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→  gennaio 15, 2022


Al Direttore.

Se al Quirinale non ci va Draghi, perché i partiti non vogliono, e non resta Mattarella, perché non vuole lui, ci andrà qualcuno con cui non si ristabilirà l’intesa tra i due, che è stata alla base di questo Governo. La situazione in cui vive il Paese – Covid, inflazione, necessità di fornire sostegno a famiglie e settori in difficoltà – impone decisioni che i partiti troveranno impopolari. Premessa maggiore: i partiti vogliono Draghi a palazzo Chigi per sfruttarne il prestigio, mentre nella sostanza lo arrostiscono a fuoco lento. Premessa minore: Draghi è troppo accorto, saprà evitare che qualcuno faccia finire male il suo curriculum stellare. Conclusione del sillogismo: il solo modo per non perdere Draghi è mandarlo al Quirinale.

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→  gennaio 5, 2022


Il Cav. può essere il vero protagonista nella corsa al Colle. Non come futuro presidente ma in qualità di kingmaker

Cosa ne penso di Berlusconi al Quirinale? Non essendo praticabile, per indisponibilità dell’interessato, quello che per il Financial Times sarebbe il first best, Sergio Mattarella presidente fino alla fine della legislatura, ma essendo disponibile il second best, Mario Draghi al Quirinale per sette anni, la risposta è che sarebbe una scelta sbagliata. Una, non la scelta: sarebbe sbagliato qualunque altro nome venisse fatto. A domanda maligna, risposta limpida: di per sé, in astratto, non ritengo che Berlusconi non possa essere presidente della Repubblica, anzi riconosco le ragioni per cui potrebbe esserlo. Se, sempre in astratto, lo diventasse, non restituirei il passaporto al Viminale: e crepi la malizia!

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→  dicembre 25, 2021


Risposta a Velardi: ben vengano le critiche al premier, ma c’è il rischio di non cogliere il senso delle sue parole

Passi falsi sarebbero, secondo Claudio Velardi che ne ha scritto su Huffington Post di giovedì, quelli che Mario Draghi avrebbe fatto nella sua conferenza stampa. Ma strappargli “parole sulla lontana partita del Quirinale” era quello che avrebbero voluto fare tutti i 50 giornalisti che hanno gli hanno posto domande. E poi: quale altro argomento occupa tanto spazio tutti i giorni su tutti i giornali? Rifiutarsi sì che sarebbe stata da parte sua o “una hybris strabordante” o una “sconfortante ingenuità”, per usare le parole di Velardi: Draghi si è limitato invece a ridurre a quattro o cinque le domande sul tema. Good enough.

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→  dicembre 21, 2021


Al direttore.

Davvero un “pazzo girotondo” quello tra ministri e governatori, a cui avete chiesto un libro letto da consigliare. Di 25, non uno che abbia indicato il libro dell’anno, “Crossroads” di Jonathan Franzen. E allora: tutti giù per terra! Un caro saluto.

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→  giugno 18, 2021


Autostrade a Cdp: le aziende del primo capitalismo oggi sono tutte pubbliche. Peccato

È finita così: la maggioranza assoluta di Autostrade per l’Italia è della Cassa depositi e prestiti (Cdp). Non è stato un esproprio per pubblica utilità, è stata la vendita forzata a un soggetto indicato dal governo. Mai più i Benetton in Autostrade, aveva sentenziato Toninelli: ma l’esito era condiviso dalla quasi totalità delle forze politiche, e non osteggiato, a volte esplicitamente, da larga parte dell’opinione pubblica, imprenditoria privata compresa. Si era suggerito che a comperare fosse il Mef, ciò che avrebbe più facilmente portato a soluzione il vero problema, cioè l’inadeguatezza del concedente a controllare il concessionario; si sarebbe anche potuto frazionare la rete e introdurre concorrenza per confronto. Il premier avrà pensato, non senza ragione, che, con il Pnrr e le riforme, non era il caso di mettere altra legna al fuoco.

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→  aprile 7, 2021


di Carlo stagnaro e Franco Debenedetti

La gestione privata è il bene da preservare, distinguendo tra gestore e controllore. Nella concessione i difetti della governance. Una soluzione possibile: Aspi al Tesoro e non alla Cassa.

La nazionalizzazione di Autostrade appare ormai un passaggio obbligato. Sarà temporanea ed esplicita, o permanente e non dichiarata? La scelta che farà Mario Draghi avrà effetti di lungo termine: per gli assetti industriali del paese e per il giudizio sul suo governo. Attualmente, il pallino è in mano agli azionisti di Aspi: entro metà maggio l’assemblea dovrà esprimersi sull’offerta della Cassa depositi e prestiti. Se verrà accettata, il governo ancora una volta si troverà impiccato a scelte compiute prima del suo insediamento. Quella che noi consideriamo la via maestra – intervenire sulla governance e le regole del settore, senza interferire con gli assetti proprietari – appare difficilmente percorribile. Per un motivo politico: il Movimento 5 stelle fa del cacciare i Benetton un tema identitario. E per un motivo economico: la revoca della concessione ad Aspi impone penali proibitive. Anche se, finora, Aspi non ha impugnato decisioni ben più gravi, come la revisione retroattiva delle penali: se l’assemblea dicesse no alla Cassa, e il M5s facesse buon viso a cattivo gioco, non è detto che non si potrebbe arrivare alla revisione della concessione senza esborso di denaro dei contribuenti.

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