Chi dice che privato è meglio?

febbraio 6, 2007


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di Salvatore Bragantini

Prima due articoli di Francesco Giavazzi, poi una lettera di Franco Debenedetti hanno criticato sul Corriere la nascita di F2i, il fondo per le infrastrutture promosso dalla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e da altre banche; se Giavazzi riconosce i meriti del capitalismo di Stato nella rinascita postbellica—ricordati da Barry Eichenberg nel suo “The european economy since 1945” — entrambi temono che rinasca l’Iri.
Il capitalismo di Stato è il passato, non il futuro; su alcuni punti, tuttavia, è bene tornare. Aveva ragione l’allora presidente Iri, Prodi, a cercare di togliere ai privati il controllo di Mediobanca, giacché esso era esercitato grazie a un accordo impresentabile, e perciò nascosto. Definito da Cesare Merzagora un pasticcio di allodola e cavallo, esso conferiva ai privati un peso sproporzionato alle poche lire da loro investite; era il tipico prodotto di un mondo del quale nessuno — certo non Giavazzi o Debenedetti — ha nostalgia.

Se il capitalismo di Stato non ha futuro, ciò non comporta che lo abbia invece un altro capitalismo, spesso relazionale, familista e teso ad estrarre dalle imprese i benefici privati del controllo, più ostile al mercato di quello di Stato. La sagacia dei grandi gruppi del cortile domestico nel costruire buoni progetti industriali spesso sonnecchia, come Omero. Si pensi al fiasco del reimpiego degli indennizzi per le imprese elettriche prima, o al sonno tranquillo di Fiat come azionista di Telecom poi: c’è voluta la ruspante razza padana, con la sua inclinazione per le scorciatoie legali, per scoprire quale miniera si nascondeva lì sotto.

In verità i nostri due capitalismi, di Stato e privato, sono sempre andati a braccetto. Ciò vuol dire che non possiamo puntare sui privati? Certo che dobbiamo farlo, però pregando la divina provvidenza, ove pensi a tali minuzie, di far crescere, alfine, il medio capitalismo italiano: quello che miete successi in giro per il mondo, sempre schiacciato dal capitalismo di relazione. Questo, peraltro, ci pensa da solo a sparire: si vedano le grandi imprese che sono sparite nell’oblio, quando non affondate negli scandali.

Quanto a F2i: nascono tanti fondi per infrastrutture nel mondo, perché non dovrebbe nascerne uno in Italia, che di infrastrutture moderne ha gran bisogno? Se il rischio d’impresa per esse è più basso, i fondi possono trovare soldi prospettando rendimenti inferiori a quelli usuali nel private equity. Se ciò avvicina i fondi più ai bond a lungo termine che alle azioni, che c’è di male? I fondi pensione avranno fame di questi asset. Era indispensabile che in F2i ci fosse, con la Cassa, denaro pubblico? No, ma se partecipano Intesa San Paolo, Lehman e Unicredit, perché non può farlo, in minoranza e senza patti d’antan, una banca pubblica? F2i stimolerà, non impedirà, la nascita di fondi simili.
La partecipazione di Cdp in Terna non sarà venduta a F2i, perché una legge lo impedisce, a tutela degli investitori. Ci volle infatti una legge “speciale” per consentire ai gestori di fondi immobiliari di cedere immobili ai “propri” fondi. Ne beneficiò Pirelli Re, insieme a qualche ente pubblico; non si ricordano molte proteste. C’è pericolo che F2i compri a poco prezzo cespiti senza gara, facendo concorrenza sleale, o al contrario paghi care le reti di società decotte, a favore delle banche creditrici? Quando accadrà ci ribelleremo: farlo ora è un processo alle intenzioni, senza presupposti di fatto. Se poi F2i acquistasse infrastrutture dal settore pubblico, il peso di questo nella nostra economia scenderebbe, liberando risorse per scopi più consoni.
Certo, a pensar male spesso ci si prende, e F2i potrebbe deragliare dalle intenzioni dichiarate, ma il rischio che esso avvii la riscossa del capitalismo di Stato mi pare inferiore a quello di una nuova era glaciale. Non si vede, infine, perché il denaro pubblico, che non ha fatto voto di castità, debba precludersi, anche in piccola parte, l’accesso alle sensuali delizie della leva finanziaria, così beatamente godute dagli oligopolisti privati.

ARTICOLI CORRELATI
Sotto quel fondo moderno c’è molto di antico, l’Iri
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2007

Capitalismo di stato
di Francesco Giavazzi – Il Corriere della Sera, 27 gennaio 2007

… a proposito di F2i -Fondo Italiano per le Infrastrutture
la risposta di Vito Gambarale, 27 gennaio 2007

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