Cari signori Google imparate da Bill Gates a fare beneficenza

gennaio 4, 2011


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair


da Peccati Capitali

Sarà questione di gusto, saranno reminiscenze del manzoniano “tacer pudico”, ma trovo qualcosa di stonato nei messaggi in cui mi si informa che, come augurio per le festività, una somma è stata devoluta a fini benefici. Quando poi è Google a cogliere l’occasione per farci sapere che i suoi “utenti” , come dire noi, nel 2011 aiuteranno 50 milioni di persone, allora si drizzano le orecchie. E sentendo che un’azienda con centinaia di milioni di clienti aiuterà a far nascere 2400 bambini africani non affetti da HIV, e che l’impresa leader mondiale del web fornirà strumenti online a scuole o a organizzazioni umanitarie, si resta perplessi su entità dell’impresa e originalità dell’iniziativa.

Google deve il successo alla sua capacità di fornire un insieme di servizi che ci rendono a tutti la vita più semplice. Ma invece di applicare i principi di mercato che la guidano e le tecniche di management in cui eccelle per trarre il massimo risultato dalle sue iniziative filantropiche – come invece fa ad esempio la Bill e Melissa Gates Foundation – i suoi 20 milioni di $ Google li affida a ONG ed enti (tipo Unicef, tanto per capirsi) sulla cui governance, efficienza e scelte neppure volendo riuscirebbe a esercitare influenza. Soprattutto, quei soldi sono non la scelta filantropica di azionisti che essa ha reso ricchi, ma una voce di costo nel suo bilancio aziendale: evidentemente Google crede che a legittimare i suoi ingenti utili non basti la soddisfazione dei clienti, ma sia necessario stornarne una parte alle dame di carità. Un peccato capitale, non un bel messaggio con cui fare gli auguri.

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