→ Iscriviti
→  aprile 7, 2020


Al direttore.

A quando la fase due? Ce lo chiediamo compulsando ansiosamente ogni sera numeri e curve. Ma rischiamo di andare incontro a una tremenda delusione: perché il buon andamento dei numeri è solo condizione necessaria per poter parlare di fase due, che però non potrà e non dovrà arrivare se non abbiamo approvati, provati, funzionanti e pronti gli strumenti sufficienti per poterla iniziare. Secondo il Nobel Paul Romer (in un webinar consultabile su bcf.princeton.edu) gli strumenti sono due. Non sono cose nuove, nuova è la (facile) formuletta per indicare la quantità di esami necessaria per ottenere che R diventi minore di uno, e così bloccare la diffusione.

leggi il resto ›

→  febbraio 20, 2020


Al direttore.
Molto accomuna i due Matteo, nell’editoriale di Antonio Polito sul Corriere della Sera di mercoledì. Davvero a distinguerli sarebbero solo le contingenze del momento politico? Renzi liberò la sinistra dall’antiberlusconismo; Salvini ha infettato l’Italia con la paura dell’immigrato. Renzi scrisse una riforma della Costituzione che perfino Scalfari e Zagrebelski alla fine approvarono; la prospettiva che Salvini possa vararne una, senza neppure dover indire il referendum, terrorizza tutti. Renzi fa eleggere uno straordinario presidente; Salvini dal Papeete chiede i pieni poteri. Renzi vorrebbe che il Pd non fosse succube del M5s; Salvini del M5s ha condiviso e sfruttato il populismo. Renzi cerca di cancellare la legge sulla prescrizione; Salvini la promosse. Renzi trasformando le maggiori banche popolari in società per azioni ha assestato un colpo al capitalismo di relazione; Salvini e i suoi inviati preferiscono gli alberghi di Mosca; Renzi fa Industria 4.0; Salvini quota 100. Renzi con il Jobs Act aumenta la flessibilità del mercato del lavoro; Salvini chiudendo gli Sprar, mette nell’illegalità i migranti, favorendo così il caporalato se non peggio. E si potrebbe continuare.

leggi il resto ›

→  ottobre 30, 2019


La storia recente di Torino l’ho vissuta con la partecipazione, appassionata, di chi nella sua industria eponima (e dintorni) ha lavorato per più di vent’anni, e con quella, ragionata, su ciò che la politica deve fare: creare le condizioni per cui chi ha un progetto lo realizzi, e chi ha un’impresa la sviluppi. La politica degli anni passati ha avuto indubbi meriti: di fronte alla botta tremenda di perdere oltre 100.000 posti di lavoro, ha avuto idee, ha saputo indicare altri orizzonti di sviluppo. Ma è stata anche autoreferenziale, invece di preparare il ricambio generazionale ha puntato a lungo su personaggi di indubbio carisma; non ha fatto leva sull’autonomia dei centri territoriali che fanno cultura, dal Regio al Museo del Cinema, sedotta ancora dalla mitologia del potere pubblico che tutto governa. Mancanze che impallidiscono di fronte a quelle della maggioranza politica che esprime l’attuale sindacatura. Avere disdegnato le Olimpiadi è stato un danno reale; avere approvato, da parte del Consiglio Comunale, la mozione No-Tav è stato un segnale deleterio a cittadini e imprenditori: anche all’ombra della Mole l’idea dominante è che la crescita è una tentazione demoniaca a cui si deve resistere, e che di quanti hanno esperienza e competenza si deve diffidare. Torino può contare su grandi vantaggi comparati: nei saperi, quelli tradizionali della manifattura e quelli nuovi delle tecnologie digitali; nelle dotazioni culturali, oltre quelle eccezionali dell’Egizio e della Venaria; nel clima e nel paesaggio; nella razionalità della sua topografia; nella cultura, in senso civico e in senso borghese. Basta non cercare di convincere tutti che il suo futuro è la decrescita felice.

leggi il resto ›

→  settembre 11, 2019


Al direttore.

“L’abbiamo scampata bella”: finito di ascoltare il pacato discorso di Conte ieri alla Camera, mi è tornata in mente l’intervista a Matteo Salvini fatta da David Parenzo e Luca Telese nell’ultima trasmissione di “Fuori Onda”, prima che ieri sera ritornasse Lilli Gruber con il suo “Otto e mezzo”. Chi ha visto Salvini lo ricorda di certo, chi non l’ha visto se la vada a rivedere: la violenza emanante dall’immagine, l’assertività impenetrabile delle frasi, le pervicacia nel non rispondere alle domande. Proprio, evitando che, andando a votare adesso, la coalizione di Salvini potesse modificare a suo piacere la costituzione-più-bella-del mondo, l’abbiamo scampata bella.

leggi il resto ›

→  agosto 14, 2019


Philip Stephens is correct: there is certainly no bigger mistake than to confuse cause and effect (“Europe must set its own digital rules”, August 9). But if Europe lags behind the US in the knowledge economy, and now in the race for artificial intelligence, that is the cause of its lacking “companies of sufficient scale to compete with the Americans”, of its struggling “to nurture a culture of innovation”, and of not producing “enough top-flight computer scientists”; in no way can it be the effect. Companies don’t grow, and people don’t choose, in a vacuum.

leggi il resto ›

→  luglio 6, 2019


«Il liberalismo è obsoleto», dice Putin: ovvio che è falso, scontato che sia condiviso dai leader sovranisti e dai loro sostenitori. E le opposizioni? Comprensibili certe critiche, controproducenti i rimedi che finiscono per coincidere con quelli sovranisti, non giustificabili le critiche radicali contro l’ultima innovazione che il liberalismo ha regalato al mondo, l’economia digitale. Se dichiara obsoleto il liberalismo chi non lo pratica, fa propaganda. Se lo dice chi nel liberalismo vive e del liberalismo gode i frutti, fa correre il rischio che obsoleto possa diventarlo.