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→  febbraio 19, 2005


di Luca Savarino

Dopo l’11 Settembre, il problema centrale della politica globale non sarà quello di diminuire la statualità, ma di costruirla». L’ultimo lavoro di Francis Fukuyama, Esportare la democrazia. State Building e ordine mondiale nel XXI secolo (Lindau, pp. 171, €18), affronta un tema di evidente attualità politica: la «creazione di nuove istituzioni di governo o il rafforzamento di quelle esistenti».

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→  febbraio 15, 2005


di Francis Fukuyama

Dopo aver clamorosamente predetto la fine della storia e l’egemonia della liberaldemocrazia, Francis Fukuyama analizza in questo suo nuovo libro un tema decisivo: la costruzione dei nuovi stati-nazione. La fine della storia, sostiene Fukuyama, non è un destino automatico e una politica di buon governo sarà sempre necessaria. Gli stati deboli e quelli falliti sono la causa di alcuni dei problemi più seri che minacciano il mondo. Fukuyama spiega in particolare come si possono trasferire a questi stati delle istituzioni pubbliche forti e funzionanti, le sole in grado di assicurare a essi e al mondo intero un futuro stabile e pacifico, e impartisce alcune lezioni tanto semplici quanto spesso disattese su come gli Stati Uniti e l’Europa possono gestire al meglio i casi più scottanti di state-building: l’Afghanistan e l’Iraq.

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→  novembre 11, 2004


di Luca Savarino

Non si può sconfiggere il terrorismo con le argomentazioni di una «guerra santa»

La guerra di Osama Bin Laden all’Occidente è una guerra fisica e metafisica, reale e simbolica: una guerra all’America e all’idea dell’America e dell’Occidente che essa rappresenta. Agli occhi dei terroristi, l’11 Settembre assumeva il carattere di una palingenesi, di un evento di purificazione e rinascita: l’attacco alle Torri Gemelle intendeva far rivivere un mito antico, il mito della distruzione della città del peccato, la Nuova Babilonia, simbolo del vizio e del materialismo americani, del dominio imperiale e capitalistico.

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→  novembre 11, 2004


di Buruma Ian, Margalit Avishai

Venticinque anni fa “Orientalismo” di Edward Said svelava come il concetto di “Oriente” fosse il prodotto dello sguardo colonialista dell’Occidente. Cosa succede quando “gli altri” ci osservano e vedono in noi solo i rappresentanti di un pensiero idiota, votato al culto del denaro e del successo? Attraverso una “spedizione archeologica” nella cultura occidentale, gli autori dimostrano come l’Occidente senz’anima e capace solo di pensiero-calcolo è un’immagine nata e alimentata in Occidente. E ora si rovescia nella versione “occidentalista” dei fondamentalisti islamici che ritraggono un’intera società come una massa di decadenti avidi, premessa intellettuale alla loro distruzione.

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→  ottobre 13, 2004


di Luca Savarino

La crisi che attraversa l’Occidente affonda le proprie radici in un dissidio filosofico in grado di scuotere le basi della civiltà liberale. «Che tipo di ordine mondiale vogliamo?”: è questo il punto di partenza dell’ultimo saggio di Robert Kagan, lo scrittore neocon autore di Il diritto di fare la guerra. Il potere americano e la crisi di legittimità (Mondadori), da pochi giorni in libreria. L’America non può ignorare la crisi di legittimità internazionale di cui soffre: a separare l’Europa dagli Stati Uniti non è soltanto una diversa valutazione sull’opportunità della guerra in Iraq, ma la contrapposizione tra due visioni del mondo.

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→  ottobre 11, 2004


di Robert Kagan

Robert Kagan torna ad analizzare il rapporto Usa-Europa nel quadro di uno scenario internazionale sconvolto dai preparativi, dallo svolgimento e dalle conseguenze della guerra in Iraq. L’intervento militare americano ha infatti prodotto in Occidente una profonda spaccatura, che minaccia di indebolire tanto l’Europa quanto gli Stati Uniti, afflitti sul piano internazionale, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, da una crisi di legittimità. La maggior parte degli europei ritiene oggi che l’amministrazione Bush abbia esagerato la gravità dei pericoli costituiti dalla proliferazione di armi di distruzione di massa e dal terrorismo, e contesta non solo la dottrina della “guerra preventiva”, ma anche l’”unilateralismo” americano.

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