“Retinite” malattia italiana ma c’è troppa confusione

aprile 6, 2007


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore

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Lo Stato non si fida di se stesso e delle proprie leggi e vuole possedere ciò che non sa governare

Una malattia si sta diffondendo in Italia: la retinite. Contagiosa, si propaga attraverso i programmi televisivi, ha dei portatori sani nei titolisti dei giornali. La retinite elettrica è congenita, quella gassosa tende a cronicizzare. Ora sta dilagando una forma particolarmente pericolosa, la retinite telefonica. Come vuole la moderna terapeutica, il paziente deve collaborare, deve informarsi in che cosa consista la malattia.

Che cosa si intende per “rete fissa”? In senso lato è quella che inizia dalla borchia telefonica e consente di collegare un telefono o un computer con qualunque altro utente, fisso o mobile, in uscita o in entrata. Il segnale viaggia sul doppino telefonico dalla borchia fino alla prima centralina, viene avviato sulle reti di trasmissione, e poi lungo un percorso analogo fino all’utente chiamato. Un software autorizza, controlla e gestisce il tutto: divide il messaggio in piccoli “pacchetti”, li inoltra sulla rete lungo i percorsi che trova liberi, e li ricompone all’arrivo, registrando i dati per la fatturazione. “Rete” è il sistema informatico che svolge queste operazioni, fatto da programmi software, da computer e – anche- da supporti fisici, rame, fibra, ponti radio, satelliti. Tolti i servizi di TIM, partecipazioni, le attività di promozione, fatturazione e quant’altro, la rete fissa e mobile e la piattaforma logica per gestire i servizi e distribuire i contenuti coincidono con Telecom Italia.

Esiste una accezione ristretta di “rete d’accesso”: l’insieme di tutti i “doppini” che vanno dalla borchia del telefono alla prima centralina. Di capacità di trasporto a lunga distanza c’è abbondanza, i doppini sono un monopolio naturale: la stragrande maggioranza delle utenze è collegata solo dal doppino Telecom. Di lì passeranno, oltre a telefonate e fax, Internet ad alta velocità, servizi sempre più ricchi :TV, film, sport Molti sono interessati a distribuire su rete telefonica questi “contenuti” pregiati, Nonostante il regolatore abbia obbligato l’operatore dominante ad aprire l’ultimo miglio ai concorrenti, questi avendo il controllo degli impianti e della loro evoluzione tecnologica può condizionarli e limitare i vantaggi per i consumatori.

La retinite inizia con un sintomo subdolo: “bisogna separare la rete” Subdolo perché non dice: primo, che cosa si vuole separare; secondo che cosa si intende per separare. Se cosa si vuol separare è la rete in senso lato, significa sostanzialmente separare Telecom dai servizi fissi di Alice e mobili di TIM e dalle società partecipate: lo spezzatino che faceva inorridire. Se si vuol separare la rete in senso ristretto, per evitare confusioni si dovrebbe precisare che si parla dell’ ultimo miglio.
Se separare significa “separare societariamente”, saremmo l’unico Paese al mondo in cui all’incumbent si chiede di svilupparsi sul mercato con un modello di business basato sui soli servizi di rete e non su quelli finali ai clienti. Se si intende la rete in senso lato, dato che chiedere di separarla per metterla a disposizione di tutti i concorrenti equivarrebbe a ricreare un monopolio, tanto vale parlare di rinazionalizzare i telefoni. (Ex aequo con la Bolivia di Morales). Chi invece intende solo l’ultimo miglio, cita il caso inglese. Ma del tutto a sproposito. Il regolatore Ofcom, nel Novembre 2004, a 20 anni dalla privatizzazione, aprì una pubblica consultazione proprio sulla alternativa tra separazione societaria e organizzativa.
Dopo 14 mesi, nel Gennaio 2006 British Telecom annunciò la costituzione di Openreach, unità organizzativa al suo interno separata da “pareti cinesi”. Era la soluzione consigliata dall’OCSE già nel Novembre 2003, dopo aver fatto il bilancio tra i costi certi e irreversibili della separazione societaria e i benefici incerti che potrebbe portare. E’ l’approccio confermato nel Maggio 2006 dalla Conferenza internazionale delle autorità Antitrust. È il modello che consiglia anche la Commissione.
Ma se il presidente di AGCom sul Sole parla degli impegni vincolanti che a fine anno chiederà al monopolista di sottoscrivere, il Sole titola: “Calabrò: l’obbiettivo resta la separazione della rete”. Se Pier Carlo Padoan chiede di “mettere fine al rischio che si usi in modo improprio la rete” invece di chiedere in che cosa consista questa oracolare ovvietà, il Corriere titola: “La rete? E’ in gioco la sicurezza nazionale”, sottintendendo la naturale conseguenza. A Ballarò mercoledì sera ci è toccato risentire l’usurata metafora delle autostrade e delle automobili: e se purtroppo per colpa di Marchionne abbiamo perso l’occasione di nazionalizzare le auto, per le Autostrade possiamo ancora sperare nel compagno Di Pietro.
Questa ossessione di levare al privato e rimettere in mano al pubblico è la sindrome del bambino che grida perché ha paura del buio. Uno Stato forte e autorevole, quale vorremmo, dice chiaro e fin dal principio che cosa vuole, e usa gli strumenti legali per ottenerlo. Il nostro Stato non si fida di sé stesso e delle proprie leggi, quindi vuole possedere ciò che non sa governare. Oggi grida che la rete è strategica: ma finché si fidava di Tronchetti, non diceva che come deve essere fatta e protetta una rete strategica. Per l’ultimo miglio Calabrò ora minaccia sanzioni per norme che emanerà a dicembre: ante hoc sex menses, male dixisti mihi! Per Autostrade, deve venire Abertis perché ci si accorga che i contratti in vigore non ci piacciono più tanto. In RAI non si riesce a mettere nero su bianco in che consista il servizio pubblico: la sola garanzia per poter dire volta per volta che cosa piace e che cosa no, è che resti di proprietà pubblica.
Ma Bruxelles preme, e allora bisogna rivolgersi a soggetti sicuri: l’azione in simil oro alla Cassa, le Fondazioni, le grandi banche vicine alla politica. C’erano le grandi famiglie: ma quante delusioni!. Su Profumo e Marchionne, visti i risultati che portano, tocca star zitti. E adesso ci si mette anche Tronchetti! Neppure con tutti debiti che ha! Aldilà delle scarpe e dei vestiti, quando si parla di cose serie, ci si può fidare solo di che è legato alla politica o dagli interessi o dalla necessità.
E poi c’è qualcuno che si stupisce che da noi manchino i capitalisti.

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