Berlino ora sogna il Muro contro l’euro

maggio 21, 2010


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di Roberto Perrotti

Negli ultimi giorni sono stati introdotti in Europa tre provvedimenti riguardanti i mercati finanziari: la proposta di regolamentazione degli hedge fund e le due misure unilaterali del governo tedesco su naked short selling e Cds sul debito pubblico.

È importante comprendere che il motivo di queste misure è in gran parte politico: Angela Merkel aveva bisogno di un segnale verso opposizione e opinione pubblica per far approvare il pacchetto di aiuti alla Grecia. Ha scelto un modo tutto sommato abbastanza indolore (il bando di naked short selling riguarda le azioni di dieci banche che in ogni caso non erano oggetto dei ribassisti, e la misura sui Cds riguarda strumenti trattati in gran parte fuori dalla Germania) ma di grande impatto mediatico.

Solo pochi estremisti rifiuterebbero l’idea che sia necessario ripensare la regolamentazione dei mercati finanziari, e su questo si sta svolgendo un dibattito acceso e salutare. Ma i provvedimenti di questi giorni non sono frutto di questo dibattito, né sono parte di riforme “strutturali”. Sono invece dovuti alla volontà, o necessità, di cavalcare l’onda populista.

Ciò è spesso inevitabile, ma il problema di fondo è che la crisi finanziaria ha esasperato nei media e nel pubblico dell’Europa centrale e meridionale una certa visione del sistema finanziario. Assecondare questa visione genera risposte sbagliate a problemi reali. Vediamo il perché.

Il divieto di naked short selling fu introdotto dopo il crack di Lehman dalla Sec statunitense, seguita da decine di altri paesi; a Hong Kong il divieto è in vigore da più di dieci anni. Diversi studi hanno mostrato che questa misura non ha avuto alcun effetto nel sostenere i titoli, ma ne riduce la liquidità e la capacità di riflettere le news del mercato. Lo stesso presidente della Sec, Christopher Cox, si dichiarò pentito di averla introdotta.

Qualunque cosa si pensi dei Cds, non hanno avuto un ruolo nella crisi greca, come riconobbe due mesi fa la stessa Bafin, l’agenzia di supervisione tedesca che ha introdotto il divieto di acquistare l’assicurazione senza il titolo sottostante.

Il valore netto dei Cds sul debito greco è il 2% del debito esistente, e non si è mosso negli ultimi dodici mesi.

L’accanimento contro gli hedge fund (a parte una diffusa incomprensione del loro ruolo, anche tra i politici) si spiega anche con il ruolo delle banche, da sempre molto più vicine al potere politico e, paradossalmente, molto più responsabili della bolla e del suo scoppio. Ed è altrettanto paradossale che gli hedge fund siano probabilmente oggi addirittura tra i pochi compratori di titoli greci, per completare i trades che avevano iniziato un anno fa comprando Cds.

L’humus che nutre l’ondata di risentimento contro i mercati finanziari ha due componenti fondamentali: le teorie cospiratorie e una componente morale. È importante non assecondare le prime, ed essere chiari sulla seconda.

Una società di ricerca ha calcolato che tre semplici indicatori come il disavanzo di bilancio, il debito pubblico e la dimensione del mercato del debito (un indicatore di liquidità) spiegano il 95% dello spread con il bund tedesco. Dunque non c’è bisogno di alcuna cospirazione per spiegare l’andamento dei tassi e dei mercati, bastano tre dati disponibili a tutti.

Questo non ha però impedito il proliferare di teorie cospiratorie. Due esempi fra i tanti. Per molti lettori di due miei articoli precedenti (30 aprile e 8 maggio), le agenzie di rating hanno avuto un ruolo attivo nel creare i problemi degli stati dell’Europa meridionale; addirittura avrebbero tratto profitto da contenuto e timing dei loro annunci. Ma al contrario di strumenti esoterici come i Cdo, l’informazione rilevante sui bilanci dei governi europei è pubblica e, come abbiamo visto, facilmente analizzabile da chiunque, senza bisogno di Moody’s o S&P. Per altri lettori le grandi banche d’investimento manipolano il mercato dei Cds per mettere in difficoltà gli stati europei. Ma il mercato dei Cds sui titoli pubblici è piccolissimo, e non ha registrato alcun movimento netto nell’ultimo anno.

La seconda dimensione che alimenta il sentimento anti-finanziario è quella morale. È perfettamente legittimo indignarsi per i compensi di Wall Street, così come per la tassazione privilegiata dei guadagni dei gestori di hedge fund. Molti però vanno ben più in là, ed esprimono una generica ripugnanza per gli intermediari finanziari, per cui qualsiasi provvedimento punitivo nei loro confronti diventa socialmente meritorio.

Per definizione, gli intermediari finanziari operano prendendo a prestito denaro, cioè creando una leva finanziaria; da qui le accuse frequenti di «giocare con i soldi altrui, senza averli guadagnati», e di «creare un’economia di carta». Eppure, è proprio la leva finanziaria che ha fatto salire (anche troppo) il mercato nel 2002-2007; tutti, dai piccoli riparmiatori ai consiglieri di banca, ne hanno beneficiato, in tanti modi. Ma chi ha protestato? E chi, una volta avvedutosi di cosa era successo, ha restituito i guadagni così immoralmente ottenuti?

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di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 21 maggio 2010

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