Caro Giuliano, adesso ti tocca scegliere

settembre 21, 2000


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Nel corso dell’ultima settimana Giuliano Amato in più occasioni ha deluso chi lo vorrebbe rassegnato di fronte all’ipotesi di Francesco Rutelli candidato alla leadership nelle prossime elezioni. Al contempo tuttavia la sua candidatura non sembra prendere quota. A questo esito non concorre solo il disordinato dibattito sulla prossima finanziaria. C’è piuttosto un dato di fondo che riguarda i rapporti tra Giuliano Amato, i DS e il centro sinistra.

C’è un nodo che non è stato risolto neppure dal colloquio con Francesco Merlo sul Corriere della Sera e dalla lunga intervista su Craxi a Giancarlo Bosetti per Reset. Tanto è bastato ad Antonio Di Pietro a chiudere la polemica contro Amato su tangentopoli, ma non chiude la questione che ad Amato avevo sollevato tre mesi fa su Panorama.

Riferendosi ai governi PSI-DC degli anni 83-87, Amato parla di “felice ambiguità”: questa espressione, spogliata da ogni significato deteriore, esprime anche un doppio aspetto della sua personalità politica. Una personalità marcata dalla “doppia abitudine” di sapere elaborare idee e di saperle tradurre in articolati di legge; e un’attività in cui si alternano il tecnico e il politico.
Ma nei Governi D’Alema Amato entra in quanto socialista, o come tecnico costituzionalista cui si chiede un’invenzione sulla legge elettorale, per restare come l’unico che può sostituire Ciampi al Tesoro e D’Alema a palazzo Chigi? Amato replica che nulla al mondo potrà fargli rinunciare ad essere socialista, e svela che fu Craxi nel 93 a indicargli l’obbiettivo di un futuro di collaborazione con Occhetto e i suoi successori.

E’ qui che si pone il problema. Se Amato rivendica, dopo un così lungo silenzio, la propria continuità con il socialismo riformista, su Amato finisce per scaricarsi la conseguenza del nodo irrisolto tra quel socialismo e il maggiore partito della sinistra. Chi rivendica il riformismo che rapporto può e deve avere oggi con il maggior partito della sinistra, un partito in cui – a detta di suoi autorevoli rappresentanti – la battaglia per spostarlo nettamente sulle posizioni riformiste è ancora incompiuta? La continuità riformista è stata interpretata in modi diversi dalla diaspora socialista: alcuni, come Luciano Cafagna da sempre molto vicino ad Amato, hanno preso la tessera DS, altri sono nello SDI, altri nel centro destra. Amato non ha fatto nessuna di queste scelte, sta solidamente nel centro sinistra ma a titolo individuale e con la irrisolta ambiguità del “tecnico”. E’ questa sua particolarità a indebolirlo nell’attuale lotta per la premiership. Perché se la continuità con il socialismo riformista si risolve in chiave individuale, allora il destino è segnato: si può al massimo essere scelti, ma non pesare nella decisione. Verranno anche apprezzate capacità tecnica e affidabilità politica: ma non ci sarà nessuno che possa fare battaglia politica quando la scelta cadrà su un altro, come è testimoniato dalle difficoltà degli stessi liberal all’interno dei DS a battersi esplicitamente per Amato premier.
La continuità con il socialismo riformista avrebbe richiesto una scelta che Amato finora non ha voluto fare. Lasciare invece che ognuno faccia i propri conti con il proprio passato, non rende compiuta la definitiva occidentalizzazione della sinistra. E questo è un problema che non riguarda solo Giuliano Amato ma tutti i riformisti , anche quelli che, come me, non hanno mai fatto parte né dei socialisti né dei comunisti.

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