Abbiamo vinto, asteniamoci sulla Cirami

ottobre 23, 2002


Pubblicato In: Giornali, Il Riformista

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Giustizia. Governo ridicolizzato e legge migliorata

Il Governo avrà pure la sua legge, ma il prezzo politico che paga è disastroso: questo il giudizio che si può dare sulla vicenda della legge Cirami, alla vigilia della sua approvazione da parte del Senato. Disastroso per l’immagine pubblica del Governo, per la compattezza della sua maggioranza, per gli stessi fini che la legge si proponeva.

L’opinione pubblica ha preso coscienza che questa è una norma finalizzata a risolvere un problema giudiziario del premier e di un suo avvocato: non l’ha detto solo l’opposizione, ma la maggioranza stessa, perfino avvocati del collegio di difesa. E’ risultato evidente il filo che lega la legge sul falso in bilancio, quella sulle rogatorie, il rifiuto opposto al mandato di cattura europeo: tutti provvedimenti in cui elementi di merito in sé condivisibili sono stati sovrastati dalla ratio che li accomuna, allontanare dal capo del presidente del Consiglio nubi che lo preoccupano. Diverse sono le nubi che si sono nel frattempo addensate sul capo degli italiani, ed essi cominciano a dubitare che questo governo sia capace di ripararli, e si chiedono a quali nubi il governo abbia dato priorità in questo anno e mezzo.

Le fratture verificatesi nella maggioranza durante la votazione della legge Cirami alla Camera sono le più gravi dall’inizio della legislatura. Si sono aperte ferite profonde. Divisioni meno pittoresche di quelle che attraversano il centrosinistra, ma politicamente molto più insidiose. E non è un caso che si siano verificate proprio durante l’approvazione di questa legge: perché l’origine di queste fratture sta negli avvenimenti e nei sentimenti – Tangentopoli, le sue conseguenze e il giudizi da darne – da cui è nata Forza Italia, rimanda alle sofferte trasmigrazioni, alle umiliazioni subite, agli orgogli feriti. Anche queste sono nubi sul capo del premier, per allontanarle non ci sono leggi che tengano. Si tratta di fratture che, una volta manifestate si riproducono e amplificano su altri argomenti: oggi la Finanziaria, domani chissà.

Anche l’ombra nei rapporti con il Quirinale, è da mettere a carico della Cirami. I dubbi sui profili di costituzionalità che preoccupavano Ciampi, hanno indotto il governo ad apportare modifiche sostanziali: si introduce il filtro della Cassazione; la prescrizione cessa di operare finché il processo non riprende esattamente al punto in cui era stato interrotto; gli atti fino a quel momento compiuti dalla corte restano validi. Alle numerose bocciature, che hanno costretto il premier a salire più volte le scale del Quirinale, si è aggiunta poi in extremis, l’incredibile vicenda dell’errore finale. Incapaci di fare perfino le cose che gli convengono: è un giudizio di quelli che non si recuperano facilmente.

Per tutte queste ragioni la Cirami è una partita che si chiude inequivocabilmente in vantaggio per l’opposizione. Il centro sinistra dovrebbe vantarsi di questo come di un successo, non piangerlo come una sconfitta. La tenace opera di opposizione ha indotto due cortocircuiti, nel rapporto tra il premier e l’opinione pubblica e nel rapporto con la sua maggioranza. Sul piano istituzionale l’opposizione ha non solo il dovere, ma altresì il massimo interesse a sottolineare e ad apprezzare la delicata opera del Capo dello Stato volta ad evitare un possibile conflitto con la Corte Costituzionale.
Se, di fronte a una maggioranza preponderante, si è ottenuto tutto questo, perché non avere il coraggio di definirlo per quello che è, cioè un successo?. E se è un successo perché non rivendicarlo? E se lo si rivendica, perché non renderlo evidente, nel comportamento di voto finale? Il centrosinistra deve astenersi, ancor più dato il regolamento del Senato, dove il voto di astensione viene conteggiato, ai fini dell’approvazione della legge, come un voto contrario.

Anatema, grideranno certo i “movimenti”, i girotondari e i micromeghisti. e si stracceranno indignati le vesti. Sarebbe una follia, diranno, rivendicare come successo anche i più efficaci miglioramenti di una legge che sarà comunque certamente impugnata per eradicare “processi scomodi” dall’aula del tribunale di Milano. Non intendo sottrarmi a questa obbiezione, che, al contrario, considero centrale. Per chi, come me, porta rispetto alla magistratura, a tutta la magistratura, la garanzia che abbiamo introdotto del filtro della cassazione e della validità degli atti, fa giustizia di due luoghi comuni contrapposti, che considero entrambi negativi.
Ovviamente quello di chi contesta i magistrati milanesi come fossero una setta di invasati giustizieri d’Italia. Ma, con altrettanta franchezza, anche la tesi di chi pensa che sentenze giuste altrove non vi possano essere. Agli italiani, abbiamo reso chiaro non solo di quanti sforzi, ma soprattutto di quanta improntitudine, sia stato capace il governo per evitare Milano. Ma scaricata la pistola e introdotto nel suo caricatore non proiettili contro il tribunale milanesi, ma l’acqua benedetta del riparo al giudizio della Suprema Corte, il riformista dice: asteniamoci sulla legge, prendiamoci il successo che è stato nostro, parliamo agli italiani la lingua di un equilibrio di cui indagati patrocinatori di questa vicenda non sono stati capaci.

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