nulla. Le fondazioni mantengono il controllo delle loro banche, il Tesoro di Bnl e Mediocredito.
La ristrutturazione del settore è avvertita come un’emergenza indilazionabile: essa trascende l’orizzonte degli esuberi e del costo del personale.

Gravano sul sistema delle banche inefficienza nel gestire le attività tradizionali, incapacità a seguire l’evoluzione del mercato verso nuove e più lucrative attività, chiusura entro confini nazio nali, in alcuni casi addirittura municipali: come non manca di ammonire — ultimamente in una sua lettera — il Governatore della Banca d’Italia, con toni vieppiù preoccupati. Sull’urgenza di pri vatizzare concordano tutte le forze politiche: il PDS l’ha affermato al convegno di Siena; lo chiede una mozione presentata pochi giorni orsono alla Camera dal Polo.
La resistenza a perdere il potere connesso alla proprietà delle banche, il desiderio di influenzare i futuri assetti proprietari sono dati di realtà: ma non possono portare allo stallo.
Lo spettro delle soluzioni possibili è stato analizzato in tu t ti i modi, tutte le proposte avanzate hanno dei meriti: è ora giunto il momento di operare una sintesi, che abbia riguardo ai vincoli politici, ma non perda di vista l’obbiettivo di riforma del sistema.
È ciò che intendiamo fare con la proposta di cui qui si indica no le coordinate.
1. Punto di partenza è il Ddl Ciampi, che definisce il futuro delle fondazioni. Esso elimina alcuni ostacoli alla riallocazione del loro patrimonio, e dà al processo un significato in termini di interesse generale, perseguito affidando alle fondazioni il compito di utilizzare il proprio patrimonio per quegli scopi di utilità sociale che sempre meno lo Stato è in grado di fornire sul territorio.
2. Al progetto Ciampi va aggiunta l’indicazione di un termine entro cui il processo di perdita del controllo delle fondazioni sulle banche deve concludersi: l’ha rilevato anche Lanfranco Turci in una recente intervista al «Corriere della Sera». Alla perdita del controllo va subordinata l’attribuzione alle fondazioni dello status di enti di diritto privato. Il termine potrebbe essere fissato magari al 1 gennaio 1999, data dell’inizio dell’euro.
3. Il Presidente di Mediobanca, Francesco Cingano, ha recentemente illustrato un progetto della Fondazione Ugo La Malfa, secondo cui il Tesoro dovrebbe acquisire le quattro maggiori banche e venderle, insieme a Bnl. La maggioranza delle reazioni al meccanismo proposto è stata negativa, neppure il Tesoro risulta convinto, già carico com’è di compiti che non pare il caso di accrescere. Sembra invece più logico che a farsi carico di individuare i noccioli duri siano gli attuali proprietari, Tesoro e fondazioni, queste ultime potendo così aver riguardo alle proprie tradizioni ed ai propri radicamenti locali. Tuttavia il progetto Cingano, se non per le procedure, coglie invece un aspetto fondamentale: invita a concentrarci sulle grandi banche, ed è indubbio che questo — prima delle cento casse di risparmio — è il nocciolo del problema. Per mantenere coerenza sul piano logico ed evitare difficoltà sul piano normativo, si potrebbero differenziare gli interventi sul piano temporale, prevedendo scadenze diverse a seconda della dimensione della banca, e dando la priorità, per esempio quella del 1 gennaio 1999, alle banche maggiori.
4. La legge dovrebbe esplicitare un punto sul quale invece finora non è stata fatta sufficiente chiarezza: e cioè che non sono privatizzazioni quelle basate su incroci azionari, magari per il tra mite di società holding. Interessante invece è quanto recente mente proposto dal Presidente del SanPaolo, Gianni Zandano («Il Sole 24 Ore» del 19 febbraio): «Autolimitazione del diritto di voto per le quote azionarie che dovessero rimanere alla pii rent company (fondazione) dopo la privatizzazione». affinché la banca risulti potenzialmente scalabile.
5. Perché il provvedimento sia efficace, è indispensabile prevedere in caso di inerzia un meccanismo che assicuri che il processo sia portato a compimento, con la vendita delle eventuali quote residue. Se si esita di fronte a meccanismi di mercato, si può prevedere — solo in questa ultima istanza — l’intervento del Te soro. Ma dovrebbe essere noto a priori che l’intervento sarà a condizioni meno favorevoli: altrimenti le fondazioni potrebbe ro non attivarsi per vendere esse stesse.
Questa la proposta che avanziamo: le modifiche che comporta possono essere recepite mantenendo l’impianto concettuale del Ddl Ciampi. Se per favorire la ristrutturazione si ritiene opportuno fornire incentivi a carico della collettività, che essi almeno sia no finalizzati all’interesse generale: che non è il sostegno dell’esistente, ma un sistema bancario che abbia in sé gli stimoli per riconquistare l’efficienza: cioè un sistema bancario privatizzato, esposto alla concorrenza per i diritti di proprietà.

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