→ maggio 7, 2022
Una bibliografia sul diritto all’aborto.
Of Abortion, Gender and Ukrainian war in US politics
di Francesco Sisci – Settimananews, 07 maggio 2022
Diritto all’aborto, la democrazia è l’unica cosa da portare con sé mentre il mondo cambia
di Luigi Testa – Domani, 06 maggio 2022
Poland’s Abortion Ban Protests Changed the Country Forever
di Joy Neumeyer – Foreign Policy, 08 novembre 2021
What Happens When Women Can’t Get Legal Abortions
di Neha Wadekar – Foreign Policy, 03 settembre 2021
Manila’s Abortion Ban Is Killing Women
di Nick Aspinwall – Foreign Policy, 29 maggio 2019
What Actually Happens When a Country Bans Abortion
di Amy Mackinnon – Foreign Policy, 16 maggio 2019
On the Front Lines of El Salvador’s Underground Abortion Economy
di Nina Strochlic – Foreign Policy, 03 gennaio 2017
→ settembre 16, 2021

Signor Ambasciatore, signora Presidente, autorità, cari amici,
“Sed libera nos a malo”: stanno nello stesso versetto della preghiera di tutta la cristianità le radici delle parole “libertà” e “male”. Male il malgoverno, male i barbari alle porte, male le pandemie: i popoli chiedono ai loro governanti che li liberino da questi mali; ma chiedono anche quanta libertà ci fanno sacrificare. Un tema che ha suscitato riflessioni profonde, ma che ha anche infiammato speculazioni insensate.
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→ giugno 22, 2021

A far ripartire le aziende dopo la pandemia non basta il credito bancario: perché riprendano a investire è necessario che venga ricostituito il capitale bruciato. Per le grandi aziende, è perlopiù possibile fare il necessario aumento di capitale senza che vengano rovesciati gli assetti proprietari. Invece per le PMI sorgono problemi, rilevanti per le maggiori, le cosiddette multinazionali tascabili. I loro problemi sono problemi per il Paese: perché è grazie a loro che il Paese è riuscito a stare a galla durante la ricadute europee della bolla dei subprime, e poi a crescere sui mercati esteri. I loro proprietari o ne sono anche i gestori o ne controllano, anche gelosamente, gestione e strategie: un aumento di capitale rischia di turbare equilibri delicatissimi. Per questi motivi l’Europa raccomanda che questi avvengano con strumenti di “quasi-equity”. Pio desiderio, perché chi mette soldi in un’azienda deve a sua volta rispondere a chi glieli ha affidati, e quindi deve avere qualche potere di controllo su gestione e strategie. C’è dunque un ampio “non detto” tra vecchi e nuovi azionisti, il loro rapporto si basa largamente su fiducia, immagine, storia passata e progetti futuri.
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→ maggio 25, 2021

Il tweet del giorno
Ai nipoti che dovranno pagare l’imposta di successione sui beni che gli lascerà il nonno, i 10.000€ glieli diamo o li tratteniamo come acconto?
@pdnetwork #Agorà #Prossima
→ settembre 8, 2020

Intervista di Andrea Montanari a Franco Debenedetti
Per l’ex senatore e saggista l’ingresso dello Stato, tramite Cdp, in Autostrade, rete unica e forse Borsa non è positivo
Le reti e le infrastrutture di connessione, telefoniche o via web, sono considerate l’asse potante dell’economia di un Paese. Ma in Italia assistiamo a un’accelerazione di interventismo statale, ovviamente sempre a mezzo Cassa Depositi e Prestiti. Per la rete unica per la banda ultra larga è stata costituita una società tra Cdp e Tim i cui confluiranno la rete di Tim e Fastweb da un lato e quella di OpenFiber dall’altro. Un processo che richiederà molti mesi per diventare operativo. L’altro fronte è quello di Autostrade per l’Italia, da cui dovranno uscire i Benetton. E perfino Cornegliani, una media azienda di abbigliamento di lusso per uomo. Si parla di Cdp anche per la Borsa Italiana (vedere articolo a pagina 3) oggi di proprietà del London Stock Exchange che per motivi antitrust dovrà venderla. Sarebbe un paradosso se il luogo simbolo del mercato fosse nelle mani dell’ente simbolo della sua negazione. Dovremmo attrarre più aziende a quotarsi, a fare lo sforzo di affrontare il giudizio del mercato, e di farne fonte di f8nanziamento: ma se anche la Borsa diventa di Stato, il messaggio che si manda ad aziende e a investitori è che l’Italia è una economia socialista.
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→ agosto 21, 2020

Intervista di Gianluca Zapponini a Franco Debenedetti
Impossibile per l’ex Telecom rinunciare ad un asset che è insieme core business e garanzia del debito. Se l’esecutivo vuole la società unica faccia entrare Open Fiber in Fibercop ma accettando che la maggioranza resti a Tim, altrimenti lasci competere le due aziende in regime di libero mercato. Qualunque altra strada sarebbe un pessimo segnale all’estero
Che la questione della rete unica fosse complicata era chiaro da tempo. E che le vedute sull’operazione industriale che dovrebbe portare il Paese a dotarsi di una unica realtà infrastrutturale per la banda larga fossero profondamente diverse e varie, anche. Ma oggi lo si è capito una volta di più. Il cammino verso la rete unica è tutto in salita e non tanto perché non si voglia raggiungere il traguardo, sia Tim sia Open Fiber, la fiber company di Stato, sono concordi nella necessità di una società per la rete. Il vero ostacolo è la governance, il comando della futura società. E su questo terreno le differenze tra l’ex monopolista, oggi società privata e buona parte del governo, si confermano abissali.
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