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→  gennaio 24, 2002


Lettera aperta su “L’Unità” del 24 gennaio

Caro Direttore,

sovente dal suo giornale partono attacchi a chi, nella sinistra, non condivide la linea politica dell’attuale direzione dell’Unità. Quello contenuto nel fondo di domenica (” Il dogma della infallibilità di Berlusconi”), autorevole per firma ed esemplare per metodo, merita qualche considerazione.
Partito dalle critiche a Berlusconi e al suo governo, dopo mezza colonna, il suo editoriale “estende” l’attacco “anche a deputati e senatori dell’opposizione”: sarebbero soggetti a “un’egemonia che si espande a sinistra”; anziché opporsi alla destra, inviterebbero la sinistra a “fare come loro” e quindi, a forza di imitazione, diventerebbero “come loro”. “Inavvertitamente”, ha la bontà di aggiungere. Non più traditori, dunque, ma utili idioti: il magazzino offre una varietà di strumenti.

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→  gennaio 2, 2002


Sono debitore di una risposta alla replica che su queste colonne mi ha riservato Gianni Vattimo. Ma prima di parlare dei due punti di dissenso che egli individua, c’è una questione da affrontare, e cioè il giudizio che si dà sulla situazione politica dopo le elezioni del maggio 2001.
“Questo non è un regime” scrivo io. L’articolo di Vattimo invece è punteggiato di espressioni e riferimenti che rivelano un’opinione opposta.

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→  dicembre 29, 2001


Risposta a Vattimo e ai buoni sentimenti

Gianni Vattimo, che mi prende a simbolo di chi va “da sinistra a destra in nome dello sviluppo” (“l’Unità” del 27 Dicembre), si decida: o le tesi che io sostengo e diffondo gli provocano “sempre più marcati dissensi”, oppure i miei sono veramente quello che gli appaiono, e cioè dei “tradimenti“. C’è una radicale differenza: i dissensi li si discute, i traditori si condannano. Nel primo caso si parla di logica e di politica. Nell’altro si istruisce un processo: in cui chi si ritiene giudice in quanto depositario della verità indaga sulle “evoluzioni”, soppesa le aggravanti per chi ha “persino” responsabilità parlamentari, chiede la damnatio di chi “(ancora?) non ha compiuto” una così “stupefacente evoluzione”, “inspiegabilmente sempre più berlusconiana”. “Francamente” sorprendente!

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→  gennaio 21, 2000


Tre anni fa i referendum non erano neppure all’orizzonte: non è quindi ai referendum che pensavo quando scrissi e presentai il progetto di legge sulla disciplina dei licenziamenti. Ed è indipendentemente dall’incombere dei referendum che vorrei, dopo tre anni, rileggerlo.
Che cosa dice in sintesi? In caso di licenziamento per motivo economico, prevede che il lavoratore possa scegliere fra il godimento immediato di un congruo indennizzo ( sei mesi di retribuzione più un mese per ogni anno di anzianità) oppure la permanenza sul posto di lavoro per un periodo corrispondente, oppure, sempre a sua scelta, per un periodo minore con monetizzazione della parte restante.

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→  febbraio 20, 1996


Quali garanzie dare in un sistema maggioritario, all’elettorato moderato da parte di una coalizione di centrosinistra caratterizzata su una proposta di governo e non di protesta? Il problema si identifica con la ragione stessa per la quale, due anni fa, decisi di raccogliere la candidatura al Senato offertami dai progressisti.
Allora, il maggioritario era alla sua prima prova, l’elettorato moderato era sotto il fortissimo impatto del crollo repentino dei tradizionali partiti di governo ai quali per tanti anni aveva garantito il consenso, lo scontro elettorale fu dominato da una violenta e reciproca delegittimazione. Tutto ciò rese la scelta, se non isolata, sicuramente minoritaria. Una parte del consenso dei moderati si indirizzò verso la residua offerta di un centro politico inteso come terzo polo elettorale – allora il Ppi e Segni; un’altra parte, sotto la suggestione propagandistica anticomunista, facilitata in ciò dal terzo polo centrista, si indirizzò verso il Polo; non abbastanza furono coloro che videro nei progressisti ga-ranzie per un governo stabile ed europeo del paese.
Le differenze rispetto a due anni fa sono numerose, e profonde le implicazioni: tanto da far sperare in un risultato di segno diverso.

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→  marzo 16, 1995


Alla fine del secolo scorso, Camillo Olivetti si recava negli Stati Uniti insieme a Galileo Ferraris, di cui era assistente. La ricerca italiana nel campo elettrotecnico era allora all’avanguardia e proprio questo aveva spinto i due al lungo viaggio. Molte cose hanno imparato dagli Usa gli imprenditori dell’Italia che si andava industrializzando. Ma mentre alcuni della lezione americana recepivano soprattutto i metodi del taylorismo e del fordismo, che cosa impressiona di più il giovane Camillo Olivetti? Il fatto che in America la classe dirigente aveva una mentalità anticonservatrice, così diversa dall’abito curiale e notarile del ceto politico e dalla burocrazia italiana.

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