Vecchi spauracchi e nuovi interventismi sulla fibra. Renzi criptostatalista

maggio 13, 2015


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


Piazzetta Cuccia si chiamava Via Filodrammatici, Antonio Fazio in Banca d’Italia amministrava il suo piano regolatore, le Fondazioni erano al massimo della loro ricchezza: era il capitalismo relazionale, e noi gli si scriveva contro. Non è certo perché in disaccordo col principio che si è rimasti più che perplessi quando Matteo Renzi, parlando a banchieri e imprenditori venuti ad ascoltarlo a Palazzo Mezzanotte, ha accusato “quel sistema che poneva la relazione come elemento chiave di un paese in cui giornali, banche, imprese, fondazioni bancarie, partiti politici hanno pensato che si potesse andare avanti tutti insieme dialogando e discutendo”. Se, come ha detto, “è morto”, perché maramaldeggiare?

Se oggi a Trieste nessuno pensa più a operazioni di sistema, se Intesa e Unicredit hanno il loro da fare a quadrare i conti con gli interessi a zero e la stagnazione secolare, e le fondazioni bancarie, quelle che restano, ad adeguarsi alle richieste del Sistema di vigilanza europeo, se Pirelli è cinese e Fca americana, è per il cda del Corriere che schierano missili e tank?

Alla stessa stregua, era parsa un po’ una guasconata il vantarsi in anticipo di riuscire là dove avevano fallito Romano Prodi e Massimo D’Alema, a varare cioè una legge sul conflitto di interessi. Perché una cosa è farla, quella legge, con un Berlusconi alle calcagna pronto a usarla e vincere alla successiva tornata elettorale accusando i “comunisti” di essere contro gli industriali, contro chi si è fatto da solo, chi costruisce imprese ecc. ecc., chi dà lavoro ecc. ecc. Altra è farlo per menar vanto di avere sbarrato la strada alla “discesa in campo” a eredi che magari non l’hanno neppure nei loro piani. L’idea di levarsi dai piedi il padrone di Mediaset con la legge sui bagnini aveva un suo fascino romantico.

Ma quali saranno mai i vantaggi di limitare il diritto all’elettorato passivo alla categoria degli imprenditori? Si era pensato che si trattasse di segnali di fumo per allentare le tensioni prodottesi nell’approvazione dell’Italicum, e per levare un po’ di vento dalle vele populiste sparse un po’ dovunque. Ma quando poi si è letto, nel suo intervento sul progetto della banda ultralarga, che intenderebbe riaffermare il ruolo statale nelle autostrade telematiche strategiche, conservare il controllo da parte dello stato del sistema infrastrutturale strategico; quando si è letto che anche per le torri televisive, dopo avere confermato che il 50 per cento di Rai Way resterà pubblico, così deludendo quanti hanno comprato il titolo scommettendo che egli avrebbe “rottamato” una clausola così arcaica, la linea di fondo è di non perdere il controllo pubblico: allora dietro il fumo è parso di cogliere la sagoma di qualcosa di più solido.

Solido è il 65 per cento della capitalizzazione di Borsa delle aziende di servizi controllate dal pubblico: capitalismo statale o municipale, ma sempre relazionale. E lo stesso si suppone di quello che si annida nelle migliaia di aziende municipali non quotate. “Dovete avere il coraggio di aprire le vostre aziende” ha detto: e lui perché non ha il “coraggio” di vendere la residua partecipazione in Enel, un’azienda che non ha nessuna ragione di essere a controllo pubblico dato che opera in un settore ormai largamente concorrenziale e con eccesso di offerta? Così non ci saranno relazioni strane se Enel vorrà entrare nel business regolato della vendita della capacità trasmissiva, e nella competizione per i sussidi statali per realizzarla. A quel punto, benvenuta Enel. Anzi, meglio tardi che mai: magari un giorno capiremo se è arrivata tardi perché era pubblica, o se si è svegliata oggi perché è pubblica. Solida (per fortuna) è la Cassa depositi e prestiti (Cdp) e le finanziarie che possiede o che controlla: sono loro al centro di importanti relazioni capitalistiche. Ad esempio, controllano Metroweb. Dicono che Renzi non abbia gradito le resistenze di Telecom Italia a entrarci in posizione subalterna: preferirebbe che ci sia la Cdp a dirigere le “relazioni” tra concorrenti? Solidi sono gli interessi. C’è quello in capo a chi, possedendo attività economiche, vuole incrementarle e proteggerle usando il potere politico; e c’è quello in capo a chi, avendo il potere politico, vuole estenderlo e rafforzarlo controllando attività economiche. Renzi chiede che l’imprenditore venda le partecipazioni sue. Noi chiediamo che il politico venda le partecipazioni dello stato.

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