→ ottobre 3, 2000

C’è lo «scandalo» delle immagini dei bambini torturati e violentati trasmesse dai telegiornali Rai; e c’è quello della reazione a catena che esso ha prodotto nell’azienda, nelle strutture che producono i servizi, e in quelle gestionali e politiche che vi sovraintendono. Due «scandali», uno cresciuto sull’altro, ma distinti tra loro, e ormai separati anche sulle pagine dei giornali. Le strade che hanno imboccato sfociano su due diversi mondi di problemi, pongono domande diverse.
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→ settembre 21, 2000

Nel corso dell’ultima settimana Giuliano Amato in più occasioni ha deluso chi lo vorrebbe rassegnato di fronte all’ipotesi di Francesco Rutelli candidato alla leadership nelle prossime elezioni. Al contempo tuttavia la sua candidatura non sembra prendere quota. A questo esito non concorre solo il disordinato dibattito sulla prossima finanziaria. C’è piuttosto un dato di fondo che riguarda i rapporti tra Giuliano Amato, i DS e il centro sinistra.
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→ agosto 12, 2000

intenzionali.
All’origine di tutta la vicenda, sembra ormai assodato, c’è la volontà di Seat di acquisire contenuti per lo sviluppo dell’azienda che nascerà dalla fusione della stessa Seat con Tin.it. La stessa esigenza aveva già indotto Telecom a perseguire un accordo con RAI. In un caso in chiave UMTS, nell’altro in chiave Internet, identica la linea strategica.
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→ agosto 9, 2000

Al Direttore.
L’accusa che una parte dei sostenitori del centrosinistra rivolgono a Berlusconi è che il suo impero televisivo è cresciuto grazie alla politica ed è utilizzato per influenzare il risultato politico. Con Telecom-Tmc entra un nuovo player che eroderà i margini di quell’impero: perché invece per Repubblica (Federico Rampini) questo sarebbe “un arcaico impasto di affari e politica”? Si avanza l’ipotesi che qui ragioni della politica vengano usate per motivi di business: legittimo, ma è un significativo ribaltamento di una tesi “storica”, quella per cui è il business televisivo a servire gli scopi della politica.
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→ luglio 26, 2000

Al Direttore.
Ho letto con dispiacere che il Foglio non condivide l’obiezione americana a Deutsche Telekom in quanto pubblica. Chi critica il veto del Senato degli Stati Uniti contro DT dovrebbe rispondere alla domanda: perché, se non all’occorrenza per perseguire scopi politici, il governo tedesco continua a mantenerne il controllo? Esercitando questo diritto sarebbe un padrone cattivo, spogliandosene sarebbe un cattivo padrone. E mantenendolo, anche come semplice possibilità, altera il gioco della concorrenza.
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→ luglio 21, 2000

Programmare riduzioni progressive di imposte in più anni sarebbe, secondo il ministro Visco («Meno tasse ma con rigore», Il Messaggero di ieri) una proposta «con valenza più propagandistica che realistica». Poiché mi riconosco tra gli «esponenti della maggioranza» favorevoli a tale proposta, vorrei spiegare le ragioni per cui respingo l’accusa. Per farlo, vorrei prescindere dalla contingenza Dpef e partire invece da un fatto più generale: la spinta a ridurre le tasse non è più solo il terreno di caccia del populismo, particolarmente battuto in periodi pre-elettorali, ma è un fenomeno generalizzato, un’onda lunga che investe tutti i paesi sviluppati. Lo è perché è conseguenza di cambiamenti strutturali nel rapporto tra cittadini e Stato.
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