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→  aprile 17, 2014


Nelle aziende private, l’allineamento dell’interesse della proprietà con quello dell’azienda è un fatto naturale e diretto, in quelle pubbliche complesso e indiretto

“Come sono le nomine di Renzi?”, mi arriva sfasata di sei ore la mail di un amico temporaneamente negli Usa. Mi accorgo che non so rispondergli: “Come sono” rispetto a che cosa, “come sono” rispetto a chi?

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→  aprile 10, 2014


Ce la farà Renzi? Se lo chiedono i renziani, che temono possa perdere la sua diversità; se lo chiedono gli antirenziani nicodemici, che diffidano della sua omogeneità (con Berlusconi ovviamente). Al governo di solito si arriva con un programma da realizzare. Renzi ci arriva come prosecuzione di un percorso che ha unito tre punti: cambio generazionale nel partito; fine del pregiudizio antiberlusconiano; accordo sulla legge elettorale. Ha dovuto allungare il percorso, riforma del Senato e del titolo V, e chiedere più tempo. Il suo futuro continua a dipendere da quelle riforme.

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→  marzo 18, 2014


di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

Se Matteo Renzi fosse un ciclista giudicheremmo il suo inizio in questo modo. È partito, si impegna, pedala con entusiasmo, ma per ora è in pianura. Le salite devono ancora arrivare. Non è chiaro che cosa riuscirà a fare, perché con le montagne il ciclista Renzi non si è ancora cimentato. E in questa corsa ci saranno tante salite e avversari difficili.

La prima è la riforma del mercato del lavoro. Renzi ha proposto varie semplificazioni dei contratti a tempo determinato e dell’apprendistato: bene, ma era relativamente facile. La salita arriverà quando si dovrà decidere se abolire l’articolo 18 per i nuovi assunti. Ovvero, se si vorrà adottare il modello proposto da Pietro Ichino: un contratto uguale per tutti, senza differenziazione fra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, e che consenta alle aziende di licenziare con costi crescenti, ad esempio facendo pagare loro una quota del sussidio di disoccupazione tanto più elevata quanto maggiore era l’anzianità del lavoratore licenziato. Come osservava Maurizio Ferrera (Corriere , 14 marzo), il sussidio dovrà essere esteso a tutti, sostituire la cassa integrazione e prevedere regole chiare che costringano i disoccupati a cercare ed accettare nuovi lavori. Con più del 40 per cento di disoccupazione giovanile, e imprese che non assumono perché attanagliate dall’incertezza, questa maggior flessibilità non può che far bene all’occupazione. Limitarsi a spostare l’applicazione dell’articolo 18 al terzo anno successivo all’assunzione significa solo rinviare il problema, come notava Franco Debenedetti (Corriere , 15 marzo).

La Cgil si opporrà a una vera riforma del mercato del lavoro, che pure consentirebbe a tanti giovani di uscire dall’incubo dei contratti a tempo determinato. Evidentemente i giovani interessano poco alla Cgil, i cui iscritti sono per circa una metà pensionati. Ma riuscirà Renzi a superare in questa salita la Cgil, o rimarrà indietro?

Seconda salita: come finanziare la riduzione delle imposte sul lavoro e sui redditi più bassi e il sussidio di disoccupazione universale. Riuscirà Renzi a imporre tagli di spesa adeguati? Per ora non è chiaro. Il suo silenzio può voler dire due cose. Che ha ben chiaro che fare, ma non lo vuole rivelare troppo presto per non dare un vantaggio a chi si opporrebbe a qualunque taglio, in primis gli alti funzionari pubblici e i membri del suo stesso partito. Lo farà, ma senza dirlo prima, e quindi senza compromessi. L’altra ipotesi e che non sappia da che parte cominciare. Insomma, o il ciclista Renzi ha una strategia per la salita della montagna «spesa pubblica», ma strategicamente la tiene nascosta ai suoi avversari, oppure sta arrancando ed è già senza fiato.

Terza salita: la tassazione delle rendite finanziarie. Renzi ha preso una scorciatoia: l’aumento dell’imposta su alcuni titoli, continuando a privilegiare i debiti dello Stato rispetto a quelli di famiglie e imprese. Ma le scorciatoie sono spesso poco lungimiranti. Come suggerivamo in un editoriale del 21 febbraio, la delega fiscale che il Parlamento ha appena approvato offre un’occasione unica per rivedere in modo complessivo il nostro sistema impositivo. Prendendo spunto dai migliori esempi esteri come Gran Bretagna e Stati Uniti. Tassare il reddito da lavoro in modo progressivo e quello da capitale in modo proporzionale (indipendentemente dall’aliquota) è ingiusto. Le montagne si scalano con metodo e determinazione. Scorciatoie e accelerate improvvise mettono solo a rischio il risultato finale.

→  febbraio 22, 2014


Il fascino segreto della patrimoniale continua a sorprendere. Un avversario politico, che dico?, una vera bestia nera della sinistra, dà un’intervista in cui dopo averne attaccato l’arma prediletta, l’Omt, il “bazooka” capace di sgonfiare gli spread al solo mostrarsi, senza bisogno di sparare un colpo, ammonisce i paesi indebitati a non credere di poter chiedere soldi all’Europa senza prima avere chiesto ai propri cittadini di metterci del loro. Tanto è bastato per arruolare anche lui nella pattuglia dei “patrimonialisti”, cioè dei fautori dell’imposta patrimoniale.

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→  febbraio 15, 2014


Intervista di Antonio Vastarelli.

L’ex senatore del Pd: il potere di nomina e lo spoil system per innovare subito l’apparato.

«Reni è come un ciclista: deve pedalare per non cadere. Per questo deve espugnare i fortini del potere che ostacolano la sua corsa e bloccano il Paese: la dirigenza pubblica e il sindacato». L’ex senatore dei Ds Franco Debenedetti valuta positivamente l’irrompere del sindaco di Firenze sulla scena nazionale ma sospende il giudizio su un suo possibile governo: «Aspetto di vedere dice chi metterà nei ministeri principali e anchese avrà il coraggio di abolire l’articolo 18».

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→  febbraio 13, 2014


La ragione per cui tanti amano pensare che sia il naso di Cleopatra a decidere dei fatti della storia, è in fondo la stessa ragione per cui ci sono più persone che giocano d’azzardo inseguendo i “ritardi” dell’uscita di un numero al lotto o alla roulette, di quante giochino a scacchi studiando aperture e mosse di chiusura. E’ più confortante pensare che a decidere del nostro destino sia un caso al quale basterebbe poco per sottrarsi, piuttosto che il determinismo implacabile di forze e di mosse, difficile da capire e impossibile da modificare.

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