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Archivio per il Tag »manager«

→  gennaio 29, 2010

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Mercoledì sera, la politica ha battuto un colpo. Ha detto: io sono il centro del mondo. Di nuovo

di Alberto Mingardi

La domanda è una sola: ma come fa a venire in mente un’idea così? Dico, agganciare lo stipendio dei manager delle società quotate all’indennità parlamentare. Quasi i manager fossero magistrati, o professori universitari: insomma impiegati dello Stato il cui salario, per questioni di senso e di correttezza istituzionale, potrebbe muoversi all’unisono con quello dei rappresentanti del popolo.
Come se il rapporto d’agenzia, azionista-manager, dovesse essere regolato da altre logiche che quelle autonomamente scelte da chi si assume il rischio d’impresa.

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→  aprile 1, 2009

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da Peccati Capitali

E ora la rabbia: scatta qua e là la caccia ai manager. E’ una reazione sociale diversa da quella prevista. Era attesa la protesta del lavoro dipendente per la crisi economica, file dei disoccupati, cortei guidati dai sindacati. E ci si ritrova la rabbia populista del ceto medio, devastato nel patrimonio dalla crisi finanziaria e chiamato a pagare, con le tasse, il costo per uscirne.

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→  ottobre 29, 2007

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L’Eni di ieri e quella di oggi

“I nuovi Mattei”: era il nome che avevo dato ai nuovi manager messi a capo delle grandi aziende ancora da privatizzare, ENI, Enel, Stet. Nei giorni passati, commentando l’iniziativa di Paolo Scaroni in Kazakistan, qualcuno l’ha visto come il continuatore dell’opera del mitico fondatore dell’ENI, anche lui alla ricerca di risorse energetiche in posti geograficamente e politicamente difficili. Scaroni come nuovo Mattei?

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→  aprile 27, 2006

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Debenedetti: non si può scindere il grande industriale dall’uomo che usava i politici come taxi

Alla fine degli anni ’90, durante la prima stagione dell’Ulivo al potere, la polemica di Franco Debenedetti contro quei manager pubblici che ha battezzato «i nuovi Mattei» ha segnato un momento di snodo per l’industria pubblica italiana: a partire dalla «madre di tutte le privatizzazioni», come Romano Prodi definì l’operazione Telecom Italia, e continuando con le dismissioni parziali di Eni ed Enel, la politica ha incominciato a interrogarsi sul futuro delle residue aziende a controllo pubblico.

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→  marzo 30, 2000


“Nella vicenda Fiat Gm, ha avuto un ruolo importante la consapevolezza di appartenere a una comunità e di assolvere anche a un dovere sociale. Certamente per una public company quei valori non avrebbero contato”. Se avesse letto questa frase di Sergio Cofferati (Era ciò che aspettavamo, La Stampa del 15 Marzo) un sorriso divertito avrebbe illuminato gli occhi vivaci del mio amico Mark Roe. In quella frase Mark che insegna diritto societario alla Columbia Law School, ed il cui Manager forti, azionisti deboli (ed. Il Sole 24 Ore) é famoso anche da noi, tanto da essere più citato che letto avrebbe trovato conferma alla sua tesi dalla incompatibilità tra public company e socialdemocrazia, e delle ragioni per cui in Francia e Italia persiste il modello del capitalismo familiare.

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→  giugno 6, 1997


Che si possa rinverdire il mito dello statalismo di successo: questo il pericolo che additavo con la metafora dei nuovi Mattei, riferita ai nuovi manager delle grandi holding pubbliche. Che si tratti di un pericolo reale lo dimostrano proprio gli argomenti addotti per confutarmi.
Per Augusto Ninni e Sergio Vacca’ (I nuovi Mattei e il Governo spettatore, Corriere della Sera del 30 Maggio) “si deve evitare di attribuire alla privatizzazione sicuri, immediati effetti positivi su efficienza e competitività; ” un sensibile miglioramento nell’efficienza non è conseguenza necessaria della privatizzazione” bensì di modifiche di strategia e organizzazione che anche il nuovo management può realizzare.

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